di Franco Lo Piparo
Il mio vecchissimo amico Piero Violante (pensate, siamo stati compagni d’asilo) ha trovato «sgradevole» un mio intervento su Karl Marx (qui l’articolo dal titolo “Serve Marx?“).
Sgradevole? Mi sembra un aggettivo fuori luogo. La divergenza di valutazioni non è mai sgradevole. Vado al merito delle questioni sollevate da Piero.
Piero Violante dice: «alcune analisi di Marx aiutano a comprendere la crescita della diseguaglianza, la globalizzazione, la finanziarizzazione del capitale». Diffido delle teorie che spiegano tutto. Marx spiega la democrazia ateniese, il feudalesimo, la schiavitù, il capitalismo sette-ottocentesco, la crisi del 29, adesso anche il capitalismo digitale, la globalizzazione, la finanziarizzazione del capitale, tutte le crisi possibili del capitalismo.
Qualcuno mi potrebbe indicare qualcosa che Marx non riesce a spiegare? O, per dirla con Popper, mi potrebbe indicare cosa potrebbe falsificare Marx? Mi pare nulla. Per me questo è più che sufficiente per farmi pensare Marx più come un santone che come uno scienziato.
La limitata utilità di Marx nel XXI secolo
Piero Violante dice: Marx ha scoperto «il carattere di feticcio della merce». Ne sei sicuro Piero? A me risulta che Marx ha detto con terminologia hegeliana una vecchia idea di molti filosofi medievali.
Questi non parlavano di feticcio ma di demonizzazione del denaro e dello scambio mercantile ma ti assicuro che il concetto non è molto dissimile. Il fatto che Adorno abbia potuto «travasare la nozione nella teoria estetica» – altra tesi di Violante – depone a favore della creatività di Adorno ma non è una prova del potere esplicativo della nozione.
Piero Violante dice: Marx ha scoperto che «il naturale o ciò che si spaccia per naturale (come ad esempio il mercato e le leggi di mercato) è l’esito di un processo storico». Che ogni assetto istituzionale e sociale sia il risultato di un processo storico mi sembra una banalità.
Karl Marx e le pazzie totalitarie del Novecento
Ma forse Piero si riferisce alla versione forte della tesi e cioè che non esiste una natura umana e l’uomo è solo e soltanto storia e quindi modificabile ad libitum.
Questa è una tesi sbagliata e anche fonte delle pazzie politiche totalitarie e disumane del Novecento. Sbagliata perché antropologia, psicologia, scienze cognitive ci mettono costantemente sotto gli occhi le costanti bio-socio-cognitive che sorreggono la variabilità delle vicende umane. Fonte di pazzie politiche perché è alla base dei progetti della costruzione del cosiddetto «uomo nuovo» o, per dirla col Manifesto, della costruzione di una società dove esisterebbe solo libertà e non necessità. Quindi, caro Piero, delle «storture del socialismo reale» Marx non è del tutto innocente.
Torniamo al problema che ponevo: Marx ci aiuta a capire che cosa bisogna fare nei prossimi cinquanta anni (50 e non 2000) per rendere più giusto l’assetto dell’umanità nelle sue varie articolazioni? Se le originalità di Marx sono quelle enumerate dal mio vecchio amico Piero mi pare che la risposta non possa che essere negativa.
In copertina, monumento a Karl Marx, Brückenstraße, Chemnitz, Germania. Foto di Maximilian Scheffler su Unsplash. Qui foto originale.