Graffiante, irriverente, ironica, la narrazione toglie il respiro mentre tristi avvenimenti della storia si alternano con le vicende personali della bieca coppia di protagonisti
di Maria Teresa de Sanctis
Non di rado accade che qualcosa ci possa divertire e al tempo stesso rattristare. Qualcosa di simile ha provato chi scrive dopo aver visto l’ottimo film “Vice-l’uomo nell’ombra”. Il titolo originale è semplicemente “Vice”, che significa anche “vizio”, “difetto”. La regia è di Adam McKay che ci propone una singolare biografia, ironica e brillante, dal tono documentaristico.
Il ritmo narrativo è incredibilmente vivace, ricco di sorprese che oltre a stupire divertono anche. Eppure alla fine è con grande tristezza che si esce dalla sala.
Il film, in modo assai originale, narra la storia di Dick Cheney, vice presidente durante l’amministrazione di George W. Bush (Bush junior). Un personaggio che, come il futuro presidente, all’inizio del film vediamo essere un inetto dedito al bere e che, a causa del suo vizio, viene anche cacciato dall’università.
Ma ha al suo fianco, sin dai tempi dell’università, Lynne. Prima fidanzata e poi moglie, ambiziosa e avida, è una sorta di Lady Macbeth di shakespeariana memoria, intenzionata ad ottenere quel potere che lei, dati i tempi e in quanto donna, non può avere.
È lei quindi, nel film un’ottima Amy Adams, a scuotere il suo uomo e a intimargli un cambiamento di condotta, pena rimanere senza il suo amore.
Ecco allora che il nostro protagonista, intrpretato da un sorprendente Christian Bale qui trasformato all’inverosimile, di fronte a una così grave minaccia, comincia la sua scalata attivando tutta la sua furbizia, pronto a capire quale sia il momento giusto e lo schieramento giusto da seguire.
Da semplice portaborse di Donald Rumsfeld (interpretato da Steve Carell), il segretario della Difesa degli Stati Uniti sotto l’amministrazione del Presidente Gerald Ford prima e successivamente sotto il presidente George Bush senior, Dick prosegue pacatamente ma indefessamente nella sua ascesa al potere, arrivando al ruolo che conosciamo: vice presidente di George W. Bush (“Bush-junior”, interpretato da Sam Rockwell).
Sarà lui che all’ombra di un inetto presidente eserciterà tutto il suo mortifero potere.
Dicevamo del ritmo vivace e ricco di sorprese del film, pieno di inserimenti vari e sempre assolutamente efficaci per la loro pertinenza con i contenuti, tutti volti a descrivere l’enorme influenza di Cheney nella storia dell’oggi.
Oltre alle tante immagini tristemente note degli ultimi decenni, dalle tante guerre alla tragedia delle torri gemelle, c’è persino il Galactus della Marvel: intelligente trovata per rappresentare quanto sia potente Dick.
Graffiante, irriverente, ironica, la narrazione toglie il respiro mentre tristi avvenimenti della storia dell’oggi si alternano con le vicende della bieca coppia per la quale non conta null’altro se non il potere, da conseguire e mantenere.
Un ottimo film dall’ottima sceneggiatura. E d’altronde non poteva essere diversamente se la firma è quella di Adam McKay, regista, sceneggiatore, attore e comico statunitense. Suo è anche il film “La grande scommessa” (The Big Short), sulla crisi finanziaria del 2007-2008, premiato con l’Oscar nel 2016 per la miglior sceneggiatura non originale.
Per il momento “Vice”, oltre ad innumerevoli candidature al BAFTA (British Academy of Film and Television Arts) ha fruttato un Golden Globe a Christian Bale quale migliore attore protagonista.
Una notazione ancora: fra i produttori di questo film e anche de “La grande scommessa”, figura Brad Pitt. Dunque un film intelligente sulla storia dell’oggi, per aiutare a capire meglio il mondo e quello che succede intorno a noi, che ci dà l’ennesima conferma di come sia sempre la sete di potere di pochi e l’assoluta loro mancanza di rispetto per l’umanità tutta a causare guerre e calamità. Ecco perché usciamo dalla sala con tristezza.