di Gabriele Bonafede
Tra le riforme necessarie al rilancio dell’Italia, una è di primaria importanza. Ed è la riforma della Tv pubblica, o quanto meno un netto cambio di tendenza nella sua gestione. A nulla varranno tutte le altre, anche quelle richieste in ambito europeo con il Recovery Fund, se il governo Draghi non cambierà l’assetto attuale della Rai e della Tv in generale.
Oggi si assiste a programmi semplicemente degradanti in Tv, e non solo in quelle private, anzi. Programmi degradanti e nocivi che non riguardano solo l’intrattenimento con il loro format debilitante. La degradazione della Tv italiana la si nota pure nelle trasmissioni dedite all’informazione: Talk Show, telegiornali, programmi-intervista. E soprattutto in quelli più diffusi e più seguiti.
Come spiegato dal prof. Lo Piparo (qui), la Tv italiana si configura sempre più come una Tv “democratico-giacobina”. Schierata in maniera smaccatamente visibile e priva di contraddittorio, finisce per dipingere una realtà che non esiste o che esiste solo attraverso filtri di parte.
Manipolatrice fino all’ossessività, poco libera, profondamente tarata da commenti che cambiano il senso stesso delle notizie e la loro valenza, l’informazione televisiva italiana ha una presa non indifferente in Italia. Gli italiani continuano a informarsi prevalentemente attraverso la Tv che, dal canto suo, impone trend e opinioni di chi la dirige.
In particolare, i due governi Conte ne hanno fatto un uso smodato e spericolato. Orientata a formare un’opinione a favore del governo, la Tv degli anni di Conte ha agito come principale canale di propaganda governativa utilizzando un modello non dissimile dalla Tv russa. D’altro canto, sui social e nel mondo dei media online, la predisposizione a seguire i trend stabiliti in Tv ne ha amplificato gli effetti.
Tutto ciò andrebbe riformato quanto prima, a partire da un cambio nei vertici della Tv pubblica e nella guida dei programmi di informazione. Meglio se un progetto di riforma sia predisposto da un comitato plurale non selezionato nella oligarchia italiana dell’informazione.
Il governo potrebbe così iniziare a riformare realmente il paese con una Tv pubblica che, in quanto pubblica, fornisca un servizio per il bene comune e non solo per chi la gestisce. Fornisca, cioè, un prodotto che influisca nella formazione di una cultura politica, di una cultura dell’informazione e di una cultura più in generale a un paese che ne avrebbe bisogno fin dai banchi di scuola.
In copertina: televisori abbandonati a Chernobyl. Photo by Michał Lis on Unsplash