di Guido Rizzo Cavadi
In un cinema dei primi anni ’50, un bimbo di sei anni rimane turbato dalla visione di una scena violenta del primissimo film della sua vita. L’esigenza di razionalizzare lo shock subìto attraverso la riproduzione della scena con modellini giocattolo e con una telecamera economica segna l’inizio di una passione che, nel giro di una ventina di anni, porterà quel bambino al massimo grado di realizzazione personale.
L’incipit narrativo di The Fabelmans mette subito in chiaro una cosa: artisti si nasce e, se uno ha talento, prima o poi questo talento verrà fuori. Sta nell’apertura mentale e nella saggezza di chi ci circonda saper comprendere e gestire un simile dono della natura, specialmente se a possederlo è un bambino che deve ancora trovare la sua strada.
Un percorso difficile
Diviso tra un padre ingegnere che aspira a un percorso più tradizionale per il figlio e una madre pianista che ne asseconda l’indole creativa, il primogenito dei Fabelmans, Sammy, ben presto si ritrova innanzi alla scelta più difficile della sua vita: che cosa fare da “grande”.
A questo dramma esistenziale, già esasperato dalle contrastanti aspettative dei genitori e possibilmente alimentato anche dalla condizione di benessere economico familiare, fanno da contorno frequenti episodi di bullismo scolastico. Si palesano crisi affettive che toccano Sammy da molto vicino. A bilanciare il tutto, la presenza di persone positive e stimolanti come le sorelle minori e lo zio Boris, ma anche e soprattutto l’irrefrenabile desiderio di filmare, montare e proiettare.
Tutto passa al vaglio della ciclopica telecamera che, catturando in modo obiettivo la vita che scorre davanti al suo occhio, sembra elevare Sammy a giudice della realtà circostante il cui verdetto viene espresso in sede di montaggio finale. Ed è proprio qui che, almeno in un paio di occasioni significative, Sammy arriva anche a trasformarsi in una sorta di “mangia-peccati”. Un po’ come l’Alan protagonista di The Final Cut interpretato dallo scomparso Robin Williams.
Il più bel regalo di Spielberg
The Fabelmans è una dedica di Steven Spielberg (alias Sammy Fabelman) ai suoi genitori. Inoltre, è un omaggio al cinema: notevoli i lunghi stacchi sulle bobine e sugli altri “ferri del mestiere”.
Ed è anche un augurio a tutti gli aspiranti registi e videomaker che, almeno una volta nella loro vita, abbiano preso in mano una videocamera. E che, perciò, hanno l’obbligo morale di vederlo. La sequenza finale ambientata a Hollywood è una perla. Magistrale.
Scheda tecnica
(maggiori informazioni da Cinematografo.it)
Regia: Steven Spielberg
Attori: Michelle Williams – Mitzi Fabelman, Paul Dano – Burt Fabelman, Seth Rogen – Bennie Loewy, Gabriel Labelle – Sammy Fabelman, Jeannie Berlin – Haddash Fabelman, Julia Butters – Anne Fabelman, Robin Bartlett – Tina Schildkraut, Keeley Karsten – Natalie Fabelman, Judd Hirsch – Boris
Sceneggiatura: Steven Spielberg, Tony Kushner Fotografia: Janusz Kaminski Musiche: John Williams Montaggio: Sarah Broshar, Michael Kahn Scenografia: Rick Carter, Andrew Max Cahn – art director Costumi: Mark Bridges Effetti: Mark Hawker, Jeffrey Kalmus – Visual Effects Suono: Ronald Judkins Durata: 151 minuti. Colore: C Genere: DRAMMATICO
Produzione: UNIVERSAL PICTURES, STEVEN SPIELBERG, KRISTIE MACOSKO KRIEGER, TONY KUSHNER, AMBLIN ENTERTAINMENT
Distribuzione: 01 DISTRIBUTION, LEONE FILM GROUP
Data uscita in Italia 15 dicembre 2022.
Trailer ufficiale in italiano:
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