di Gianluca Navarrini
Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in queste ore in discussione, è prevista «la semplificazione delle procedure per l’abilitazione all’esercizio delle professioni, rendendo l’esame di laurea coincidente con l’esame di stato, con ciò semplificando e velocizzando l’accesso al mondo del lavoro da parte dei laureati» [cfr. PNRR 23 aprile 2021, pag. 200].
Se la laurea abilitante venisse introdotta così, senz’altro accorgimento, questa misura rischierebbe – a mio sommesso avviso – di risultare costituzionalmente illegittima.
Esame di stato e Costituzione
Gli esami di stato sono infatti prescritti dalla Costituzione (art. 33, comma 5), che distingue tre diversi livelli: quello per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole, quello per la conclusione del ciclo di studi e quello per l’abilitazione professionale. Tre distinti esami di stato non sovrapponibili, perché aventi funzione diversa.
Sul tema è più volte intervenuta anche la Corte costituzionale, ricordando che l’esame di stato è necessario – e insostituibile con mezzi equipollenti – giacché ha la funzione di verificare il possesso delle competenze minime necessarie per rendere agli utenti un servizio di qualità (Corte cost. sentenze n. 345/1995, n. 29/1990, n. 207/1983, n. 174/1980). La Consulta conferma inoltre che l’esame di stato non può essere, almeno tendenzialmente, confuso con quello che certifica la conclusione del ciclo degli studi (Corte cost. sent. n. 43/1972 e n. 111/1973).
Questa unificazione dei due esami di stato potrebbe ammettersi solo allorché il percorso di studi sia concretamente professionalizzante e sempre che l’esame che chiude il percorso degli studi possa dare ai cittadini piena fiducia nel neo-professionista. L’esame, perciò, dovrebbe consistere in un serio e oggettivo accertamento della preparazione tecnica e della maturità professionale del candidato (Corte cost. sent. n. 26/1990).
In Italia, oggi, i corsi di laurea in genere non sono professionalizzanti e la discussione di una tesi di laurea magistrale non mira mai ad accertare la generale preparazione tecnica e la maturità professionale del laureando. Perciò, a mio avviso, per introdurre legittimamente la laurea abilitante – fermo restando il testo della Costituzione – si dovrebbero rendere professionalizzanti i corsi universitari e, soprattutto, i conclusivi esami di stato.
Professionalizzazione dei corsi di laurea e giustizia sociale
Rendere professionalizzanti i corsi significa introdurre anche un forte strumento di giustizia sociale, fornendo, già durante gli studi universitari, quelle nozioni pratiche che si apprendono durante un tirocinio, che di solito viene svolto dopo la laurea. Il tirocinio successivo alla laurea, infatti, rischia di diventare un ostacolo di fatto all’accesso alla professione, favorendo chi ha alle spalle una famiglia in grado di sostenere il giovane per almeno altri due o tre anni e, magari, di indirizzarlo verso un tirocinio di qualità.
Queste condizioni scoraggiano quei laureati che non possono permettersi altri anni di attesa – senza contare l’incognita dell’esito dell’esame di stato – prima di poter intraprendere un’attività lavorativa.
Infine, anche a voler far coincidere l’esame finale di laurea con l’esame di stato, occorre tener presente che ci sono persone – e non sono pochissime – che per laurearsi ci impiegano una decina di anni, se non di più. In tal caso quanto appreso all’inizio del percorso potrebbe essere stato in tutto o in parte dimenticato, oppure non essere più al passo con i tempi.
Molte nozioni tecniche, nel giro di pochi anni, risultano ampiamente superate e non rappresentano più lo stato dell’arte. L’esame di stato deve servire a verificare se l’aspirante professionista abbia almeno una preparazione mediamente aggiornata.
Esame di laurea coincidente con l’esame di stato
Quindi – malgrado io sia favorevole all’eliminazione dei tirocini e degli esami di stato successivi alla laurea – credo che l’intento possa essere ragionevolmente e compiutamente raggiunto solo a patto di modificare i corsi universitari. Altrimenti rischiamo di mettere in giro gente che ha un titolo professionale senza saper fare nulla, con tutti i danni che ciò può provocare agli ignari utenti.
Auspico, dunque, che si vada in questa direzione, riformando alla svelta i vetusti ordinamenti universitari, con l’eliminazione o la marginalizzazione della discussione della tesi di laurea. Quell’inutile passerella dovrà essere sostituita o affiancata da un vero e proprio esame finale abilitante. Con la conseguenza che – diversamente da quel che accade per l’odierna discussione della tesi di laurea – il candidato potrà anche essere sonoramente bocciato, come accade in qualsiasi esame di stato che abiliti all’esercizio professionale.