di Franco Lo Piparo
Lo confesso, seguo più con curiosità scientifica che con ansia (sarà l’età) lo svolgersi della politica italiana.
Stiamo vivendo un momento storico particolarmente nuovo e non facilmente assimilabile a periodi della storia passata. Anche se la tentazione è forte (l’ho avuta anche io) non credo che aiuti il riferimento al fascismo. Le differenze sono troppe. Avremmo bisogno di un nuovo Machiavelli o di un nuovo Gramsci per orientarci nelle novità.
Per farmi capire meglio parto da un esempio concreto. La catastrofe di Genova è immane ma anche giuridicamente e politicamente complicata. Ciascun partito ha enfatizzato un fatto particolare realmente accaduto per fare capire che la responsabilità è dei partiti avversari. Naturalmente non lo dice esplicitamente ma lo fa capire. Il dirlo potrebbe comportare assunzione di responsabilità penali.
C’è chi ricorda le decisioni prese dai governi Berlusconi e qualche singola votazione pro Autostrade approvata anche dalla Lega di Salvini, c’è chi mette in risalto l’opposizione alle opere alternative da parte dei 5Stelle e la dichiarazione di Di Maio o Grillo (non ricordo chi dei due) che «il crollo del ponte Morandi è una favola», c’è chi enfatizza le iniziative pro-privatizzazioni di Prodi e un po’ di tutti i governi di centro-sinistra, e altro ancora. In tutti i casi senza mai preoccuparsi di ricostruire e analizzare il contesto in cui quelle decisioni furono prese: ad esempio, quanto giocarono a favore delle privatizzazioni il debito pubblico e le inefficienze-corruzioni della gestione pubblica?
Non sono tecnicamente fake news perché nessuno dei fatti citati è falso. È vera la frase di Grillo sulla favola dell’ipotetico crollo del ponte, sono vere le iniziative di Berlusconi, Prodi, D’Alema e compagni sulle privatizzazioni, eccetera eccetera. Sono fatti veri che, sganciati dal contesto, servono non ad appurare quello che è effettivamente accaduto e i motivi per cui Berlusconi, Prodi, Salvini, Di Maio si sono comportati nel modo in cui si sono comportati. Il loro unico scopo è il rafforzamento di una determinata interpretazione ideologica (e sto usando «ideologia» nel senso marxiano di falsa coscienza) sganciata dall’analisi dei fatti.
Fin qui normale dialettica politica. È accaduto sempre così. Niente di nuovo.
Il web ha introdotto una novità che gli studiosi della politica dovranno indagare. Noi comuni cittadini senza ruoli politici non siamo più spettatori, più o meno partecipi, dello scontro politico-ideologico. Ne siamo diventati attori. Attori con uno status inedito. In questa singolare guerra siamo diventati soldati in trincea, proprio come accadde nella Grande Guerra.
Il compito che ci stanno affidando e che alcuni di noi stanno già svolgendo a tempo pieno è di sparare bombe confezionate da Generali che stanno comodamente nelle loro postazioni di comando. I Generali immettono nel grande web articoli e notizie che stuzzicano e sollecitano le nostre rispettive simpatie e antipatie politiche, noi soldati in trincea le spariamo a destra e a manca.
Riteniamo di essere protagonisti, siamo invece solo dei portavoce o, meglio ancora, dei lanciatori di bombe confezionate da altri e il cui senso non ci è sempre ben chiaro.
È una versione inedita della guerra di posizione di cui parlava Gramsci.
Che fare? Non lo so. Posso dirvi il modo in cui sto vivendo questa situazione. Situazione che ho deciso di vivere come utente delle reti social per provare a capirla. Cosa tutt’altro che facile.
Non nascondo sotto false oggettività le mie preferenze culturali e politiche. Per fermarmi all’essenziale: sono un liberaldemocratico che vorrebbe meno ingiustizie e squilibri sociali e però diffida delle palingenesi neo-comuniste o neo-fasciste, pensa che bisogna saper fare i conti con le multinazionali e col neocapitalismo, finanziario e non, e con le proprietà private.
Quando immetto nella mia bacheca “social” un articolo di altri provo a spiegarlo e cerco di argomentare ogni mia presa di posizione. Non mi inalbero se mi si fa notare che sbaglio. Sono ben lieto di riconoscere di essermi sbagliato se i contro-argomenti mi convincono. Essendomi formato politicamente sui testi di Benedetto Croce, Stuart Mill e Karl Popper, diversamente da molti miei amici non rimuovo amici che la pensano diversamente da me. Non lo faccio per una semplice ragione: imparo molto da loro e dal loro modo di porre i problemi. A volte intervengo per spiegare il mio diverso punto di vista, nella maggior parte dei casi osservo e cerco di capire.
Al momento, penso che questo sia il miglior contributo critico che possa dare al dibattito politico web chi è nato nella prima metà del Novecento, quando non esisteva la televisione e il telefono erano in pochissimi ad averlo a casa.
Nessuna nostalgia del passato ma solo tentativo di vivere da uomo del secolo scorso le imprevedibili novità che mi è capitato di conoscere nella parte finale dell’esistenza.
In questo campo non sono importanti i singoli contenuti che ci entusiasmano o indignano ma il modo di affrontarli. Le persone che frequentano questa bacheca presumo siano tutte con un buon bagaglio culturale. Ciò che a volte mi disturba non sono le scelte politiche di chi la pensa diversamente da me ma il farsi soldatino in trincea dedito a lanciare bombe. Sarebbe bello se ciascuno di noi riflettesse sulla bomba che sta per lanciare e facesse anche il sano esercizio di interrogarsi sulla sua fattura e provenienza.
In copertina: Photo by Luca Bravo on Unsplash