di Gianluca Navarrini
Il 23 febbraio è stato pubblicato un appello all’unità dei riformisti. E il 26 febbraio – su Repubblica – Marco Bentivogli ha, a sua volta, invocato l’unione dei riformisti democratici ed europeisti, affermando con lapidaria chiarezza che «non servono forze “centriste”.
Servono forze politiche che comprendano la centralità di una nuova politica, in cui non basta evocare valori e contenuti studiati male, ma praticarli abitando la vita delle persone normali, i loro problemi e le loro aspirazioni».
Ma sulla strada di questa unità dei riformisti si frappongono almeno tre ostacoli.
I tre ostacoli all’unità dei riformisti
Il primo ostacolo è rappresentato dalla frammentazione dell’area politica che si richiama al riformismo, e dal diverso grado di maturità dei partiti che ne sono protagonisti. Peraltro, pur essendo il più giovane e il meno caratterizzato dei partiti di questa area (o forse proprio per questo), Azione viene rilevato dai sondaggi come quello più gradito dagli elettori.
Il secondo ostacolo è un corollario del primo e si sostanzia nel difficile rapporto tra questi partiti, caratterizzato da diffidenze e ostilità. L’impressione che se ne trae, tuttavia, è che l’incompatibilità non sia tra i partiti, ma tra i leader, intenti a beccarsi tra loro come i capponi di Renzo Tramaglino.
Il terzo ostacolo all’unità dei riformisti è la recentissima metamorfosi del Movimento Cinque Stelle. Questo “partito nuovo” si presenta ora guidato da Giuseppe Conte, “liberale e moderato”, intenzionato a confluire nel PSE nel segno di un europeismo progressista.
Ci si chiede come possa dirsi moderato e liberale un partito che per anni ha represso il (modesto) pluralismo interno a suon di espulsioni, animato da personaggi come Elio Lannutti, Carlo Sibilia, Danilo Toninelli e Alfonso Bonafede e disposto a riabbracciare, dopo averli espulsi, Nicola Morra e Barbara Lezzi. E come possa qualificarsi europeista un partito che per anni ha elevato il vaffanculo all’Europa a figura retorica.
Ma la risposta è sempre la stessa: il Movimento 5 Stelle è fondato sull’alleanza tra menzogna e smemoratezza e può cambiare continuamente pelle restando sempre se stesso. E oggi può presentarsi come una forza “liberale e moderata” perché il suo bacino elettorale confonde la pacatezza con la moderazione.
Senza mai farsi sfiorare dal dubbio che la pacatezza possa essere veicolo per una politica aggressiva, squilibrata e priva del senso del limite. Una politica pacatamente eversiva.
Sondaggi, conseguenze e responsabilità
Un sondaggio della SWG, diffuso nelle scorse ore da La7, accredita il Movimento 5 Stelle guidato da Conte al 22,0%, ad un soffio dalla Lega al 22,3%; e vede scomparire i già deboli partiti moderati. I quali ultimi, infatti, sono sostanzialmente cancellati dalla tabella delle rilevazioni a forza di litigare tra loro, senza chiarire quali siano i loro valori, gli interessi cui fanno riferimento e le possibili alleanze.
Le responsabilità di questa irrilevanza dei riformisti credo debbano essere imputate proprio a loro stessi, ai partiti dell’area moderata, in proporzione al gradimento di cui sono accreditati. E perciò, principalmente, al partito che tra loro potrebbe avere oggi la maggior capacità di attrazione dei consensi. Azione potrebbe avere il leader giusto – irruento nei modi, radicale nelle proposte, equilibrato negli intenti politici – e un drappello molto motivato e in costante crescita di iscritti.
Ma, per potersi candidare ad esercitare un ruolo egemone e federatore nell’area del riformismo, Azione dovrà prima misurarsi seriamente con la cultura del repubblicanesimo progressista e del liberalismo sociale, enucleando chiaramente i propri valori e obiettivi anche attraverso uno schietto e libero confronto con la propria comunità di militanti.
E dovrà essere pronta, con maturità e senso di responsabilità, a condividere il campo con altri soggetti e con altre leadership, rinunciando, se occorre, alla propria primazia. Ma non alla messa a fuoco e alla valorizzazione della propria identità, che in questo momento appare ancora piuttosto incerta.
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