di Gabriele Bonafede
Quando ci raccontiamo le favole sappiamo che non sono realtà, ma quella di Enesto Tomasini è una favola vera. Andato via e tornato tante volte in una Palermo che per lungo tempo non ha avuto la capacità culturale per apprezzarlo, è riapparso felice e da anfitrione, da uomo di successo e in qualche modo da Re. Ma anche da amico focoso, giocando e dialogando con il pubblico, riabbracciando la sua città con amore e dedizione.
Per farlo, si è portato dietro uno dei più grandi pianisti della scena londinese: Konstantin Lapshin sommerso di applausi nel suo assolo catartico.
Ernesto racconta la sua personalissima storia divertendosi e divertendo, tornando bambino e ragazzo, e poi giovane cabarettista per un pubblico aperto, in un Teatro Biondo che ne ricambia l’abbraccio. Tanti i colleghi, gli amici, le donne e gli uomini di teatro presenti ieri sera all’ “Ernesto Tomasini Live” come lui stesso ha voluto chiamare l’omaggio reciproco tra Palermo e artista.
In una dozzina di canzoni Ernesto racconta la sua vita d’artista trapuntata d’aneddoti, di esperienze particolari, a partire da quella volta in cui il parroco lo censurò a causa di una voce da diabolico soprano già a dieci anni. E da lì, Ernesto vola ad ali spiegate raccontando della sua favola vera. Che come tutte le favole ha lunghi momenti di difficoltà prima del successo, prima della piena espressione artistica, trovata lontano dalla propria città.
E quindi Ernesto si avvicina, parla con il pubblico, racconta come se si fosse in un grande incontro tra amici. Rievoca quelle serate nei piccoli cabaret, o Kabarett, della Palermo anni ’80, quando i locali si contavano sulle dita di una mano in città. Quando accanto alle imperterrite stragi di mafia, c’erano alcuni coraggiosi che proponevano cabaret fuori dagli schemi in una città che sembrava irrimediabilmente arretrata e fallita.
Ernesto rievoca nomi d’artisti, tanti per ripeterli tutti qui, a partire dalle “Ascelle” di Luigi Lo Cascio e company passando per la “Scuola di Cabaret” a “Telesud” ideata da Lino Agrò, dove il talento di Ernesto era già vivo, ma non ancora esploso a volare sui tetti di Londra.
Ernesto torna a Palermo in tutta semplicità, senza effetti speciali, senza grandi travestimenti o scenografie, e nemmeno un pizzico d’altezzosità: come uno di noi, uno che ama nunc et semper la Palermo del gelatino a Mondello e dei ricci a Sferracavallo.
Rievoca la vicina di casa invadente che involontariamente lo “scopre”, il parroco censuratore, i ruoli da macchietta e le canzoni da localino appartato. Facendoci sentire al centro del mondo, come se fosse ovvio e naturale, e riportando Palermo al centro del mondo: tra Londra e Broodway, tra gli studi della Walt Disney e il palazzo di Windsor, insieme a Lindsay Kemp e David Bowie, come se fossero i nostri compari di passeggiata palermitana sotto i platani di via Libertà o nello schiticchio di una Pasquetta alla Favorita.
Semplicità, eleganza, talento, felicità. Qui abbiamo ritrovato Ernesto, con l’esplosione di sempre.
Quell’esplosione vocale e quella naturale emozione, quella struggente canzone e quell’intima passione, tutte assieme sono Ernesto. E ci hanno travolto, provocato, fatto rinascere con il cuore a pelle e le lacrime in chiaro.
Insieme al suo grande pianista innamorato, si è portato dietro la borsa di Mary Poppins, musa del primo volo di voce in parrocchia. Da dove tira fuori i ricordi e le imprese, le storie e le gioie di un tragitto di stoffa cucita piano piano nel vestito dell’arte.
E colorando di occhi e risate, di gioia e divertimento, una serata indimenticabile. A jamais.
Grazie Ernesto, la tua favola adesso è qui ed è anche un poco la nostra.
Foto in copertina di Angelo Macaluso.
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Unico ed irripetibile, ma speriamo di no!!