di Gianluca Navarrini
Il discorso tenuto ieri al Senato da Mario Draghi colpisce per il suo insistito riferimento allo spirito repubblicano. Al di là dell’illustrazione degli obiettivi strategici del Governo, la ripetuta invocazione di questo spirito repubblicano aiuta a decrittare la visione politica del nuovo Presidente del Consiglio. E rivela che i suoi formanti culturali affondano le radici nella migliore tradizione mazziniana.
Mario Draghi e i Padri della Repubblica
Una tradizione che al principio del Novecento – prima di essere sequestrata, sfigurata e resa deforme dal Fascismo – aveva avuto una larga parte nella formazione del pensiero democratico, laico e radicale. E che successivamente segnò profondamente la formazione intellettuale di Calamandrei, di Gobetti, dei fratelli Rosselli e di un gran numero di Padri della Repubblica. Una tradizione di pensiero che sprigiona ancora un grande fascino e irretisce chi vi si accosta.
Il repubblicanesimo, infatti, si caratterizza per il culto delle libertà individuali e della democrazia, per il solidarismo, per la cultura dei diritti non disgiunti dai doveri e per l’amore di patria.
Questi temi traspaiono chiaramente dal discorso di Draghi, dove, ad esempio, il culto della democrazia rappresentativa – con la centralità del Parlamento – è sempre in primo piano. E vi si fa esplicito cenno sia all’inizio sia alla fine dell’orazione. E altrettanto forte è il richiamo al solidarismo, con un fortissimo appello allo spirito di sacrificio e al dovere di lasciare alle future generazione un mondo migliore di quello ricevuto dai nostri antecessori.
La cultura dei doveri
La cultura dei doveri, oltre che dei diritti, lascia una traccia non trascurabile allorché si affronta il discorso della tutela dei lavoratori. Tutti i lavoratori hanno diritto alla protezione, ma non tutte le attività economiche, perché alcune di esse dovranno radicalmente cambiare: le persone avranno diritto ad essere supportate, a condizione che si impegnino per restare al passo con i tempi.
Per ragioni di pragmatismo tattico, probabilmente, Draghi non ha mai fatto cenno al reddito di cittadinanza, ma è inequivocabile l’obiettivo dichiarato di migliorare (riformandoli) gli strumenti esistenti per rafforzare le politiche di formazione dei disoccupati.
Infine, Draghi esprime magnificamente un sincero e rimarchevole amor di patria nella riaffermazione della vocazione europeista e atlantista dell’Italia, «nel solco delle grandi democrazie, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori». Un amor di patria che non è becero nazionalismo, affermazione di suprematismo o vaniloquio sovranista.
Un amor di patria che non si traduce in una cieca statolatria, ma che si richiama all’orgoglio di essere una grande potenza economica e culturale che ha contribuito allo sviluppo dell’Unione europea. Perché «senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere».
Mario Draghi cita Mazzini. Unità nella diversità
E, ancora, l’invocazione dell’unità riecheggia quella repubblica «unica e indivisibile» che il testo dell’art. 5 della nostra Costituzione ha mutuato direttamente dagli scritti di Giuseppe Mazzini, apostolo dell’unità indivisibile della Repubblica e dell’endiadi inscindibile di «Dio e Popolo».
Un’unità che, però, non va mai intesa come negazione del pluralismo, ma solo come “unità nella diversità”: valorizzazione di ciò che ci accomuna e ci rende simile a discapito di ciò che ci distingue e ci divide. Un’unità che sia garante di pace, progresso e prosperità e che ci renda «più orgogliosi, più giusti e più generosi nei confronti del nostro Paese».
Un discorso, quello di Draghi, asciutto e privo di corrivi artifici retorici, in alcuni passaggi un po’ troppo asettico e – a sommesso parere di chi scrive – poco entusiasmante: un ruvido elenco di doveri da adempiere, più che un mieloso comizio ad effetto e dalla facile presa. Ma che in controluce rivela il tessuto culturale del repubblicanesimo di Mario Draghi, nella cui trama si intrecciano inestricabilmente le libertà e i diritti inviolabili dell’individuo insieme ai suoi inderogabili doveri di solidarietà sociale ed economica verso i propri simili.
In copertina, foto tratta da Wikipedia. By Presidenza della Repubblica, Attribution, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=99547619 (cut)