“Mille giorni che non vieni”, edito da Sellerio, è un “giallo ribaltato” pervaso di poesia della semplicità
di Gabriele Bonafede
L’oceano di gialli che abbiamo letto negli ultimi anni termina, come è d’uopo per i gialli, con l’assicurazione del colpevole alle patrie galere. L’omicida, se non viene punito in altra forma, viene rinchiuso in carcere. Ma cosa succede, dopo, nella vita dell’”antieroe”?
Lo racconta Andrej Longo in “Mille giorni che non vieni” (Sellerio 2022).
L’antieroe-eroe del romanzo è Antonio Caruso, uno che i guai giudiziari se li è ritrovati spiattellati dalla vita marginale nelle peggiori periferie napoletane.
Ma sono guai che si è anche cercato quale distorta via di riscatto sociale: dal piccolo spaccio a una piccola banda di amici violenti il passo è stato breve e consumato nella prima giovinezza.
Non sa nemmeno lui perché si ritrova improvvisamente fuori di prigione, anche se ha scontato solo sei anni sui tredici della sentenza.
Lo si scopre attraverso la maestria narratrice di Andrej Longo che pone il lettore finalmente di fronte al contesto della frase “nessuno tocchi caino”.
La poetica prosa di Andrej Longo si conferma
L’umanità che traspare dalle righe di Longo non è solo accattivante, è il caso di dirlo, ma anche poetica a modo suo. Una “poetica prosa” che trae linfa dal suo stile asciutto e diretto, certo, ma anche dalla semplicità del protagonista, Antonio, e del suo mondo. Un mondo del suo nido familiare che mantiene una sua purezza nonostante tutto. E, forse, proprio perché è un mondo tanto difficile quanto abbandonato a se stesso, se non peggio.
Si dipana così una prosa trainata dal rapporto di puro amore paterno con la figlia, “autrice” della frase che fornisce il titolo al romanzo. Il protagonista è infatti un giovane dell’Italia povera e marginale di oggi che diventa, a ogni passo, a ogni parola, canto di vita materiale e spirituale nonostante l’orrore e le disperazioni che ci vengono raccontati.
Fuori e dentro il carcere, Antonio attraversa e affronta un percorso che è una sfida per emergere dall’illegalità, se e in quanto sarà possibile. E fino a metà del romanzo, sembra che questo percorso, intimo quanto sociale, rimanga l’unico tema di “Mille giorni che non vieni”.
Dal percorso personale al compimento del “giallo ribaltato”
Ma poi il racconto completa anche il percorso del “giallo ribaltato”, dove il pregiudicato ex-galeotto, deve sviluppare ulteriormente le sue qualità di investigatore su passato, presente e futuro. Qui, Longo conferma le sue doti di narratore della suspense e del thrilling, come già visto in “Solo la pioggia”, pubblicato sempre da Sellerio nel 2021 e vincitore del Premio Letteraria narrativa italiana 2022.
In questa seconda parte, Longo ci fa interrogare in maniera ancora più cruda sulla giustizia umana, che tutto può essere tranne che giusta, proprio perché è umana.
E il “ribaltamento del giallo”, anche se a scapito dell’intrinseca poesia del percorso umano individuale e familiare, appare, così, completo.
In copertina un’immagine di Napoli al tramonto. Foto di Judi Smith su Unsplash