di Gabriele Bonafede
Bergoglio parla di “grande cultura russa” e “grande umanità” ai tempi dell’impero russo di Caterina II e Pietro il Grande.
Dimostra però di non avere mai letto nemmeno “La figlia del capitano” di Pushkin, che descrive gli orrori razzisti dei tempi di Caterina II e la barbarie della Russia di quell’epoca.
Infatti, tra le altre cose, Pushkin racconta di come gli imperiali russi di Caterina II, frustrati e preoccupati per non potersi difendere dai cosacchi di Pugačëv, decidono di torturare un prigioniero bashkiro per “farlo parlare”. Dimenticandosi che gli stessi russi al prigioniero bashkiro avevano già tagliato la lingua e dunque non poteva dire nulla comunque. Lo torturavano per paura e odio razzista, e non altro.
Bergoglio e la grande “umanità” dell’impero russo descritta dallo stesso Pushkin
In “La figlia del capitano” sono descritti questo e tanti altri orrori di ciò che Bergoglio definisce nientemeno come “grande impero di tanta cultura e tanta umanità” ai tempi di Caterina II e Pietro il Grande.
Che erano i tempi in cui l’impero russo aveva così tanta umanità da tagliare lingue ai prigionieri, frustarli per puro razzismo, torturare, deportare, tagliare teste a destra e a manca, condannare a morte gli innocenti, e tanta altra “umanità”.
Tutta una “umanità” imperiale descritta per altro da diversi scrittori che hanno vissuto nello spazio dominato dall’impero russo e che rischiavano o subivano l’esilio, la Siberia o la morte ogni volta che scrivevano una parola di troppo. Compreso Pushkin, il quale se sgarrava di un pochettino lo avrebbero internato “umanamente” nell’inferno gelato della Siberia o ucciso seduta stante.
Non a caso, lo stesso Pushkin fu esiliato da Mosca già nel 1820 e costretto a vivere nel Caucaso, poi in Ucraina e in Bessarabia (l’odierna Moldavia) per poi tornare a Mosca ed essere controllato e censurato. Essendo controllato dalla censura zarista, doveva necessariamente edulcorare i suoi scritti con qualcosa di indiretto.
Un poco come facevano Verdi e tanti altri artisti dell’epoca nell’Italia dominata dagli austriaci. Su questo piano, “La figlia del capitano” è anche un capolavoro di sopravvivenza in un mondo disumano, soprattutto per gli scrittori e tutti i veri artisti.
Ma Bergoglio, evidentemente non sa nulla di tutto ciò. Forse non ha letto o non ha ben capito Pushkin, che era un liberale convinto. Eppure “La figlia del capitano” è uno dei suoi scritti più famosi. Ed è una novella molto semplice da leggere. Ne esiste un abbondante numero di buone traduzioni, non solo in italiano ma anche in spagnolo argentino. Oppure lo ha capito benissimo. Il che sarebbe pure peggio.
Pietro il Grande, quello tanto “umano” da torturare e uccidere suo figlio
Per quanto riguarda Pietro il Grande, forse Bergoglio ignora che la sua “umanità” fu talmente evidente da sterminare gli strelizzi e tanti altri. Tra i suoi gesti “umani”, ad esempio, Pietro il Grande uccise il proprio figlio dopo averlo torturato.
Ora, che uno storico parli in questi termini così cinici ci può anche stare. Ognuno ha la propria coscienza e la propria morale. Ma che dica queste sconcezze uno che è stato legittimamente eletto Papa e vicario di Cristo morto in croce, fa impressione.
Soprattutto quando lo dice un papa del secolo XXI e non del secolo XVII o XVIII, cioè ai tempi dell’inquisizione. E per giunta nel contesto attuale in cui è evidente che l’odierno impero russo non va per il sottile in quanto a distruzioni e massacri, chiese e bambini compresi.
Che chiami le nuove generazioni russe a riferirsi alla barbarie disumana dell’impero russo del XVIII secolo è oggettivamente sconcertante. Si rimane quanto meno basiti. E si capisce come mai ci sia di nuovo una guerra atroce in Europa.
Per sdrammatizzare, sarebbe da rispondere con una battuta cinematografica intramontabile: come è umano lei, papa Bergoglio.
In questo filmato le parole di Bergoglio ai giovani russi. Parla in italiano e quindi per gli italiani non è necessario leggere i sottotitoli in russo per capire cosa gli esce dalla bocca.
In copertina, statue sul colonnato di piazza san Pietro a Roma. Foto di Xavier Coiffic su Unsplash. Spicca la statua di Santa Caterina d’Alessandria scolpita da Lazzaro Morelli tra il 1662 e il 1665.