di Daniele Billitteri
Sulla tragedia di Livorno ci stanno raccontando un tir di minchiate a cominciare dal sindaco della città. Le polemiche che il primo cittadino ha sollevato ieri sembrano uscite dal Manuale del Pelo Sullo Stomaco degno della più sublime Prima Repubblica. E questo vale per Livorno ma puntualmente accade a tutte le latitudini nazionali (vedi Roma). Per questo lo commento. Perché lì come dappertutto l’obiettivo è uno solo: levarsi di sotto. Umanamente comprensibile, ma politicamente discutibile.
Il sindaco ha lamentato il fatto che la Protezione Civile regionale avesse emesso un’allerta Arancione invece che Rossa. Poi ha sottolineato l’eccezionalità dell’avvenimento (in poche ore è venuta giù tutta l’acqua caduta da gennaio a ora) attribuendola ai cambiamenti climatici. Ha citato i guasti della gestione del territorio accollandola naturalmente alle amministrazioni precedenti alla sua. Non cito volutamente l’appartenenza politica delle persone in causa. Qui mi serve solo sfruttare l’occasione per chiarire in modo semplice quello che è successo a Livorno e tutta la catena delle conseguenze che ne derivano.
La sottovalutazione. Nella zona tra Genova e l’Alta Toscana si è sviluppata una perturbazione violenta con fenomeni di ciclo genesi che non a caso si chiama “esplosiva” e che ha comportato trombe d’aria, venti impetuosi e la caduta di grandi quantità di pioggia concentrate in un tempo relativamente ridotto. Questa prospettiva veniva data per certa già da giovedì-venerdì, tanto che a Genova è scattato il dispositivo di emergenza. Non c’entrano i cambiamenti climatici se non all’origine. Avvenimenti come quelli di Livorno hanno cadenza annuale almeno dal 2010. Ricordate Genova? Ricordate Giampilieri? Ricordate l’Emilia? Ricordate Sanfratello? Insomma tutto tranne che avvenimenti “eccezionali”.
C’è poi un aspetto che è importante sottolineare. Non è la pioggia diretta che provoca un allagamento. La casa dove sono morte sei persone era un pianoterra, non uno scantinato e, per quanto copiosa, non basta una pioggia per allagare una casa sino al tetto. Ma se l’acqua di una intera zona si raccoglie e comincia a cercare la strada verso il mare, trova letti di fiumi interrati, trova vie di fuga intasate dai rifiuti e si presenta come un’onda di piena non come una precipitazione eccezionale. La casa della tragedia era stata costruita al disotto della sede stradale a sua volta frutto dell’interramento di un vecchio “rio”. E’ stata un’onda di piena a riempirla d’acqua e ad annegare quelli9 che ci stavano dentro.
Le responsabilità. L’allerta Arancione non impedisce la verifica di efficienza di alcuno degli adempimenti legati alla prevenzione. E’ facile dire: io sono sindaco da poco, il dissesto del territorio ha altri padri. Questo è certamente vero perché i rimedi contro il dissesto hanno tempi lunghi e vita difficile perché prevedibilmente intaccano il consenso elettorale che ruota attorno alla chiusura di un occhio, se non di tutti e due, sull’abusivismo. Come ormai tutti sanno la manutenzione ordinaria di tutto ciò che è stato pensato e realizzato per drenare le acque piovane spetta alle amministrazioni in carica ed è fatto di interventi veloci: svuotare i tombini, ripulire i nodi di intersezione dei corsi d’acqua per prepararli a sopportare un maggiore flusso. Il sindaco di Livorno aveva bisogno dell’allerta Rossa? Non bastava quella Arancione per fare qualcosa?
Ora, che un sindaco (qualunque sindaco) cerchi di cadere in piedi lo posso capire. Ma come la mettiamo con la sponda che, più o meno consapevolmente, gli offre un sistema di informazione ancillare e pressapochista? Ma così gira il mondo qui da noi. E, se piove, si tenta di far bastare un “governo ladro”. Che sarà anche vero a prescindere. Ma non quando serve per imbrogliare le carte. Tante belle cose. Chiare.
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