di Gabriele Bonafede
Secondo alcuni commentatori della domenica, e purtroppo di tutti i giorni in TV, parlare degli errori fatti in Italia di fronte al coronavirus non serve. Nulla di più sbagliato. Dagli errori si impara. Dagli esempi negativi si impara anche più che dagli esempi virtuosi.
Sempre, ma in maniera particolare in questo momento, è necessario imparare dagli errori, propri e altrui, al fine di migliorare la situazione nel futuro, sia esso prossimo o a lungo termine.
È dunque necessario, oltre che auspicabile, cercare di capire gli errori che sono stati fatti in Italia al fine di correggere il tiro. Così da prendere provvedimenti prima che sia troppo tardi.
Partiamo dall’inizio
Qui una lista di errori evidenti nella risposta italiana alla crisi-epidemia da coronavirus, prima e durante l’evolversi dell’epidemia stessa in Italia. Seguendo un ordine grosso modo cronologico.
I primi errori, madornali e capitali, sono stati fatti quando era evidente che l’epidemia sarebbe prima o poi arrivata in Italia. Una vera e propria lista degli orrori, da evitare in simili occasioni nel futuro. Ma utile anche per reagire, sia pure in ritardo, per lo meno nelle regioni meno colpite dal Covid-19, finora. E nell’ottenere una riduzione più veloce della crisi.
Nel corso di quella che l’OMS chiamò “finestra di opportunità” grazie al rallentamento dell’epidemia in Cina, l’Italia non ha infatti preso alcun provvedimento concreto. Ha anche fallito nelle cose più ovvie da fare. Una finestra d’opportunità che, per l’Italia, è durata quasi due mesi. Due mesi in cui si sarebbero potute fare molte cose e non si sono fatte. Anzi, si è fatto di peggio, si è minimizzato il problema rendendolo ancora più funesto una volta materializzatasi l’inevitabile e ampiamente prevista epidemia.
Gli errori nella prima fase, prima della crisi-epidemia
Uno. Pur volendo evitare il cosiddetto panico, che poi è arrivato ugualmente, si sarebbero dovute raccogliere le scorte di materiali. Per lo meno quelle di base: mascherine, tute di protezione, etc. Non è stato fatto nulla quando questo materiale era reperibile sul mercato. Non è stato fatto nulla anche per far partire e/o potenziare quanto prima produzioni italiane di questo materiale.
Due. Nei media è stata diffusa una palese sottovalutazione del grado di pericolosità del Covid-19, diffondendo illusione e, purtroppo, contagio con sciagurate dichiarazioni e ancora più sciagurate campagne di socializzazione.
Tre. Non si è per nulla potenziata la capacità di effettuare tamponi, quando era ovvio già a febbraio che alcuni paesi asiatici, Corea del Sud in testa, stavano ottenendo ottimi risultati con il maggior numero possibile di tamponi.
Quattro. Non è stata nemmeno organizzata una risposta coordinata a livello nazionale, demandando alle singole regioni e a un sistema sanitario evidentemente impreparato al Covid-19.
Cinque. Non sono stati forniti protocolli di accoglienza e trattamento dei pazienti in presenza di rischio contagio da Covid-19. Ciò non solo per i medici di base, ma persino negli ospedali. Con i risultati devastanti che abbiamo visto e che purtroppo ancora vediamo.
Sei. Non si è nemmeno cercato di aumentare la capacità sanitaria in termini di posti letto separati per Covid-19 e posti in terapia intensiva. Laddove altri paesi europei si sono preparati su questo punto già prima dell’arrivo della crisi-epidemia.
Errori durante la crisi-epidemia
Sette. L’errore più marchiano è stato quello di continuare a sottovalutare letalità e potenzialità devastanti di una epidemia da Covid-19, così come la sua contagiosità e velocità di diffusione. Ancora ai primi di marzo, in TV circolavano teorie minimaliste e persino negazioniste circa la pericolosità del Codiv-19. Con l’effetto di favorire contagi e, purtroppo, decessi. Qui un articolo che riporta l’analisi realizzata dalla Harvard University sugli errori italiani, partendo proprio da questo errore.
Qui si è innescata la follia di procedere con “reazione” anziché “pro-azione”. Si è proceduto per gradi nel dispositivo di isolamento e distanziamento, finendo per essere inevitabilmente in ritardo sistematico di fronte alla prevedibile velocità della epidemia. Anche questo un errore evidenziato dalla Harvard University. Le misure si sono rivelate sempre tardive e troppo parziali rispetto alla realtà delle cose, con ulteriori danni a causa dell’annuncio di quarantene territoriali prima di attuarle. Cosa che ha favorito lo spostarsi di grandi masse di popolazione che hanno diffuso ancora più velocemente il virus in tutto il territorio nazionale.
Otto. Non ci si è accorti, nonostante tutti i dati parlassero chiaro, che in un quadro di crisi di disponibilità alle cure nel sistema sanitario, la letalità del Covid-19 sarebbe stata molto più alta. Ci si cullava sulla capacità dell’85% dei pazienti di recuperare senza alcun aiuto. Non capendo che ciò implica, in assenza di cure mediche, una letalità semplicemente raccapricciante, ossia del 15%. Non si è pensato che, in assenza di cure, la letalità del coronavirus può essere del 15%.
Una letalità mostruosa per una malattia così facilmente contagiabile. E non si è capito in tempo che le cure mediche intensive è impossibile fornirle se non a una minima parte dei pazienti una volta scoppiata l’epidemia. Per giunta, si è minimizzato sul terrificante livello di letalità provvisoria, o apparente, che si registra in Italia: ormai oltre l’11% dei pazienti certificati. Addebitandolo nientemeno che alla “morte di anziani con coronavirus anziché per coronavirus”. Un atteggiamento profondamente sbagliato e di auto-assoluzione dai contorni lugubri e grotteschi.
Nove. Un altro errore marchiano si è fatto e si continua a fare. E cioè il non capire quello che qualsiasi medico, anche il più scalcinato, considera la diagnosi quale il primo passo per curare una qualsiasi malattia. Per il Covid-19, al momento, l’unica diagnosi è il tampone, in attesta di test sugli anticorpi. Ci si è cullati su una considerazione esiziale, e cioè che “chi è negativo oggi, potrebbe essere positivo domani”, non capendo che ciò rappresenta una ulteriore minaccia e non una panacea per non fare i tamponi. Errore mostruoso anche questo, che è risultato in una epidemia che ha fatto strage di medici e pazienti. Ovviamente.
Così, si è continuato a fare tamponi in misura troppo limitata rispetto alla popolazione contagiata, anche quella più esposta e vitale come il personale ospedaliero. Laddove anche esempi di altri paesi, come la Corea del Sud, dimostravano che più tamponi si fanno, meglio è per contenere la crisi-epidemia. E persino per ridurre l’epidemia in tempi relativamente brevi.
Altri errori che hanno aggravato la crisi-epidemia in Italia
Dieci. Ci si è cullati sul dato degli asintomatici. Prendendolo persino quale buona notizia. Laddove è stata riconosciuta, già ai primi di febbraio nella comunità di ricerca internazionale seria, una delle caratteristiche più pericolose del Covid-19. È esattamente attraverso asintomatici, paucisintomatici e pre-sintomatici che il Covid-19 si diffonde così rapidamente. In Italia, invece, è stato preso questo dato come un fatto positivo, laddove è il vero orrore del Covid-19 perché favorisce la diffusione del virus anche in ambienti istituzionali, come gli ospedali. Con effetti evidentemente devastanti che hanno aggravato la crisi-epidemia.
Undici. In un ambiente prono alle fake news, media e persone con grande visibilità hanno continuato a navigare a vista. Accettando di far circolare le cose più incredibili senza freni. Ciò ha minato la capacità della popolazione di capire il pericolo. Anche adesso, anziché imparare da paesi più virtuosi come la Germania, ci si abbandona ad attacchi puerili e ultra-nazionalistici.
Ci si caglia contro chi ci aiuta e potrebbe aiutarci ulteriormente se solo fossimo meno beceri e meno ingrati. La Germania ha infatti accolto almeno 60 pazienti italiani. Sta dando l’esempio nell’approccio organizzato alla crisi-epidemia. Nuove notizie, riportano la disponibilità della Germania ad aiutare nella moltiplicazione dei test, possibilmente con test sugli anticorpi. Sicuramente molti medici e istituzioni tedesche stanno fornendo consigli e informazioni fondamentali ai medici e i ricercatori italiani. Senza fare pubblicità, ovviamente, e quindi essendo meno visibili di altri paesi che puntano tutto sulla facile visibilità in un paese drogato di odio da anni.
Dodici. Si continua a sottovalutare il ruolo dei trasporti nel diffondere l’epidemia. Lo si è fatto per lunghi giorni e persino settimane, senza prendere provvedimenti adeguati sull’organizzazione sistematica dei trasporti per renderli meno affollati, di disinfezione molto più frequente, di controlli molto più cospicui. Con risultati spaventosi nell’aggravarsi della crisi-epidemia in Italia.
Conclusioni e insegnamenti
Questi sono solo i dodici errori più evidenti nell’affrontare la crisi-epidemia in Italia. In effetti ce ne sono, e ce ne saranno, molti di più. Ad esempio, su metodi e modalità di somministrazione delle cure sperimentali. Su queste cose sarebbe quanto mai utile chiedere consiglio ai paesi che mostrano un livello di letalità provvisoria, o apparente, chiaramente inferiore a quella che c’è in Italia, ceteris paribus. Si continua invece a sottovalutare e persino aggredire verbalmente questi paesi.
Gli errori enunciati sopra non devono essere presi come una caccia al colpevole. Questo sarebbe un ulteriore errore. Vanno invece considerati per imparare ciò che non va fatto e organizzare contromisure. Va da sé che per ognuno di questi errori è relativamente facile capire cosa si dovrebbe fare, anche adesso che il disastro è evidente persino ai ciechi e ai negazionisti da TV.
Non è un discorso sulle persone alla guida della risposta all’emergenza. Anche se è comunque auspicabile che si consideri di affidare la risposta alla crisi-epidemia a persone che facciano meno errori. Se non nel passato, ormai passato, nel futuro, o quanto prima.
Quanto scritto è una semplice lista per imparare quanto prima. Una lista che, si spera, vada all’attenzione di chi gestisce l’emergenza, rimanendo al suo posto per carità. Che si impari dagli errori anziché reiterarli all’infinito. Anche perché il tempo stringe.
Molte cose sono ancora fattibili. A partire dai tamponi a tappeto, via via per sezioni di popolazione più a rischio, è ovvio. E cioè, quello che sta facendo la Germania. Ma è non meno urgente riorganizzare il sistema dei trasporti in maniera tale da ridurre il contagio. È altresì fondamentale ragionare in maniera responsabile sul perché dell’alta letalità così presto in Italia e Spagna. Anziché negare che esista questo problema, magari con l’ausilio di esercizi di statistica che assomigliano molto a un arrampicarsi sugli specchi.
Il contagio, grazie alle costosissime misure di isolamento e distanziamento, scende giorno per giorno in termini di incremento percentuale. Da quattro giorni a oggi (30 marzo) è sceso anche i valori assoluti . La strada, su questo piano, è quella giusta. Ma dalla diagnosi non si scappa. Vanno moltiplicati i tamponi, i test, possibilmente, quando saranno ampiamente disponibili, i test sugli anticorpi.