di Gabriele Bonafede
È difficile sintetizzare l’infinito scorrere dei frammenti che compongono il percorso tra l’infinitesimo e l’infinito. Più che difficile, è impossibile. Ne rimane però la sublimazione, come avrebbe detto lo stesso Carlo Scarpa: nel tempo, nello spazio e nella materia.
Così che, “il difficile mestiere dell’architetto” diventa invece possibile. Tanto da essere sintetizzato, laddove c’è l’arte, in un frammento teatrale che si compie in poco più di un’ora di rappresentazione. Qui, il delirio del racconto riesce a fondersi, in osmosi, con il nascosto passaggio dal particolare all’immenso. E, dunque, nell’arcano passaggio dalla vita alla morte, e oltre la morte. Divino delirio, dunque.
Su Carlo Scarpa sono stati scritti fiumi d’inchiostro e sono state impartite secoli di lezioni. Francesco Dal Co, allievo di Scarpa, ne ha raccontato le opere con una chiarezza che sfiora l’onirica certezza del ricordo personale. E quando vediamo in scena la pièce di Vitaliano Trevisan “Il delirio del particolare”, possiamo immaginare che il personaggio dello “storico dell’architettura”, sia lo stesso Dal Co (qui una delle sue lezioni su Carlo Scarpa).
È dunque un viaggio tanto onirico quanto materiale; tanto sublimato quanto concreto: architettonico. E di questa architettura al contempo artigiana e visionaria, organica e razionale, metafisica e peculiare, è senz’altro creatore il convitato di pietra del delirio del particolare: Carlo Scarpa architetto.
Il delirio del particolare al Teatro Biondo di Palermo
La messa in scena di Giorgio Sangati al Teatro Biondo di Palermo trasforma il ristretto spazio del “ridotto”, la Sala Strehler, in uno spazio dilatato. Come se fosse un’immaginifica sala ideata da Bulgakov dove il deus ex-machina è lo stesso Scarpa: un Woland-architetto, tanto potente quanto imperfetto.
Il racconto prende parola da una donna che ha commissionato la propria villa al famoso architetto e ne vive gli spazi per un’ultima volta, prima di distaccarsi dai ricordi di una vita. Rivive quegli spazi in equilibrio tra tradizione e novità, tra ricordi e futuro, tra conoscenza e creatività. Il metodo stesso di Carlo Scarpa è così rappresentato in scena, azione e parole. Modellando e intagliando insieme, in un percorso teatrale che entra in intimo contatto con il progettare.
“Questi due archetipi, modellare e intagliare, sono continuamente utilizzati da Scarpa”, ricorda Dal Co. Nella rappresentazione teatrale, il frammento intagliato modella così l’insieme, procedendo dal delirio del particolare all’umana (im)perfezione del tutto. Producendo così una delle infinite soluzioni possibili all’intagliare e al modellare lo stesso spazio definibile dalla creazione architettonica.
La donna narrante, impersonata da Maria Paiato, dialoga tanto con l’architettura nella quale ha vissuto quanto con lo straordinario architetto che l’ha generata. Indugiando sul fatto progettuale senza alcun timore di dissacrarne il genio, riportandolo a una divina umanità: quella della finita e imperfetta creatività umana, appunto.
Così che il monologo non è sostenuto solo dal dialogo con gli attori che lo rinforzano amabilmente, Carlo Valli e Alessandro Mor, ma soprattutto dall’anima stessa di Scarpa. Che aleggia nel particolare delirio della donna con il totalizzante genio creativo. Trasformandolo, infine, in “musica dell’architettura”.
Il delirio del particolare
di Vitaliano Trevisan, regia Giorgio Sangati con Maria Paiato e con Carlo Valli e Alessandro Mor. Scene Alberto Nonnato, costumi Gianluca Sbicca, musiche Michele Rabbia, luci Cesare Agoni, assistente alla regia Valeria de Santis, produzione Teatro Biondo Palermo / Centro Teatrale Bresciano
Dal 3 al 14 novembre 2021 al Teatro Biondo di Palermo.
Foto in copertina e dell’articolo, di Serena Pes.