di Pasquale Hamel
Lord William Cavendish-Bentinck raggiunge la Sicilia nell’estate del 1811. L’isola è praticamente sotto il controllo inglese ed è stata militarizzata per impedire alle truppe francesi, padroni di quasi tutta l’Europa, di occuparla.
Lord Bentinck, in Sicilia, riveste un duplice incarico. Infatti è il rappresentante diplomatico accreditato presso la corte borbonica ma è anche il comandante delle forze di Sua Maestà britannica di stanza nell’isola.
È un uomo di grande esperienza e un convinto sostenitore del sistema costituzionale del Regno Unito ciò che lo porta a maturare sentimenti di avversione nei confronti della monarchia borbonica che considera dispotica e oscurantista ma anche molto ambigua nei comportamenti.
William Bentinck e i Borbone di Napoli
Una particolare ostilità mostra nei confronti della regina Maria Carolina che giudica troppo intrigante e poco affidabile. Il suo arrivo cade nel bel mezzo del conflitto che vede contrapposti i baroni siciliani, riuniti nel Parlamento, al sovrano. Materia dello scontro è la richiesta di un aggravio della pressione tributaria che il Parlamento, cui spetta la competenza della decisione, respinge.
La risposta dei Borbone è di tipo autoritario, la regina Maria Carolina, la cui influenza è fortissima, ordina l’arresto e la deportazione dei capi dell’opposizione.
Il 19 luglio del 1811, i principi Giovanni Ventimiglia di Belmonte, Carlo Cottone di Castelnuovo sono deportati a Favignana, il principe Alliata di Villafranca, a Pantelleria, il principe Giuseppe Reggio d’Aci a Ustica e il duca d’Angiò a Marettimo.
Bentinck, nonostante sia da poco arrivato e quindi poco informato sui fatti, decide di intervenire. Chiede, infatti, di essere ricevuto da re Ferdinando e, con piglio autoritario da vero padrone dell’isola, sollecita la revoca dei provvedimenti restrittivi.
Ferdinando non è in grado di respingere la richiesta del plenipotenziario inglese e, dopo qualche inutile tergiversazione, ordina la liberazione dei cinque ribelli. Ma Bentinck va ancora più in là e si intromette nelle faccende del governo siciliano.
Appoggia, infatti, l’iniziativa dei baroni che si oppongono all’assolutismo regio e aspirano ad ottenere una carta costituzionale.
La costituzione siciliana del 1812
Il modello a cui li indirizza Bentinck è quello inglese, e l’abate Paolo Balsamo, esperto giurista ne redige il testo. Viene dunque convocato il Parlamento contro il volere di re Ferdinando che, non volendo firmare la carta costituzionale, il 16 gennaio 1812 si autosospende trasferendo le funzioni al figlio Francesco, nominato vicario generale, cui vengono assegnati i poteri dell’alter ego.
La carta costituzionale viene elaborata sotto lo sguardo attento di lord Bentinck nel corso del 1812 e pubblicata il 25 maggio del 1813. Quella Carta, nota come Costituzione del 1812, porta la firma dell’erede al trono Francesco di Borbone e non di re Ferdinando. Intanto, i contrasti fra Bentinck e la corte borbonica si fanno via via più forti.
Non è un caso che egli imponga l’allontanamento di Maria Carolina da Palermo e che, forte del fatto che le truppe inglesi sono l’unico sostegno del Regno e che danno un contributo sostanziale all’economia isolana, pretenda di dettare l’agenda politica del Regno.
Il sostegno di Bentinck all’annessione della Sicilia alla Gran Bretagna
Proprio in quel tempo matura la sua idea di espellere la dinastia borbonica e di associare l’isola ai possedimenti di Sua Maestà britannica. Un progetto ambizioso che, tuttavia, non trova il consenso di Londra.
Intanto gli avvenimenti precipitano, la spinta propulsiva napoleonica, che aveva sottomesso gran parte d’Europa abbattendo antiche monarchie e insinuando una ventata di novità che segnava la definitiva fine del cosiddetto ancien regime, andava ad esaurirsi. A Lipsia nella battaglia delle nazioni del 1813, Napoleone viene sconfitto e così si preparano a tornare gli antichi sovrani. William Bentinck, a questo punto, medita di approfittare della situazione per sollevare gli italici contro i francesi e per estendere il costituzionalismo sperimentato in Sicilia in tutta la Penisola.
Al comando delle sue truppe punta su Milano ma, raggiunta Genova, deve prendere atto che le forze austriache l’hanno preceduto, bruciando in questo modo il suo ambizioso progetto. Il suo ritorno in Sicilia, dove i Borbone erano riusciti, grazie all’appoggio degli austriaci, a riconquistare le posizioni perdute fu una sorta di certificazione che il suo progetto era sostanzialmente fallito e le forze della conservazione avevano vinto.
L’avventura siciliana di Bentinck finisce con un melanconico rientro in patria dove prosegue la sua battaglia contro le forze conservatrici. Poi tornerà, quale governatore, in India. Ma questa è un’altra storia.
In copertina (ritagliata) e nel testo (intera), immagine di Lord William Cavendish-Bentinck tratta da Wikipedia. Par http://www.jochen-moeller.de/grafik_galerie/admin/bestellen.php/art/1356, Domaine public, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1979375
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