di Gabriele Bonafede
Ottavia Piccolo e la musica procedono su quei passi di un viaggio da incubo: quelli dei rifugiati dall’Iraq, o dalla Siria, o qualsiasi altro luogo tragico del mondo, per raggiungere la salvezza dai massacri. Per raggiungere l’Europa che colpevolmente volta le spalle, perseguita, minaccia, calpesta le anime deboli scappate dall’inferno.
Qualsiasi rappresentazione, una, dieci, cento, mille rappresentazioni non basterebbero per raccontare il semplice orrore di quel percorso: la rotta balcanica per uscire dall’apnea dello sgomento. Eppure, attraverso la poesia del teatro, cruda poesia del morire più volte nella vita, è possibile. Ottavia Piccolo rende possibile l’immedesimazione in ciò che impossibile da comprendere realmente, ché l’orrore rappresentato non potrà mai essere come l’orrore vissuto.
Lo fa con il racconto di Haifa Ghemal, irachena, che fugge dalla morte certa di un mondo in guerra con sé stesso. Haifa è morta vivente, già morta più volte nella sua vita. Eppure combatte per la vita, sua e della nipotina. È “Occident Express”, un “treno” dall’Oriente, jadis Vicino Oriente, oggi chiamato “Medio Oriente”, verso l’Occidente. Questo Occidente.
Occident Express è stato stupendamente scritto da Stefano Massini, che riesce a penetrare l’angolo buio dell’inferno in terra: laddove le tenebre sono impenetrabili. Ottavia Piccolo rende comprensibili e penetrabili queste stesse tenebre, portandole sulla luce chiaroscurata del palcoscenico, rimarcandone la cruda semplicità.
Carpendo all’orizzonte l’affollata tragedia dell’esodo epocale, la tradita speranza di una terra mai promessa. Intimamente, cruentemente, facendo sentire il sudore, l’ansia, e il puzzo della geenna in movimento attraverso i continenti. La stessa geenna popolata da angeli di vita, anime che lottano per respirare laddove l’ossigeno non è concesso, l’acqua è ruggine, la paura e l’ostinazione sono nutrimento.
Attraverso i secoli della superficie terrestre, la musica emerge. Facendo emergere sé stessa e il racconto: punti, virgole e suoni in uno spazio che sale dalla scomposta frazione d’assoluto. È scritta e diretta da Enrico Fink ed eseguita dal vivo dall’Orchestra Multietnica di Arezzo: Gianni Micheli (clarinetti e fisarmonica), Massimo Ferri(oud, cümbüs, bouzouki, chitarra), Luca Roccia Baldini (basso e contrabbasso), Mariel Tahiraj (violino), Leidy Natalia Orozco (viola), Maria Clara Verdelli (violoncello), Massimiliano Dragoni (salterio e percussioni), Enrico Fink (flauto).
Questo Occidente volta le spalle. È il nostro Occidente che si trasforma, piano piano, impercettibilmente, in uno spazio compresso, privo d’aria e di civiltà. Attraversato da muri che lo dilaniano, lo perseguitano, lo distruggono. Occident Express non è solo il treno sul quale saltano i rifugiati per scappare.
È il treno su cui siamo balzati anche noi occidentali. Sul quale è balzata una “umanità” senza scopo e senz’anima, anaffettiva, polverizzata. Riducendo noi europei a pezzi di carne messi in piedi. Lasciando il soffocato grido di Haifa a morire d’orrore, laddove può essere invece la speranza.