di Gabriele Bonafede
Quando vedi, e partecipi, uno spettacolo di Scaldati è come se chiudessi gli occhi sul mondo e per questo li aprissi spalancati a sondarne gli anfratti più nascosti. Ne puoi vedere di più: l’anima e l’intenso attimo dell’eterno fluire tra il giorno e la notte. In “Il Cavaliere Sole” c’è l’anima di Scaldati e dunque l’anima di Palermo, di una Palermo infinitesima e dunque immensa, la città degli ultimi e dunque la città dei primi.
In particolare, nella rappresentazione in questi giorni al Teatro Biondo c’è qualcosa in più. C’è l’elaborazione che distanzia il retaggio poetico del Sarto e dunque l’avvicina.
La regia di Cinzia Maccagnano, su idea di Enzo Venezia e Mario Incudine, propone infatti un’anima scaldatiana in musica e abbanniata. Ne propone dunque l’intrinseca palermitanitudine: lo spirito, particolare e reinterpretato, che emana dal sempiterno umido delle balate alla Vucciria, al Capo, al Borgo Vecchio, a Ballarò.
Come se il costruito umano e naturale nella valle dell’Oreto, quella dei Colli e delle spiagge, insieme ai monti intorno, salisse e scendesse in un loop continuo tra terra e luna. E, infine, divenisse cavallerescamente soleggiata a giammai.
Il Cavaliere Sole: la palermitanitudine
E non poteva essere diversamente con un cast che è una specie di Nazionale Palermitana di attori in scena. Alla prima italiana di venerdì scorso c’è in campo una rappresentativa coadiuvata anche da altri attori presenti in platea. Nel pubblico troviamo il sostegno di tanti grandi attori palermitani accorsi a godere del Cavaliere Sole ed applaudirne.
È stata certamente una festa. Una brillante festa da taverna, con il vino trasformato in poesia del Sarto. Lui, il Cavaliere Sole, dispensa raffinata generosità alle cose della terra e del Giardino dove non si muore mai. E può essere di tutto: foresta come palude, scala di Babele come discesa all’inferno, luna e sole allo stesso momento. Chicchirichì dell’ubriaco o dell’invitato al nascere del giorno. Corteggiamento filosofico nato dall’onnipotente delirio della povertà e, per questo, delirio di fantomatica ricchezza elevata ad opulenza della poesia.
Scaldati ispira, trasforma, induce, partecipa laddove meno te lo aspetti. “È sparito Monte Pellegrino”, dice il Cavaliere Sole. Ed è proprio perché sparisce che lo ritroviamo nel nostro immaginario, ancora più presente. Lassù, con il suo profilo tuttora incolume e la Santuzza che aleggia su tutto e tutti, come sempre.
“È sparita la spiaggia di Mondello”, altro elemento naturale che non può non esistere nell’immaginario della palermitanitudine. “Sono spariti i cavalli del Politeama”, volarono come vogliamo immaginare che sia: perché è della palermitanitudine che sono figli.
Figli di Scaldati
I cavalli del Politeama, figli della vanagloriosa presunzione di una Palermo che fu. Figli partoriti dalla Palermo borghese quanto dagli ultimi: i barboni ubriachi dell’ultimo vicolo ingrasciato. E sono loro, questi ultimi, che possono aprire le vie verso l’ignoto, verso l’eterna conquista della fantasia, verso il sole e la luna.
Sono loro, i nostri figli che partono verso spiagge e vicoli lontani, ad aprire una via verso il futuro. Sia essa rischiarata dal Sole o dalla speranza, dal concreto sogno di un amore magnetico e irrinunciabile: Palermo rimane e rimarrà magnete per l’anima, anche quando si parte nello spazio e nel tempo.
Così che, infine, nemmeno la morte fermerà il palermitano che canta e abbannìa ogni mattina. Nemmeno la morte fermerà il rinnovarsi dell’amore tra pomodori e lattughe, tra vicolo e cortile, tra spiaggia e giardino. L’amore tra l’uomo e la propria, infima e sublime, terra.
Il Cavaliere Sole
Prima nazionale
di Franco Scaldati, un progetto di Enzo Venezia e Mario Incudine
Regia Cinzia Maccagnano, musiche originali Mario Incudine, scene e costumi Enzo Venezia, luci Antonio Sposito.
Personaggi e interpreti (in ordine alfabetico): Lucia/Delicata/Vecchio Serena Barone, Settimo Paride Benassai, Il Cavaliere Sole Gino Carista, Salamone/Angelo/Giovane Mario Incudine, Fanciulla Egle Mazzamuto, Bartolo Antonio Pandolfo, Giovanni Salvo Piparo.
Musicisti Salvatore Clemente, Michele Piccione, Antonio Vasta, direttore di scena Valentina Enea, assistente di produzione Ezio Trapani, scenografa assistente Giusi Giacalone, assistente ai costumi Ilenia Modica, assistente volontario alla regia Giuseppe Bongiorno (allievo Scuola del Teatro Biondo), assistente volontaria alle musiche Lia Chiara Ceravolo (allieva Scuola del Teatro Biondo), coordinatore dei servizi tecnici: Giuseppe Baiamonte | macchinisti: Raimondo Cammarata (vice capo reparto macchinisti), Mario Ignoffo (primo macchinista), Francesco La Manna | fonici: Manfredi Di Giovanni, Daniele Bruna | sartoria: Erina Agnello (capo sarta), Caterina Ingrassia | amministratore di compagnia: Andrea Sofia.
Produzione Teatro Biondo Palermo. Dal 19 al 28 novembre 2021 al Teatro Biondo, Sala Grande.
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