di Gianluca Navarrini
Il voto di fiducia che ieri la Camera ha accordato al Governo Conte II, orfano dei voti di Italia Viva, ha spalancato dinanzi a noi un pozzo, nelle cui viscere le lingue si confondono e non si è più in grado di comprendersi. Non la biblica torre di Babele, ma – se mi si perdona la metafora – un pozzo di Babele. Non un tentativo maldestro di elevarsi verso il cielo, ma lo sprofondamento negli inferi. Gli artefici di questo caos sono, indubbiamente, il M5S e il PD, azionisti di maggioranza del Conte II e cantori delle sue (inesistenti) virtù.
Il PD è oramai ostaggio delle sue nevrastenie: un partito nato come luogo di confluenza di più tradizioni culturali (la socialista riformista, la socialista massimalista e la cattolica sociale) che ha abdicato a qualsiasi elaborazione culturale. La sua unica cultura, oramai, non è neppure governare, ma solo stare al governo. E per farlo ha rinunciato all’elaborazione di qualsiasi pensiero, come dimostra la continua defenestrazione dei suoi segretari migliori: Walter Veltroni e – che voi ci crediate o no – Matteo Renzi.
Il PD ama i segretari deboli e incolori. Quelli – come dichiarò Bersani prima di non vincere le politiche del 2013 – che se anche ottenessero la maggioranza assoluta dei consensi governerebbero come se non l’avessero. Quelli che quando parlano non dicono nulla, che inneggiano all’unità e che sorridono sempre (con un sorriso ebete, che rispecchia un drammatico vuoto di pensiero e una sorprendente carenza di idee).
A sua volta, il partito dell’onestà e della rettitudine, della trasparenza e della coerenza, della partecipazione popolare e della rotazione degli incarichi, della superiorità etica e del rifiuto di accordi al ribasso… questo partito – che ha scelto, come il PD, un reggente debole e incolore come Vito Crimi – ha ingoiato l’ultimo boccone di se stesso. Perché gli applausi e le pacche sulle spalle di ieri sera sono la più significativa delle immagini di uno sbriciolamento di tutti i (deliranti) proclami dell’etica politica a cinque stelle, rivelatasi non dissimile da quella andreottiana: «tirare a campare è sempre meglio che tirare le cuoia».
E se per tirare a campare è benvenuto anche il sostegno degli arci-nemici di sempre (la Lega nel 2018, il PD nel 2019, Renata Polverini ieri, Sandra Lonardo Mastella nelle prossime ore), il M5S appare sempre più per quel che è: un partito di opportunisti e di trasformisti. Gente che non sa cosa vuole, oppure lo sa benissimo e lo dissimula, ma che ha assaporato il gusto dell’esercizio del potere e ha imparato come mantenerlo.
In copertina: La Torre di Babele”, dipinto (1563) di Pieter Bruegel il Vecchio. Vienna,