Limes ha dedicato un intero numero alla posizione strategica della Sicilia
di Giovanni Burgio
La lettura del secondo numero 2021 di Limes, “L’Italia al fronte del caos”, con i sottotitoli “Il Medioceano conteso erode la Penisola”, “Russi e turchi sulla faglia di Caoslandia”, “Come proteggere lo Stretto di Sicilia”, da notevoli input di riflessioni e molti spunti di dibattito.
Prima di tutto, però, vorrei fare una considerazione di carattere generale. La scarsissima informazione nei media italiani, in particolare in televisione, su quel che avviene nel mondo è insopportabile. Rivela una chiusura, una piccolezza, un provincialismo, che forse è meglio definire “pettegolezzo”. Si dedicano, infatti, minuti e minuti dei vari telegiornali alla vita privata di calciatori e subrette, e si tralascia invece d’informare su un sanguinoso Colpo di stato africano o sulle centinaia di morti in un incidente ferroviario in India.
Sono lontanissimi i tempi in cui nei telegiornali quando accadevano fatti al di fuori dell’Italia, immediatamente dietro il giornalista si configurava una cartina geografica che identificava la zona del mondo interessata. E così questo buio geo-politico ha generato un ministro che ha confuso il Venezuela con il Cile e un sottosegretario che ha scambiato il Libano con la Libia.
Il caos
Ma ritornando al numero di Limes, per capire di cosa tratta il volume innanzitutto bisogna osservare attentamente la sua immagine di copertina.
Al centro, sola sola, c’è una Sicilia popolata, nella sua terraferma e nelle isole circostanti, da un’impazzita dislocazione delle città italiane: Milano è al posto di Pantelleria, Perugia è a nordovest, Firenze a nordest, Venezia all’estremo sud, ecc. ecc. Insomma, una “Sicilia-Italia-Penisola” erosa dal mare e confusa dal caos. Una nazione del Mar Mediterraneo simbolo e sintesi di quel che sta avvenendo nel “piccolo oceano” ritornato all’attenzione strategica delle grandi potenze mondiali.
È il caos il tema centrale del volume.
Il vuoto italiano
Il punto di maggior rilievo esaltato da Limes è senz’altro la mancanza da parte dell’Italia da quasi trent’anni di una visione internazionale e di una propria politica estera. La conseguenza è stata che non solo si è rimasti esposti all’iniziativa altrui, ma soprattutto si è dimenticata la sua importantissima posizione geografica al centro del Mediterraneo. E accanto a questo vuoto e trascuratezza, si mette in evidenza come la Penisola, allungata e immersa in mezzo al mare, abbia in realtà “voltato le spalle” al suo ambiente naturale, l’acqua, e abbia invece concentrato l’attenzione sui territori di terra ferma. Quindi, una vocazione marittima soffocata.
L’esito più grave della decennale assenza di politica estera e iniziativa italiana è l’attuale situazione libica, con la spartizione in due della nostra ex colonia. A ovest, in Tripolitania, i turchi; a est, in Cirenaica, i russi. Un’occupazione capillare e silenziosa di queste due potenze che si stanno affermando sempre più come stati imperialisti.
La centralità strategica della Sicilia secondo Limes
Proprio in questo sfondo di vuoto e abbandono dell’Italia della sua politica internazionale, Limes concentra la sua attenzione sulla maggiore delle isole italiane, la Sicilia, luogo-ponte fra il nord europeo e il sud africano, punto di passaggio obbligato fra l’est medio-orientale-asiatico e l’ovest occidentale-atlantico.
Nei vari interventi degli esperti e studiosi si mette in luce la posizione strategica della Sicilia nel Mediterraneo. Essa, infatti, non solo è al centro del Mare nostrum, ma soprattutto si trova nel punto di maggior contatto con il continente africano. Le coste di Mazara del Vallo distano, infatti, poche centinaia di chilometri da Capo Bon in Tunisia.
In questo preciso luogo del Mediterraneo, nel Canale di Sicilia, oggi non a caso denominato sempre più spesso “Stretto di Sicilia” vista la vicinanza della costa siciliana a quella tunisina, si può realizzare un preciso e accurato controllo della navigazione est-ovest, e viceversa, con conseguenze strategiche fondamentali. Chi regna in questo tratto di mare governa, infatti, sia i traffici commerciali sia i movimenti militari. Un’eventualità e una constatazione, queste, che spesso sfuggono alle considerazioni che trascurano l’aspetto bellico e l’utilizzo della forza.
Il ruolo della Sicilia secondo Limes
E a conferma della delicatissima e importantissima posizione geografica della Sicilia, il volume contiene interessanti e documentate relazioni che raccontano l’iter storico-politico che la preferì ad altre opzioni per l’attacco alle truppe dell’Asse nella seconda guerra mondiale. La scelta dello sbarco del 10 luglio 1943, sostenuta soprattutto da Churchill, determinò infatti, dapprima la caduta del fascismo e successivamente l’invasione da sud del continente europeo da parte degli eserciti alleati.
E facendo un balzo di settant’anni, la sua importanza non cambia. L’installazione del MUOS a Niscemi ne fa uno dei punti centrali del sistema mondiale di comunicazioni militari statunitensi. I gasdotti, gli oleodotti, i cavi sottomarini dei moderni sistemi di telecomunicazione, già costruiti o in costruzione tra l’Africa e l’Europa, devono passare tutti necessariamente attraverso l’isola siciliana.
Il Mediterraneo infuocato
Ma questo numero di Limes non si ferma all’Italia e alla Sicilia. Sconfina e naviga lungo tutti i luoghi di maggior crisi del mar Mediterraneo diventato nuovo fulcro di tensioni internazionali.
Prima, e al centro di tutto, c’è la ormai decennale questione libica: incendio pronto a scoppiare da un momento all’altro e difficile da domare. Con l’attuale divisione del paese fra russi e turchi, costituisce un campo di battaglia dove tutte le piccole e grandi potenze mondiali giocano la loro guerra per procura.
Poi c’è la Cina con la sua “nuova via della seta”. Con l’allargamento del canale di Suez e il conseguente aumento esponenziale dei traffici commerciali, la Cina è il principale paese interessato ad avere porti e approdi sicuri nel Mediterraneo.
Segue il risveglio da ex potenza mondiale della Russia. L’Orso bruno euroasiatico, ossessionato dall’avere una via di fuga marina, ha fatto riaffacciare le sue navi sulle rive del mare caldo. La presenza in Cirenaica può costituire la prima tappa di questo piano.
Poi ancora il rinato sogno ottomano. La Turchia di Erdoğan è ormai un protagonista aggressivo non solo in Medio Oriente, ma anche in tutta l’area mediterranea e nel continente africano. Il suo acquartieramento in Tripolitania è l’ultima di una serie di mosse politico-strategiche.
E c’è anche il ritorno americano. Dopo gli anni del disimpegno obamiano e del consueto ”isolazionismo repubblicano”, Biden ha già fatto vedere un deciso cambio di rotta in senso interventista della politica estera statunitense.
Ma bisogna aggiungere anche altri focolai di tensioni regionali. L’instabilità politico-economica di Algeria e Tunisia, la tendenza militar-espansionistica egiziana, i contrasti energetici marini fra Grecia-Cipro-Israele da un lato e Turchia dall’altro.
Forse un risveglio?
Ma ritornando all’Italia e alla sua attualità politica, occorre osservare che il governo Draghi nei suoi primi giorni di vita sembra far riprendere qualche posizione al paese che si era ripiegato su sé stesso. Il recente viaggio in Libia fa riaffacciare l’Italia ancora una volta sul suo mare millenario.
In questo nuovo scenario, quindi, la Sicilia con la sua posizione strategica continuerà ad avere un’importanza fondamentale.