di Gabriele Bonafede
Ci si avvicina alle elezioni regionali, dopo cinque anni di governo Crocetta, ed è sempre più urgente proporre un progetto democratico per la Sicilia. Il Pd cerca un candidato e propone una coalizione per vincere le elezioni. Ma non è chiaro quale sia la base programmatica di questa coalizione.
Si sa, anche attraverso l’assenso dei potenziali interessati del “centro”, che debba essere “larga”. Si propone il “modello Palermo” dove, con una personalità politica “forte” quale è Orlando, si è realizzata una coalizione praticamente trasversale che, di fatto, va dalla destra “moderata” all’estrema sinistra, molto meno moderata se non “madurista”.
Ma quali sarebbero gli obbiettivi di programma di una “larga coalizione” di centro sinistra, o di centro-centro-sinistra allargato o come la si vuol chiamare?
È su questo che si deve ragionare. Come insegna il caso Giusi Nicolini a Lampedusa, non è sufficiente un candidato “forte” e una “larga coalizione” per vincere le elezioni, nemmeno laddove tante cose positive siano state fatte. Per giunta, se si prende la Regione Siciliana, in pochi saranno gli elettori che ne daranno un giudizio favorevole, non solo per i passati decenni ma anche per l’ultimo quinquennio.
In realtà, si deve ragionare sul futuro della Sicilia. Si deve ragionare su una proposta politica ma anche programmatica perché si realizzi un salto in avanti nella crescita democratica e civile della Sicilia. E tutto ciò è interconnesso con la capacità di facilitare, se non sostenere, un vero e diffuso sviluppo economico. Uno sviluppo che, per quanto ancora sostenere, sia in grado di camminare da solo quanto prima: senza ulteriore sostegno pubblico.
Il candidato in pectore di questa coalizione di centro-sinistra caldeggiata dal Pd regionale, che però non ha ancora accettato la candidatura, sarebbe Pietro Grasso. È sicuramente una personalità conosciuta e apprezzata, capace di raccogliere un’alleanza larga su valori democratici.
Ma senza un progetto, senza obiettivi veri e concreti, difficilmente l’elettorato premierà questa scelta. E l’unico obiettivo finora emerso sarebbe quello, più o meno dichiarato, di fermare i 5 stelle e la destra estrema. Obiettivo comprensibile da chi si occupa di “politica”, ma molto meno dagli elettori. Perché dovrebbe esserci un tale obiettivo? Quanti sono gli elettori che risponderebbero a questa domanda? Forse ne abbiamo avuto contezza a Lampedusa e anche in Sicilia in passate elezioni.
Andrebbe invece proposto e formato un programma democratico, quanto più partecipativo possibile: un progetto politico per la Sicilia. Regione chiave, non solo nel panorama politico italiano, ma anche in quello Mediterraneo ed europeo.
È ovvio che qui non si può enunciare un intero programma. Ma si possono indicare alcune linee imprescindibili: alcuni punti che ne siano la base.
Innanzitutto va difesa della democrazia. La democrazia oggi è in pericolo: assediata da idee autoritarie e totalitarie che trovano larga diffusione in Italia e in Sicilia. Se l’obiettivo principale, quello di fermare i 5 stelle, parte da qui, ha un senso. Altrimenti no. Ma cosa significa difendere i valori della democrazia? Significa innanzitutto propagandarli, capire e far capire i valori delle democrazie occidentali che, paradossalmente, oggi sono rimessi in discussione da chi pretende di difenderli. E che sono basati sui principi fondamentali dei diritti umani.
Un progetto democratico per la Sicilia dovrebbe quindi mettere al primo posto la difesa dei diritti umani e la difesa della democrazia nei confronti di chi vorrebbe una svolta autoritaria sull’onda del terrorismo fisico e politico. Vanno difese la libertà di stampa, la libertà d’espressione, la libertà d’impresa, il valore della vita, la pace, la fratellanza tra i popoli, le libertà di scelte personali. Vanno ampliate le opportunità di lavoro e l’ambente di crescita sociale e culturale.
Sembrano cose ovvie, ma non lo sono. Soprattutto in Sicilia e soprattutto nel mondo di oggi. Il contesto internazionale, oggi, è troppo spesso attratto dall’utilizzo delle religioni a fini politici e attraverso la violenza. Il contesto di oggi, è quello delle notizie bufale, dei fake, per realizzare successi politici che portano al totalitarismo. E se la vittoria di Macron in Francia ha fermato l’avanzare di queste idee in uno dei due Paesi più importanti in Europa, ciò non vuol dire che la minaccia sia sparita.
Una coalizione che abbia un progetto democratico per la Sicilia deve dunque porre al centro la difesa stessa dei valori democratici.
Ma, i valori democratici non possono affermarsi senza un vero e diffuso sviluppo socio-economico. Va quindi presa in considerazione in maniera seria una politica di programma che porti a una svolta, sia sul piano politico, con il rinnovamento culturale e generazionale della classe dirigente, sia sul piano più puramente economico.
L’economia in Sicilia ha infatti una forte dipendenza dalla politica. Di fatto, l’Isola ha una struttura economica che dipende dalla classe politica attraverso il sostegno pubblico. Questo è il vero nodo da sciogliere. E, purtroppo, è lo stesso da molti decenni.
Un programma democratico per la Sicilia deve dunque mettere ai primi posti una serie di iniziative per facilitare lo sviluppo economico, sociale e culturale in una forma decisiva: aiutare a far sviluppare un’economia che non dipenda dai soldi pubblici. Ossia, dando la possibilità a questo sviluppo d’essere, per lo meno in futuro, realmente indipendente da ulteriori sostegni pubblici.
Sulla base di questi due obiettivi generali, difesa della democrazia e sviluppo economico indipendente, vanno poste le basi di un programma, poi di una coalizione e infine di un candidato.
Sono sogni? La politica dovrebbe essere lo strumento per realizzare sogni anziché poltrone.
Per questo, qui va detto quale è il terzo elemento per un successo di una coalizione democratica e un progetto democratico per la Sicilia: è necessario un profondo rinnovamento della classe politica nei partiti e movimenti che compongono le eventuali forze di una “larga” alleanza. A partire dal Pd, se vuole realmente essere al centro di questo progetto.
A partire dal Pd, la dirigenza, l’attuale classe politica, le segreterie, dovrebbero fare un’autocritica profonda. Gli attuali quadri superiori del Pd, sempiterni capibastone di clan in lotta fra loro, dovrebbero mettersi da parte. E dare spazio a una nuova classe dirigente di centrosinistra siciliana, sul piano generazionale come su quello delle responsabilità.