di Daniele Billitteri
Me ne andai a vedere questo film di Franco Maresco sapendone, lo ammetto, pochissimo e questa è stata la mia fortuna perché non ho avuto il tempo di innescare qualsiasi tipo di pregiudizio.
Così mi sono sentito come una cassonetto mezzo scassato dove una città intera conferisce munnizza a qualsiasi ora. E di munnizza in un’ora e passa me ne sono assuppata assai ma ridendo a crepapelle.
Alla fine del film mi sono chiesto se davvero avevo assistito a un documentario. Ricordate Zelig di Woody Allen? Ecco, una cosa così.
Troppo surreali i personaggi, troppo surreale questa città, troppo surreale ciò che resta della mafia, trasformata dalle inchieste e dai luoghi comuni. Troppo cinismo. Troppi morti scannati tra una risata e l’altra.
E mi ritrovo a pensare che se rido faccio peccato, che quest’anno non sono andato al porto ad accogliere la nave della Legalità e dall’albero Falcone non sono passato nemmeno per sbaglio. Mi batto il petto. Mea culpa, mea maxima culpa. Ma è mai possibile che Ciccio Mira sia uno vero? E il neomelodico suonato Miscel? Che poi esiste veramente. Ne vogliamo parlare?
Ma no, l’unica vera è quella forza della natura di Letizia Battaglia che si rifiuta di stare al gioco e diventa colei che il gioco lo conduce e ci impedisce di scivolare un una risata senza pensiero. Fiction, deve essere fiction. Una catena di fake news, un divertimento di quel marpionazzo di Maresco.
Quanto pubblico ha pensato questo? Ma, vedete, io ho un grande difetto: sono palermitano e vi dico che Maresco in tanti momenti del film avrebbe potuto lasciare la macchina da presa a girare e andare a prendere una broscia col gelato zuppa inglese e bacio. Il resto lo avrebbero fatto Ciccio Mira e i suoi scalcagnati collaboratori impegnati a fare ingoiare una festa in memoria di Falcone e Borsellino allo ZEN2.
Succede di tutto. Ci sono momenti di omertà esilaranti, infiniti “non coment”, centinaia di “non mi interessa”. La mafia non si vede mai e sembra sostituita dall’arroganza di qualche capetto di quartiere scafazzato che marca il territorio con le sue pisciatine da Padrino parte seconda.
Qualcuno scappa, qualcun altro sbiella. L’unico a resistere è Ciccio Mira, geneticamente immodificabile, che ha sempre una risposta a nessuna domanda. Nessuno tratta con Ciccio Mira.
Solo Maresco, nella sua infinita genialità, che ce lo mostra in tutto il suo assurdo splendore. Perché Ciccio è magnifico e ci rivela la pessima novella: la mafia non è più quella di una volta. È peggio.
Film geniale, imperdibile. Andateci e portateci i figli. Ma attrezzatevi per essere in grado di rispondere a tutte le domande che vi faranno.