di Olindo Terrana
L’acqua in Sicilia è stata sempre scarsa e ha costretto i siciliani ad avere a secco i propri rubinetti per lunghissimi periodi di tempo.
Tale drammatica situazione si è determinata nonostante la diffusa presenza nell’Isola di sorgenti capaci di garantire un soddisfacimento notevolmente superiore al fabbisogno. Aspetto, quest’ultimo, decisamente non sfuggito agli Arabi che nel corso della loro dominazione approntarono sistemi di ingegneria idraulica estremamente innovativi e capaci di reggere nei secoli successivi.
Ma anche ai forti interessi mafiosi, che dalla seconda metà dell’Ottocento, sulla gestione delle fonti idriche hanno esercitato un notevole potere scalzato, recentemente, da alcuni paladini dell’antimafia che tramite corruttele e comportamenti da mafiosi dell’antimafia hanno perpetrato la loro egemonia.
A contrastare nel tempo tali poteri sono stati in molti e fra essi Danilo Dolci assume ruolo di primaria importanza in quanto, a capo dei movimenti pacifici di protesta degli anni sessanta del secolo scorso, svolse un ruolo fondamentale per la realizzazione delle dighe finalizzate a sottrarre i contadini alla servitù dell’acqua privata e, di recente, il movimento dei sindaci dell’agrigentino che si è battuto per salvaguardare il diritto all’acqua come bene pubblico e non come bene lottizzabile fra gestori privati.
Per l’insieme di tali ragioni la problematica idrica è sempre stata questione di primaria importanza nell’agenda delle attenzioni politiche della Sicilia, costituendo oggetto di analisi e proposte per chiunque si sia cimentato per il tanto decantato “benessere comune”.
Orbene, nell’immediato dopoguerra, per oggettive ragioni intrinseche allo stato complessivo della regione, la problematica idrica si manifestò con notevole vigore. E non mancarono certamente politici e tecnici che non avessero adeguate proposte alla risoluzione del problema.
In tale contesto, si racconta che un gruppo di sindaci, dell’allora partito di maggioranza governativa, a seguito della esasperante situazione idrica dei loro comuni e dai continui disagi e consequenziali proteste da parte della popolazione, costretta a subire turnazioni settimanali, aveva trovato una soddisfacente soluzione alla problematica idrica del loro comprensorio.
Tali sindaci, consapevoli del risultato raggiunto, della rilevanza regionale che avrebbe potuto assumere la risoluzione ad una problematica tanto importante, ma anche per essere tutelati da un’adeguata legge che salvaguardasse il loro operato, si recarono dal Ministro originario di uno dei comuni del comprensorio dei sindaci, per prospettargli l’intera vicenda e la soluzione alla quale erano pervenuti.
I Sindaci, in compagnia dei loro tecnici, orgogliosi del loro operato e fiduciosi nell’indiscusso appoggio del Ministro gli esposero con chiarezza e con estrema dovizia di particolari, la loro positiva esperienza e la risoluzione adottata per garantire giornalmente e costantemente l’approvvigionamento idrico alle popolazioni attraverso un uso intelligente e sapiente delle proprie sorgenti comunali.
Fra i sindaci, alcuni, più legati alle sorti e alla crescita del consenso elettorale del loro comune partito politico, esposero con particolare veemenza la soluzione adottata, convinti che tale esperienza esportata negli altri comuni dell’Isola avrebbe sicuramente determinato un consenso elettorale senza precedenti del partito e avrebbe definitivamente condannato gli altri partiti a rimanere sine die all’opposizione.
Addirittura, pare che il sindaco Liberto, noto per i suoi trascorsi fascisti, agitando il braccio destro con il pugno chiuso, facendo vibrare la sua corposa stazza, con tono risolutivo avesse appassionatamente gridato “Ministru si intra sta manu c’è l’acqua da Sicilia, i siciliani d’ora in poi tutti ca intra sguazzanu. A siccu nuddru ci voli stari” .(Ministro, se dentro questa mano c’è l’acqua della Sicilia, i siciliani d’ora in poi tutti qui dentro si divertono. Nessuno vuole stare a secco).
Il Ministro, che fino ad allora aveva seguito con grande attenzione e senza mai interrompere l’esposizione dei fatti in una sala in cui i presenti avevano raggiunto un grande livello di aspettative, si alzò flemmaticamente dalla sedia di capotavola e, dopo essersi carezzato lievemente la parte del baffo destro, sgranando gli occhi verso i presenti li apostrofò “Picciotti ma, a propositu d’acqua, vi vivistivu u ciriveddru! Si risulvemu u prublema dill’acqua chi minchia ci prumittemo a li genti a li prossimi elezioni pì aviri i voti. Vuliti ca n’arriducemu tutti disoccupati?”. (Ragazzi, ma, a proposito dell’acqua, vi siete bevuti il cervello? Se risolviamo il problema dell’acqua, che cavolo promettiamo al popolo alle prossime elezioni per avere voti. Volete che ci riduciamo tutti disoccupati?). E così dicendo con lo sguardo interrogativo passò velocemente in rassegna ognuno dei presenti.
Quest’ultimi, decisamente impreparati alla reazione del Ministro, con volti interdetti si girarono e rigirarono l’un verso l’altro, quasi a voler mestamente togliere il disturbo e andare via al più presto da quella riunione.
Ma ecco che ancora una volta Liberto venne in soccorso ai suoi colleghi con uno scrosciante applauso rivolto a braccia alzate al Ministro e gridando “Giniali Ministru! veramenti giniali!” (Geniale, Ministro! Veramente geniale!), mentre gli altri sindaci e i tecnici, prima timidamente, poi unanimemente e sonoramente applaudivano il Ministro rivolgendogli tutti un largo sorriso di consenso.
In copertina, zona interna della Sicilia (Valle del Dittaino). Photo by Mario Caruso on Unsplash