A Torretta l’operazione “Crystal Tower”
di Giovanni Burgio
Mercoledì 14 luglio nove persone sono finite in carcere, una ai domiciliari, una con obbligo di dimora, una indagata. L’operazione antimafia Crystal Tower, portata a termine tra Torretta e gli Stati Uniti, sa di passato.
Un passato remoto che va indietro fino al 1988, quando Giovanni Falcone e Rudolph Giuliani conclusero un’altra indagine antimafia, quella allora denominata Iron Tower. I luoghi sono gli stessi: Torretta, il piccolo paese dietro le montagne che circondano Palermo, e New York; le famiglie mafiose coinvolte portano gli stessi cognomi: Gambino e Inzerillo; organizzazione, rituali e legami sempre uguali e sempre solidi.
Elementi di novità
Un elemento di novità forse c’è, e sta nell’intervento diretto, preciso e profondo nella vita politica locale. A Torretta, che conta quattromila anime, due fazioni contrapposte all’interno dello stesso clan si contendono la futura amministrazione comunale con due liste differenti e a colpi di propaganda e clientele. Tanto da raggiungere i medesimi gruppi familiari.
In questo caso il capo indiscusso del territorio, Raffaele Di Maggio, si tiene fuori la disputa, facendo da pacificatore. Ma il potere di condizionare la vita pubblica da parte della mafia è forte, tanto da far commissariare il Comune.
Forse anche le rigide regole di Cosa Nostra oggi possono essere più flessibili e meno rigide di una volta. I due imprenditori edili di Torretta, i fratelli Natale e Francesco Puglisi, possono effettuare dei lavori nei vicini paesi di Carini, Capaci e Isole delle Femmine, comuni che formalmente ricadono nel mandamento di San Lorenzo – Tommaso Natale. Loro, cioè, di un territorio appartenente al mandamento Passo di Rigano – Boccadifalco, hanno il permesso di sconfinare in luoghi che appartengono ad altri boss.
Mafia, il passato che ritorna
Ma un altro episodio che ha sempre i due fratelli Puglisi come protagonisti evidenzia il fatto di maggiore importanza di questa operazione antimafia: il profondo legame fra le famiglie siciliane e quelle americane.
Ernest Grillo, della famiglia Gambino di New York, deve addirittura venire dagli Usa per perorare la causa dei Puglisi che si sentono esclusi dalla spartizione degli affari a Torretta. Ed è in America, dove il figlio di uno dei due imprenditori è volato, che si ha l’OK sull’avvenuto consenso alla concessione dei lavori.
La continuità e la perpetuazione delle regole di Cosa Nostra si vedono anche nella formale “investitura” del nuovo capofamiglia locale. Raffaele Di Maggio, figlio di Giuseppe capo riconosciuto di Torretta, succede in linea diretta al padre, obbedendo al principio organizzativo che è la famiglia che controlla rigidamente tutte le attività del territorio. Tutti i componenti del clan, insomma, s’inchinano alle vecchie regole dell’organizzazione.
La cruda realtà quotidiana della mafia
Il racconto di questa saga Torretta-USA si può concludere con un episodio tanto quotidiano quanto sconcertante. Il pentito Antonino Pipitone ha rivelato che Lorenzo Di Maggio riceveva i bigliettini da consegnare a Matteo Messina Denaro all’AMAT, l’azienda dei trasporti di Palermo dove lui lavorava. Dopodiché lui li consegnava a Calogero Caruso, un impiegato del comune di Torretta, che con la macchina del comune si recava a Campobello di Mazara per farli avere al superlatitante.
Si può dire quindi che il fenomeno mafioso non è una cosa aliena, lontana dalla nostra società civile. Al contrario, è immerso e ben mimetizzato attorno a noi, e possiamo incontrarlo in ogni momento della nostra giornata, in un qualsiasi ufficio pubblico o persino sull’autobus.
In copertina il piccolo centro di Torretta (PA), foto tratta da Wikipedia, di Ziegler175 – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=33130054