di Pasquale Hamel
Chi potrebbe immaginare il giovane Camilleri (proprio quello del commissario Montalbano) affannato a contare bigliettoni colorati da cento, mille e diecimila lire? Eppure questo accadeva, con una certa frequenza, moltissimi anni fa, a casa di un, tanto eccentrico quanto ricco, suo lontano parente.
Il dottor … era uno stimatissimo medico empedoclino, unico maschio fra tante sorelle, single per scelta. E che, un po’ per lasciti di famiglia, un po’ per i proventi della sua professione, ma soprattutto per l’oculatezza con cui amministrava i propri averi, aveva messo insieme un patrimonio non indifferente che coltivava e proteggeva amorevolmente. E che ogni tanto faceva contare a parenti anche lontani per dimostrare la sua ricchezza materiale.
E da quel patrimonio, che a detta di molti costituiva l’unica vera passione della sua vita, veniva eccitato al punto da sentirlo come struggente mancanza quando, per qualche accidente o caso, era costretto a separarsene. Non che fosse avaro, quando c’era da spendere, seppure a malincuore spendeva, ma non era neppure generoso visto che, a memoria d’uomo, non si ricordava che avesse mai allargato più di tanto i cordoni della borsa.
Ne sapevano qualcosa le sorelle, qualcuna delle quali non navigava certamente nell’oro, che non avevano mai goduto di un seppur piccolo sostegno dal facoltoso congiunto. Il “negarsi” a quello che, diceva, essere “il sangue del suo sangue” lo giustificava affidandosi ad un vecchio adagio siciliano che, più o meno, suonava “a gaddina si spinna quannu mori”, cioè la gallina si spenna quando è morta.
E parlando di morte, poiché era molto superstizioso, tirava fuori tutti gli scongiuri possibili e immaginabili necessari a tenerla lontana. Così godeva ad osservare quella operazione contabile del Camilleri di turno dietro la quale si nascondeva un retro-pensiero: far sapere ai compaesani che il dottor … era un uomo ricco, ricco assai.
Purtroppo per lui, però, “l’uomo fa i progetti e Dio ride”, sorella morte arrivò, improvvisa, quando meno lui se l’aspettava. Aveva infatti da poco varcato la soglia dei sessant’anni, privando quel patrimonio di quel suo innamorato. La storia sarebbe finita lì, con gli avvoltoi che si buttavano a strappare pezzi di quel ben di Dio, se non ci fosse stata una coda imprevedibile.
La sorella che l’aveva accudito in quegli anni, l’aveva già rivestito con l’abito scuro e la camicia bianca per adagiarlo nel letto buono della casa e stava maneggiando un cuscino sul quale avrebbe adagiato la testa del defunto quando si rese conto che, fra i riccioli di lana, si nascondeva un corpo estraneo. Incuriosita, vi infilò con cautela la mano che raggiunse una busta rigonfia e ben sigillata.
Vi lascio immaginare quale fu la sorpresa della donna, dopo aver recuperata quella busta, quando dissigillandola con particolare cura, tirò fuori una mazzetta ben ordinata di banconote di grosso taglio.
Mancò poco che le venisse un colpo. Fu solo l’inizio. Fra lei e le sorelle, mentre il defunto giaceva in attesa d’essere sistemato, si scatenò in una vera e propria caccia al tesoro. Furono presi d’assalto materassi, cassetti, scatole e valigie e perfino le fodere dei cappotti che generosamente offrivano mazzette su mazzette che, ora, mani profane afferravano con comprensibile avidità.
Si trattava proprio di quel tesoro liquido che periodicamente il nostro faceva contare. La voce di quei ritrovamenti si diffuse presto in paese, divenendone leggenda. Tanta gente, più per curiosità che altro, venne allora a rendere omaggio al defunto e qualcuno, di fronte a tanto scempio, sicuramente si sarà chiesto cosa ne avrebbe pensato lo spirito del dottor … che ora aleggiava senza pace in quelle stanze.
Bellissimo!!!