A Palermo il XV Congresso dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane – AGCI Sicilia, 25 ottobre 2017 re 9.00, NH Hotel – Foro Italico. Intervista al presidente Michele Cappadona,
La Federazione regionale siciliana dell’AGCI-Associazione Generale delle Cooperative Italiane, ha celebrato il suo primo congresso il 6 ottobre 1963 a Ragusa e da allora è cresciuta fino a rappresentare un importante componente del mondo cooperativo, raccogliendo migliaia di adesioni, contribuendo allo sviluppo delle attività degli enti ad essa aderenti e consentendo ad un enorme numero di soci di migliorare la propria condizione sociale ed economica, di avere un reddito, di poter coltivare le proprie aspirazioni personali e lavorative e di essere parte attiva nel miglioramento sociale e del territorio.
Oggi AGCI Sicilia è una realtà in costante espansione: dal 2005 al 2017 sono state ben 1344 le nuove cooperative che vi hanno aderito. Un vero e proprio boom che ha portato a oltre cinquantamila il numero dei soci. Si tratta di numeri importanti, che mostrano con chiarezza il peso crescente assunto dall’Associazione siciliana nell’economia e nel tessuto sociale dell’Isola. E la crescita. In barba alla crisi, ha riguardato tutti i comparti.
Qui, il file in pdf con dati, riferimenti, materiale informativo.
In vista del XV Congresso di AGCI Sicilia, l’Associazione Generale delle Cooperative Italiane presente su tutto il territorio regionale, pubblichiamo l’intervista al presidente Michele Cappadona, diffusa dall’AGCI Sicilia, sul ruolo della cooperazione nello sviluppo dell’economia siciliana, tema principale del Congresso.
Secondo recenti studi di Bankitalia, malgrado l’economia regionale sia ferma, aumentano gli investimenti produttivi delle imprese siciliane. È d’accordo?
Si tratta a mio avviso di un evento di modesta entità, tant’è che lo stesso rapporto che lei cita precisa trattarsi di flebili miglioramenti e parla appunto di un’economia stagnante. Su questo sono senz’altro d’accordo. Nell’ambito imprenditoriale e occupazionale vige una situazione di immobilismo dal momento che dalle Istituzioni territoriali e locali non vengono più bandite gare di affidamento e appalti. E questo vale anche per le imprese cooperative, specie quelle sociali, che annaspano a causa dei ritardi dei pagamenti da parte delle P.A. e dei continui rimaneggiamenti al sistema dei servizi socio-sanitari.
Dopo quasi dieci anni di crisi perché secondo lei la ripresa stenta a decollare?
Dopo un tempo così lungo in cui si sente parlare ininterrottamente di crisi credo sia normale un generalizzato clima di pessimismo, ma non bisogna smettere di crederci. A differenza di molte altre imprese, le cooperative hanno retto bene l’impatto della crisi, hanno tenuto invariati i livelli occupazionali quando non li hanno aumentati e non hanno mai delocalizzato. Molte di esse hanno vissuto questi anni come una sfida, hanno lavorato a testa bassa, e si sono affacciate sui mercati internazionali producendo maggiore ricchezza per il Paese.
Quindi la crisi è solo una predisposizione mentale…
No, assolutamente. È sotto gli occhi di tutti che gli ultimi anni sono stati incerti. Va da sé che la Sicilia era ed è in perenne svantaggio non soltanto rispetto all’Europa, ma anche rispetto ad altre regioni d’Italia, e porta in dote i problemi tipici del resto del Paese, ai quali se ne aggiungono di propri. Tra i primi, una burocrazia asfissiante e leggi inadeguate, come il Jobs Act, il cui unico effetto è stato quello dell’abuso dei voucher: è abbastanza evidente che l’incremento dei contratti a tempo indeterminato è stata una bolla che è esplosa al termine del periodo di incentivi alle Imprese. E poi i ritardi dei pagamenti da parte delle P.A. per i quali, ancora dopo cinque anni dal recepimento, la direttiva europea che stabilisce un termine massimo di 60 giorni non è praticamente mai stata applicata.
È tutta colpa della burocrazia?
Da molto tempo e da voci diverse si alzano appelli che spingono verso una maggiore semplificazione. Persino l’accordo di partenariato 2014-2020, sottoscritto dall’Italia in sede europea, aveva come obiettivi prioritari il sostegno all’efficienza della pubblica amministrazione, lo snellimento della burocrazia e la creazione di un ambiente imprenditoriale favorevole all’occupazione. A livello politico, in ambito nazionale e regionale, non si è assistito a quella ricrescita e a quella rivoluzione che tutti si aspettavano, lo dice un’analisi oggettiva dei dati. Negli ultimi anni poi si è fatto un gran parlare di riforme, ma si è trattato di proposte poco concrete, oppure continuamente rimandate da veti incrociati. Sembra che i concetti di rappresentanza e responsabilità politica siano stati svuotati di significato. I politici non hanno il polso del Paese reale, appaiono sordi alle esigenze più immediate e nessuno di loro ascolta più i propri elettori.
Parlando di politica, in vista delle imminenti elezioni regionali, quale sarà il compito del prossimo governo regionale?
Sicuramente sfruttare di più e meglio le opportunità. Ricordo che solo pochi mesi fa la Sicilia ha dovuto restituire all’UE 117 milioni di euro che non è stata in grado di spendere e non certo perché nella nostra isola tutto funzioni a meraviglia. È paradossale e non possiamo più permetterci il lusso di perdere importanti risorse comunitarie, finalizzate proprio a ridurre il divario infrastrutturale e tecnologico. Bisogna sicuramente concentrare le energie verso i settori produttivi nei quali la Sicilia può e deve rivestire un ruolo da protagonista: prima di tutti il turismo, che deve essere destagionalizzato, ma solo a patto di avviare una concreta opera di valorizzazione del patrimonio storico-artistico che possa attirare l’interesse di una grande platea di viaggiatori anche al di fuori dei mesi estivi. La nostra isola è molto legata al turismo balneare e va sdoganato questo dogma perché rappresenta un limite. Si aprirebbero molte occasioni per agganciare altri settori in cui esistono delle professionalità che rischiavano di sparire, ma che negli ultimi anni sembra stiano tornando in voga, penso all’artigianato e soprattutto alla manifattura di qualità. Un’altra grande partita da giocarsi è quella dell’agricoltura biologica: bisogna distinguersi, vista l’agguerrita concorrenza europea e dei paesi nordafricani, puntare tutto su un livello qualitativo inimitabile.
Vuole lanciare un messaggio ai candidati regionali?
Intanto vorrei augurare alla nostra Sicilia, ora e per gli anni a venire, una classe dirigente mossa dal bisogno di concretezza e capace di essere espressione di buoni esempi per tutti, che sia all’altezza delle sue potenzialità, molte delle quali ritengo ancora inespresse. Più che un messaggio ai candidati, a nome dell’AGCI Sicilia rivolgiamo al futuro presidente della regione ed alla sua squadra di governo i nostri migliori auguri di buon lavoro e l’appello a non trascurare il coinvolgimento attivo di tutti i cittadini e di tutte le sigle rappresentative di imprese e lavoratori, perché si possa davvero parlare di un “governo dei siciliani”.
Quali sono le strategie di AGCI Sicilia per aiutare le cooperative a fronteggiare la crisi?
La nostra Associazione, oltre ad assumere un ruolo di rappresentanza dei propri iscritti e del movimento cooperativo in generale davanti alle Istituzioni, è impegnata quotidianamente a svolgere una concreta azione di sostegno alle imprese cooperative. Fornisce servizi di consulenza in ambito fiscale, normativo e contrattuale, anche attraverso sinergie e piattaforme interassociative con altre sigle di rappresentanza di società diverse. Importante inoltre, vista la stretta creditizia delle banche soprattutto verso le PMI, è assistere i nostri associati nell’accesso al credito, per il quale rivestono particolare rilevanza l’IRCAC (l’Istituto Regionale per il Credito alle Cooperative) e i consorzi fidi, dei quali, tra quelli a noi aderenti, possiamo vantare gli unici due presenti in Sicilia costituiti ai sensi dell’ex art. 106 del T.U.B. e operanti sotto l’egida della Banca d’Italia.
A quando l’uscita dalla crisi?
Difficile dirlo. Tuttavia sarebbe ora di iniziare a guardare al futuro con un po’ più di ottimismo per non farsi trovare impreparati quando arriverà la ripresa. Intanto occorre programmare, costruire, creare opportunità per arrestare l’emorragia dei nostri migliori talenti, perché una terra che si svuota non ha davanti a sé alcun futuro. È nostra ferma convinzione che se le istituzioni non sono in grado di creare occupazione, sarebbe auspicabile che favorissero almeno le condizioni affinché l’iniziativa privata possa, non dico essere facilitata nel tentativo, ma certamente non ostacolata. Meno burocrazia e più incentivi che favoriscano l’abbattimento del costo del lavoro e nuova occupazione.