di Gabriele Bonafede
Con la scomparsa di Guido Baragli va via un pezzo di storia di Palermo e ben oltre. Ci lasciano le storie e la storia della sua pittura, non solo del XX o XXI, ma anche del “XXX secolo”. Quella sua pittura che Guido amava definire “classica”.
E così è. La sua è una pittura non classicista, ma classica, nella prima accezione che ne fornisce il Vocabolario Treccani: «appartenente alla prima classe dei cittadini». E, riferito agli scrittori e agli artisti «di prim’ordine».
In quanto classica, pittura che non è ancorata a un secolo, ma che vuole scavalcare i millenni. E dunque, quale “pittura del XXX secolo”. “XXX secolo”, dicitura spesso presente nei suoi modi di comunicare. Concetto espresso in ogni sua opera.
Prim’ordine senz’altro, nel panorama artistico italiano. E per quanto riguarda Palermo, quale maestro principale. Perché la “Scuola di Palermo”, riferito alla pittura, non poteva esistere senza l’opera di Guido Baragli maestro ispiratore nei modi, nei soggetti, nei tempi e nella sperimentazione come nella ricerca e nella stratificazione dell’evoluzione tecnica.
Guido Baragli e l’ispirazione
Per chi scrive è un commiato doloroso, drammatico, lacerante. Non solo perché ci siamo conosciuti praticamente dalla nascita e abbiamo frequentato il Liceo Artistico di Palermo negli stessi anni. E non solo perché la nostra amicizia è diventata più frequente dal mio ritorno a Palermo una decina di anni fa. Ma soprattutto per le sue opere, la sua opera.
L’arte di Guido Baragli ha infatti un effetto ispiratore di una potenza indescrivibile. E quando dico arte, non mi riferisco solo alle opere pittoriche, ma anche agli scritti e al dialogare attraverso parola e immagine. Attraverso definizioni e affermazioni, domande e risposte, colori e luce, movimento e note.
Di baci, movimento e luce
I baci dipinti da Guido Baragli sono baci in movimento, attraversati da un coro di segni ed espressioni. Gli ibischi a lui cari e gli altri fiori emanano la luce e il profumo del Mediterraneo. Le barche comunicano la trama vitale dello sciabordio marino sotto il sole invasivo di Mondello.
Mondello era la casa di Guido. In quell’atelier dalle cento e più opere, che materializzavano le sensazioni di un viaggio, mille viaggi, attraverso l’intero continente europeo per convogliarsi nella baia palermitana grazie al suo pennello.
I suoi orsacchiotti di peluche, in recenti mostre, sublimano l’incredibile leggerezza dell’infanzia. Le devote frasi dipinte per la Santuzza di Palermo, Santa Rosalia, esaltano la gioia di vivere tra l’oro spirituale della Conca.
Le maglie rosanero della sua Palermo calcistica ne completano il calore materiale. Le forme dei frutti, i particolari degli occhi e le sagome degli alberi, raccontano vita e fato.
Non bastano migliaia di parole per descrivere le opere e l’opera di Guido. Qualsiasi discussione è sempre stata poco al cospetto di un suo “pezzo”.
E in questo pezzo di storia tra addì Natale 1962 e 3 febbraio 2023, a cavallo tra il XX e il XXI secolo, Guido ha prodotto un ampio ventaglio di opere del XXX secolo. Classiche, come l’ibisco e il bacio, come il sole e la vita, il colore e la luce.
In copertina, Guido Baragli, selfie pubblicato sui social.