Nelle fiorenti piantagioni di cannabis stava per scoppiare una nuova guerra di mafia
di Giovanni Burgio
Che Partinico fosse un territorio disseminato di piantagioni di erbe allucinogene lo si sapeva già da molti anni. Ma che in questo entroterra palermitano ci fossero schiere di personaggi tanto competenti, esperti e specializzati nella coltivazione del “fumo”, da esportare il loro “know-how” in tutta la Sicilia lo abbiamo scoperto nelle due operazioni antimafia “Gordio” dei carabinieri e “Parsiniqua” della Dia.
Infatti, lunedì 5 luglio, ben 63 persone sono finite in carcere, 18 agli arresti domiciliari, 4 sottoposte a obblighi di dimora, 16 indagate.
Come è emerso dalle intercettazioni, a Ragusa, Butera, Riesi si sono realizzati anni e anni di esperienze e conoscenze maturate nei campi di coltivazione.
Quale tipo di sementi scegliere fra la “moby dick”, fragile e gigante, o la “shunk”, creata negli anni ’80, resistente e produttiva; quale qualità si deve preferire tra la spagnola e la pakistana; considerare sempre che se le piante vengono illuminate con le lampade vengono più forti; soprattutto bisogna studiare la qualità del terreno, per poi optare fra le diverse tipologie di erbe. Insomma, Partinico era diventata una vera e propria “università degli studi” della cannabis.
La balcanizzazione del territorio di Partinico
Il mercato si è rivelato così fiorente e redditizio che negli ultimi quattro anni sono stati ben cinque i gruppi criminali che si sono occupati della coltivazione, raccolto e smercio della droga. Cinque clan sempre guardinghi e sospettosi l’un dell’altro, cauti e attenti alle proprie e altrui mosse. Cinque consorterie pronte a impugnare le armi e farsi la guerra.
“Una balcanizzazione del territorio” l’hanno definita gli investigatori, che sono intervenuti proprio per evitare di far scorrere fiumi di sangue. Una conferma indiretta di quanto dichiarato dal boss pentito Filippo Bisconti che, riferendosi al territorio di Partinico, dice che negli incontri propedeutici alla riunione della Commissione provinciale del 29 maggio 2018 Cosa Nostra non ebbe il tempo di porsi “il problema della verifica della copertura della zona partinicese”. Cioè, Cosa Nostra non era sicura di controllare Partinico e dintorni.
Cinque gruppi si contendono il potere a Partinico
Dei cinque gruppi individuati, tre si rifanno direttamente ai Fardazza, la potente famiglia Vitale del mandamento mafioso di Partinico che è composta da cinque fratelli: Leonardo, Vito, Michele, Giuseppina, Antonina.
Il primo gruppo è guidato da Michele Vitale, figlio di Vito. Il secondo vede assieme Antonina Vitale e il figlio Michele Casarubbia. Il terzo ha la sua figura di rilievo in Nicola Lombardo, genero di Leonardo Vitale.
Gli altri due gruppi esterni ai Vitale fanno capo ai fratelli Maurizio e Antonino Primavera e ai fratelli Gioacchino e Raffaele Guida.
Ma la vita interna al clan Fardazza non è per niente tranquilla e pacifica, anzi. Assieme alla sorella Nina, e ai due nipoti Michele Vitale e Michele Casarrubia, è stata arrestata Giusy Vitale, la ex pentita che in realtà era tornata a gestire il traffico di cocaina con la famiglia Casamonica di Roma.
E tra le due sorelle, Nina e Giusy, non corre buon sangue. Tanto che Nina mette in guardia il figlio Michele Casarrubia dalla zia Giusy che, visto il suo passato di pentita, sarebbe capace di “vendere” i familiari agli “sbirri”.
Il “bisogno di mafia”
Ma comunque la famiglia Vitale ha ormai acquisito prestigio e carisma a Partinico e nel territorio circostante. Se ci sono problemi, controversie e “lezioni da dare” è a loro che si deve fare riferimento. In particolare è Nicola Lombardo, genero del capomafia Leonardo Vitale, ad assumere un ruolo di rilievo.
Nelle intercettazioni si sente un padre che chiede vendetta per le botte ricevute dal figlio davanti una discoteca dall’addetto alla sicurezza; un agricoltore vuole che si intervenga contro un pastore che ha portato le pecore a pascolare nel suo terreno, rovinandogli il raccolto; ecc. ecc.
Se ne deduce che il vecchio potere dei capibastone è ancora forte ed efficiente, e conta molto di più dello Stato e delle sue leggi. Il “bisogno di mafia” è vasto, diffuso, e tuttora molto vivo.
I legami con le altre mafie
Nelle indagini si è accertato che per l’approvvigionamento della cocaina, oltre che con il potente gruppo criminale rom dei Casamonica nel Lazio, i vari gruppi hanno stretto legami d’affari con la camorra napoletana e soprattutto con la ‘ndrangheta calabrese. In particolare con la ‘ndrina dei Pesce di Rosarno e alcuni calabresi di Milano e Bergamo.
A buona ragione si può quindi definire Partinico la Medellin d’Italia.
In copertina, la cittadina siciliana di Partinico. Foto tratta da Wikipedia. Di Royo82 – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=19174519