di Gianluca Navarrini
Giuseppe Conte ha la fiducia, ma non la maggioranza. L’astensione dei renziani ha tenuto in vita il Governo. Ma se Italia Viva avesse votato contro, in Senato vi sarebbe stata parità (156 a 156) e Conte sarebbe stato sfiduciato. Da oggi, dunque, siamo nelle mani di un Governo a maggioranza variabile che – soprattutto in Senato – si regge sulla non sfiducia di Italia Viva.
È chiaro che ora Conte non ha grandi margini di manovra politica: da una parte subirà il costante taglieggiamento del manipolo dei “responsabili” (che devono capitalizzare al massimo la loro scelta di campo); dall’altra dovrà guardarsi dalla guerriglia che Italia Viva si prepara a combattere nelle commissioni (dove si svolge il vero lavoro delle Camere). Il Presidente del Consiglio, infatti, ha vinto la sua battaglia in campo aperto, ma rischia di soccombere tra le insidie che gli verranno riservate nel lavoro parlamentare.
Non sfiducia: gli effetti nel futuro a parlamento ridotto
La circostanza – ancora una volta – evidenzia la problematicità del nostro bicameralismo perfetto: il Governo (come accade spesso) ha una chiara maggioranza alla Camera, ma non al Senato. E dalla prossima legislatura, per effetto del taglio dei parlamentari, la situazione potrebbe anche peggiorare: il Senato – diverso dalla Camera per elettorato attivo e passivo, per legge elettorale e per la presenza di senatori non elettivi – diventerà cruciale per la tenuta del sistema istituzionale. E se, in questa legislatura, il Governo Conte II ha finito per essere – se mi si passa l’espressione – un “governo extraparlamentare” (con l’espediente dei dpcm), quelli della prossima legislatura rischiano di passare alla storia come “governi ultraparlamentari”, perché destinati a essere una appendice del solo Senato.
Con 200 membri elettivi e una mezza dozzina di senatori a vita, il Senato avrà una compagine non molto più ampia di quella di alcuni governi di coalizione del passato. Ma una decina di senatori potranno mettere in scacco qualsiasi esecutivo, spostando il baricentro politico e decisionale del governo dal Consiglio dei Ministri all’aula di Palazzo Madama. E la Camera dei deputati diverrà politicamente marginale.
Non sfiducia: l’effetto nel breve termine
Ora, se ci fermassimo alla superficie, dovremmo dire che ieri, tra Renzi e Conte, nessuno ha prevalso, malgrado abbiano entrambi perso qualcosa. Da una parte, infatti, il pur magnifico discorso di Matteo Renzi ha partorito l’irresoluta scelta dell’astensione di Italia Viva (il cui consenso politico sta, anche per queste scelte incomprensibili, rapidamente evaporando). Dall’altra Conte (nonostante l’apparente gradimento degli italiani) si ritrova con un consenso parlamentare estremamente precario e la tenuta del suo Governo è, di fatto, proprio nelle mani del suo principale avversario.
Ma l’errore strategico di Renzi è stato proprio quello di aver favorito la costituzione del Governo Conte II nell’estate del 2019. Tutto quello che è successo dopo – per quanto imprevedibile, come la pandemia – è la conseguenza della pavida scelta di non aver voluto affrontare le elezioni politiche, assecondando le scelte del M5S in tema di economia, di giustizia, di amministrazione pubblica e di revisione costituzionale. Una paura – quella delle elezioni – che ha nuovamente condizionato tutti coloro che ieri non hanno votato la sfiducia.
Ci perde soprattutto l’Italia
Dalla battaglia di ieri, perciò, siamo usciti tutti perdenti, perché è stata sconfitta la Repubblica italiana, che si ritrova nel pantano di una crisi senza precedenti e con un governo confuso, instabile e privo di qualsiasi autorevolezza: allorché occorreva imprimere alla sua politica un’azione forte e decisa, l’Italia si ritrova con un Governo debole e confuso. È stato sconfitto il Parlamento, oramai preda di una logica feudale, perversamente amplificata da una pessima riforma costituzionale. È stato sconfitto il Paese, costretto ad assistere impotente al prevalere di rapporti di fedeltà personale e di pura convenienza egoistica sulla legalità costituzionale e sull’etica delle istituzioni.
Una legislatura guidata dal partito del non statuto, ha partorito un governo della non sfiducia e della non legalità. E ci sta traghettando verso la definitiva de-costituzionalizzazione della nostra fragile democrazia.
Che i nostri figli possano perdonarci quello che stiamo facendo.
In copertina, Parlamento Italiano per le celebrazioni Stato Unitario nel 2017, foto da Flickr.