Il duro scontro fra l’ex ministro e Purgatori su La 7
di Giovanni Burgio
La mafia è un fenomeno complesso, che può essere osservata sotto molteplici aspetti ed è studiata da varie discipline: dalla storia, dalla sociologia, dall’antropologia, psicologia, criminologia, scienze giuridiche, ecc. ecc. Ha una storia plurisecolare e una dimensione che si è proiettata molto oltre la Sicilia e l’Italia.
Parlarne e affrontarne le problematiche richiederebbe, quindi, conoscenza, preparazione, competenza.
Anche molti giornalisti negli ultimi anni si sono specializzati in questa materia, avendone seguito vicende e sviluppo.
Il programma televisivo “Atlantide”, condotto da Andrea Purgatori su La 7, nelle puntate del 20 e 27 maggio ha affrontato le stragi del ’92 di Capaci e via D’Amelio, ma anche diversi altri fatti di mafia, cercando d’illuminare alcuni punti oscuri.
La visione pessimista della lotta alla mafia
Nelle cinque e più ore dell’intero programma ha prevalso il punto di vista “complottista”, quella presa di posizione cioè che si pone sempre il problema di “Chi c’è dietro?”, e afferma perentoriamente “C’è qualcosa di più della mafia”, per concludere poi che “Non possono essere solo questi quattro ignoranti”.
Inoltre, in tutta la trasmissione si è attinto a piene mani alla discussa ipotesi della cosiddetta “Trattativa Stato-mafia”, oggetto di procedimenti giudiziari tutt’ora in corso.
Tutte e due le puntate sono state quindi pervase dalla visione “pessimista”, quell’atteggiamento che non tiene conto dei tanti risultati positivi raggiunti in questi ultimi decenni che hanno fatto indietreggiare la mafia da numero 1 della criminalità organizzata a retroguardia di altre organizzazioni nel panorama nazionale e internazionale.
L’intervento di Cirino Pomicino
Ma oltre a queste considerazioni generali, c’è stato un momento preciso della puntata del 27 maggio che ci è sembrato di estremo interesse: l’intervento in diretta di Paolo Cirino Pomicino, esponente di punta della Democrazia Cristiana, la Dc, negli anni ‘80.
L’ex deputato ed europarlamentare Dc ha chiesto di intervenire per contestare quanto era stato sostenuto nelle due puntate, e che sostanzialmente può riassumersi nel famoso stereotipo “Dc = mafia”, iscrizione che spesso negli anni passati si poteva leggere sui muri delle città.
Ebbene, nel contraddittorio tra il più volte ex ministro della Dc e Andrea Purgatori sono emersi dalla memoria storica della fine degli anni ’80 e dei primi anni ’90 tutta una serie di fatti politici, di atti legislativi, di prese di posizioni dei partiti, d’interventi di Falcone e Borsellino, che hanno smontato la facile e semplice equazione politico-ideologica “Dc = mafia”.
Sintetizzando, nei quindici lunghi minuti di questo interessantissimo scontro, due sono stati i concetti più volte ribaditi dall’ex ministro. Il primo: i vertici della Dc siciliana di allora, Sergio Mattarella e Calogero Mannino, e i governi nazionali a guida Andreotti, hanno voluto e preso concreti provvedimenti legislativi contro la mafia (il Decreto che riportava in carcere i boss del Maxiprocesso, l’istituzione della Direzione Nazionale Antimafia, l’approvazione del 41/bis).
Il secondo concetto: alla fine degli anni ’80 e nei primi anni ‘90 chi ha contrastato e si è opposto a questi atti giuridico-legislativi è stata tutta la sinistra, compreso il Pci (qui il video nel link La 7, del quale riproponiamo un estratto da youtube alla fine dell’articolo).
Una battaglia difficile e cruenta
Dovendo riconoscere che effettivamente questa ricostruzione dei fatti di quel periodo storico è giusta, esatta, e si può riscontrare negli atti parlamentari, però, non per questo si può avvalorare la tesi che Giulio Andreotti e il partito della Democrazia Cristiana siano stati nel dopoguerra strenui combattenti di Cosa Nostra.
Anzi, è opportuno ricordare che il 12 marzo del ’92 il primo delitto che i boss compiono come risposta alla sentenza della Cassazione che li condannava all’ergastolo è proprio quello di Salvo Lima, massimo esponente della corrente andreottiana siciliana, che non avrebbe garantito l’impunità a Cosa Nostra, così come invece aveva fatto negli anni precedenti.
E riguardo al secondo punto, non si può certo negare che tutta la sinistra, da sempre, sia stata quella che, con decine e decine di sindacalisti e dirigenti politici, ha pagato il maggior tributo di sangue nella lotta alla mafia.
A tutto questo, per precisione, onestà e correttezza, si deve aggiungere che anche la Dc ha avuto le sue vittime: Pasquale Almerico, Michele Reina, Piersanti Mattarella, Giuseppe Insalaco.
Quindi, alla luce di questi dati storici, sostanzialmente, si può dire che non c’è una verità assoluta, e che non si possono dividere in maniera netta i buoni dai cattivi, ma il gioco politico, le ideologie del momento, le visioni particolari, portano una volta da una parte e un’altra volta dall’altra, in considerazione anche dei fatti e delle contingenze del momento.
Unità e serietà nella lotta alla mafia
In questo senso, la svolta fondamentale, unanime e trasversale a tutte le forze politiche, è avvenuta dopo le stragi del ’92-93. Quando cioè il contrasto a Cosa Nostra è stato molto forte, determinato, deciso. Ci si è così ritrovati tutti da una parte contro l’arroganza e l’assalto della mafia.
Atteggiamento e comportamento completamente diverso dal passato, quando ci si divideva aspramente sul fenomeno mafioso. Alcune parti politiche, segnatamente nella Dc, mettevano in dubbio l’esistenza stessa della mafia. Altri partiti, soprattutto il Pci, denunciavano questo pericolosissimo fenomeno criminale subendone gravissime ritorsioni.
Ora invece, grazie alla comune visione, tutti i principali boss latitanti sono stati arrestati (l’unico ancora in libertà è Matteo Messina Denaro), e le continue inchieste e indagini della magistratura stroncano sul nascere i tentativi di una ricomposizione organizzativa mafiosa.
In conclusione, bisogna lanciare il messaggio che nell’affrontare i fatti di mafia si deve sempre dubitare delle facili semplificazioni, ed essere molto cauti nei confronti delle equazioni scontate e sbrigative. La realtà è molto più complessa e articolata di quella che appare in superficie. Non tutto il nero sta da una parte, né tutto il bianco è così puro. Anche le ultime vicende di alcuni personaggi antimafia devono indurre a stare molto attenti e prudenti.
Serietà, conoscenza, competenza, sono i criteri che devono guidare la dura e lunga lotta alla mafia. Un metodo di contrasto che ora più che mai è necessario e utile. Qualcosa che Costa, Terranova, Chinnici, Falcone, Borsellino hanno messo in pratica e pagato con la propria vita.
https://youtu.be/TBhS9ppUeSY
Foto in copertina con l’aula bunker di Palermo per il maxiprocesso alla mafia, tratta da Wikipedia. Di sconosciuto – sconosciuta, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=56594596