di Gianluca Navarrini
«Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di scienziati, di navigatori e di trasmigratori». Queste sono le parole scolpite sul Palazzo della civiltà e del lavoro di Roma. Mi pare che, con un certo ottimistico trionfalismo, si attribuiscano i talenti di alcuni italiani all’intera stirpe. Perché se è indubbio che tra gli italiani vi sia una vocazione per l’arte, è altrettanto indubbio che in Italia vi siano più scrittori che lettori e più pittori che visitatori di mostre.
Comunque, molti di questi geni italici da marzo dello scorso anno si scagliano ferocemente contro chi, invocando il rispetto della loro Costituzione, critica la restrizione delle libertà: la salute viene prima di tutto – dicono – e chi sostiene il contrario è un imbecille. Davanti alla salute ogni altro diritto deve cedere il passo.
Salute ancora a rischio
Dubito che abbiano ragione. Anche perché dopo un anno, nonostante tutte le restrizioni, la situazione non è cambiata: gli italiani sono ancora in libertà vigilata e la loro salute è ancora a rischio. E il popolo di artisti e di scienziati – smarrito tra zone rosse, banchi a rotelle, baruffe tra Governo, regioni e commissari – dopo aver rivalutato finanche l’azione politica di Boris Johnson è arrivato ad accusare le case farmaceutiche e i loro brevetti, nonché l’immancabile Unione Europea.
Le ragioni dei ritardi e delle inefficienze dell’Italia, tuttavia, a me sembrano altri. Tra queste ragioni ve n’è una che non riguarda l’Unione europea, i brevetti o le case farmaceutiche, ma ha molto a che vedere con l’inadeguatezza degli impianti di produzione (per mancanza dei bioreattori industriali). E occorre chiedersi perché questi impianti – in un Paese di scienziati e di industriali – non ci siano.
Non sarà forse che le leggi italiane non promuovono né garantiscono la libertà scientifica – anzi, a volte la contrastano apertamente – malgrado le contrarie previsioni costituzionali? E non sarà che queste leggi condizionano gli investimenti pubblici e privati? Non sarà che i troppi ragionamenti – astratti, fumosi e inconcludenti – su etica, scienza e tecnica hanno zavorrato lo sviluppo?
Libertà di ricerca e tutela della salute: un approccio legislativo
Il Regno Unito, gli Stati Uniti, e altri paesi, non pongono soverchi ostacoli alla ricerca e alla sperimentazione. E negli ultimi anni hanno rafforzato ulteriormente la filiera (scientifica, tecnologica e produttiva) delle biotecnologie e se ne sono enormemente avvantaggiate. Nel nostro Paese, al contrario, la scienza viene da sempre vista con sospetto e diffidenza.
La legge 40/2004, tanto per dirne una, ha imposto solo divieti e limitazioni alla ricerca sulle cellule staminali embrionali e alla clonazione terapeutica. Si tratta di una legge che, pezzo dopo pezzo, la Corte costituzionale sta smantellando.
Una legge che rispondeva alle esigenze etiche di un cenacolo di teoreti, senza tener conto della Costituzione e, ancor prima, della realtà. Una legge piena di ipocriti divieti – aggirabili da chi poteva economicamente permetterselo – che hanno affossato un intero settore della ricerca bio-medica italiana.
Davanti a questo misoneismo, a questa aperta ostilità della politica italiana per la libertà di ricerca scientifica e tecnologica, è comprensibile che le imprese che si occupano di biotecnologie, di genetica e di sviluppo dei farmaci non vengano in Italia ad investire in laboratori e impianti che si occupino di sperimentazione, ricerca e produzione in settori “eticamente sensibili”.
Le colpe della politica, in questo caso, sono evidenti: ristrettezza di orizzonti, scarso coraggio, nessuna cultura scientifica o tecnica. Troppi avvocati? In Parlamento, purtroppo, sì.
Ma i politici non sono gli unici responsabili. La vergognosa legge 40/2004 è stata oggetto di un referendum abrogativo che gli italiani, nel 2005, hanno disertato in massa, lasciando in vita questo orrore giuridico e lasciando morire la ricerca sulle staminali embrionali. In questo caso, chi sono stati gli imbecilli? Chi ha dimenticato che la salute viene prima di ogni altra cosa?
In copertina: Palazzo della civiltà e del lavoro (cut). Foto tratta da Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/File:Palazzo_della_civilt%C3%A0_del_lavoro_(EUR,_Rome)_(5904657870).jpg