Lettera aperta di un professore di Palma di Montechiaro al Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci
Signor Presidente,
dirò parole semplici perché io, quando parlo di politica spesso mi incarognisco, non perché penso di detenere la verità assoluta ma perché oggi il quadro politico mi fa schifo. Non c’è un governo di grande spessore e c’è un’opposizione che fa venire il vomito, la peggiore dall’Unità d’Italia.
Allora, leggendo qualche nota biografica vedo che siamo quasi coetanei. Solo questo ci accomuna, per il resto, io non ho il pizzo che lei ha, e lei non ha i baffi che io ho. Noto anche che lei ha fatto sempre politica, ha un curriculum di tutto rispetto, Presidente della Provincia di Catania, Sottosegretario di Stato, Eurodeputato, Deputato regionale, Presidente della Regione Siciliana, ed io no, non ho mai fatto politica attiva.
Io ho avuto la tessera di un partito politico solo una volta, ero un giovanotto, nel lontano 1979, era del Partito socialista. Però riconosco di appartenere a quest’area politica, per formazione culturale e politica, e – perché no? – anche per educazione e tradizione familiare.
Lei invece appartiene all’area di destra, diciamo MSI e successive trasformazioni. Non abbiamo proprio niente in comune, lei ha fatto sempre politica e forse non ha mai lavorato se non qualche giorno in vita sua. Io ho fatto il docente per quarant’anni, sono stato anche all’estero, al nord, poi ho fatto una dignitosa carriera nella mia terra, in Sicilia, e per quasi vent’anni nel liceo del mio paese, Palma di Montechiaro. Oh, mi scusi, dimentico sempre che sono un poveretto disoccupato. Credo tuttavia che entrambi abbiamo commesso un errore di fondo, lei di non aver mai conosciuto il mondo del lavoro, e io di non aver fatto mai politica attiva, vista la miseria morale e l’ignoranza, la corruzione dei politici di oggi.
Sì, ho sbagliato, ma purtroppo la mia indole è portata più per la cultura che per la politica. Se lei poi è arrivato così in alto senza sapere che cos’è l’identità siciliana, mentre io sull’identità siciliana ho scritto una mezza dozzina di libri, beh, sì, lo riconosco, sono un fallito. Perbacco, lo dimentico sempre: sono un disoccupato.
Poi lei dice che la gente perbene deve stare muta e a casa (già, così magari la gente “permale” fuori casa fa gli affari con le tangenti e la corruzione: leggo che è stata arrestata gente nominata da lei), mentre io a casa, sì, ci sto, e anche parecchio, perché leggo molto e scrivo molto, però spesso esco anche a passeggiare e a fare qualcos’altro, ma non sto muto, questo no, e parlo, parlo spesso, forse perché ho fatto il professore per quarantanni.
Lei, signor Presidente, a differenza di me che ho educato alla democrazia generazioni di studenti (oh, pardon, sono un poveretto disoccupato), ha una idea bizzarra e contorta della democrazia, ma questo, viste le sue ascendenze politiche, non mi meraviglia. Chi ha criticato le sue recenti determinazioni (parlo solo di questa cosa sennò scrivo un romanzo) non è una sparuta minoranza ma sono decine di migliaia di siciliani, e non credo che siano tutti poveretti con problemi personali, familiari, psichiatrici, disoccupati, che non portano un centesimo a casa, come dice lei, come me.
Veda, signor Presidente, i siciliani (normali) sono insorti contro di lei non perché contestassero il suo legittimo diritto a nominare un assessore della Lega, visto che questo partito l’ha sostenuta nelle ultime elezioni politiche regionali, ma perché lei ha voluto dare l’assessorato ai Beni Culturali e all’identità siciliana a un partito razzista che da anni offende quotidianamente i meridionali e i siciliani. Per una cosa del genere si corre il rischio di passare alla storia come il peggior Presidente della Regione Siciliana. Ma lei queste cose le capisce, lei fa finta di non capire, dice qualcuno, perché probabilmente è vittima degli appetiti e dei giochi di potere della sua giunta. Poi ha cercato di salvare capra e cavoli dando l’assessorato a un siciliano. E no, signor Presidente! Non è che gli altri abbiano fatto granché in questo assessorato, anche se il compianto Tusa se la stava cavando bene.
Chi è questo nuovo assessore? Si chiama Alberto Samonà, è certo un figlio di Sicilia pure lui, un figlio un po’ stravagante, pare. Palermitano, classe 1972, è giornalista e, avendo pubblicato libri, scrittore. Viene dal Fronte della Gioventù, dalle associazioni ambientaliste Fare Verde e Gruppi ricerca ecologica, dal MSI, da Julius Evola, da 5Stelle, ora è approdato alla Lega. Si è occupato di cronaca giudiziaria, di comunicazione politica e culturale.
Che cultura? Ha scritto libri esoterici e su tematiche simboliche, di conoscenza del sé e di religiosità orientale, alchimia, tarocchi, riti pasquali. Potrebbe prendere il posto di Paolo Fox in TV. Impegno politico e culturale eterogeneo e di ampie vedute, insomma. Ah, dimenticavo, sarebbe pure massone: non gli manca nulla. Ha organizzato negli anni diversi convegni e tavole rotonde su temi di attualità pittoreschi e originali.
I soliti giornalisti “camurriusi” sono andati a sbirciare tra i suoi post, perché finora nessuno lo conosceva, e hanno trovato tante sue amenità, tipo che il 25 Aprile è una festa che divide gli italiani, che Mattarella è un mezzo mona perché ha osato ricordare che l’antifascismo è un valore, che ha sfornato avvincenti interviste a garbati ex terroristi di destra come Fioravanti, che è autore di amene teorie complottiste sul Coronavirus, che ha fatto battute sapide su Bella Ciao e sulla fascistissima Giovinezza. Però, San Paolo diceva che non importa da dove si viene, importa dove si va.
Bene, non bisogna essere sacrileghi, aspetteremo. I siciliani hanno tanta pazienza, anche se poi sanno fare le vere rivoluzioni. Intanto, la scelta è sbagliata, e lei è già passato alla storia come il Presidente che ha consegnato la cultura, la storia, l’identità siciliana a chi odia profondamente i siciliani, a quelli che gridano Forza Etna e considerano inferiori i suoi corregionali e lei stesso, che sono poi i veri mentecatti, poveretti e disturbati mentali, contro i quali mai lei è intervenuto per difendere i siciliani.
I siciliani non le contestano la scelta politica ma quella morale, perché lei, Presidente, è venuto meno alla parola data: difendere i cittadini siciliani dalle offese di chiunque. Signor Presidente, parlando ora seriamente, concludo questa lettera chiedendole scusa se l’ho offesa con qualche espressione, ma sa, io sono una persona semplice anche se penso di essere molto intelligente e colto, io non sono abituato a fare pomata o annacatine, né a farmi vedere col rosario e il crocifisso, ho una fede interiore sincera e discreta.
D’altra parte, non faccio politica, non ho bisogno di fare concessioni folkloristiche, tipo farmi vedere con il carretto siciliano o all’Opera dei Pupi, o di cantare ciuri ciuri e vitti na crozza, o di farmi foto con la coppola e la lupara, o di farmi vedere alla Vucciria tracannando passito e ingozzandomi di arancine e panini ca meusa, magari completando con la pasta con le sarde e un bel cannolo siciliano o una cassata. Io sono solo un umile professore di provincia che, ora che è in pensione, sta cercando di dare più pubblicità ai libri che ha scritto, e sull’identità siciliana, visto che lei chiede a destra e a manca (ma forse solo a destra) che cosa sia, rimando ai miei ultimi post, se ha voglia di conoscerla.
Io, a dirla tutta, fino a tre anni fa non sapevo nemmeno che lei esistesse, perché mi interesso poco di cronaca locale o regionale, mi interessano di più i grandi temi esistenzialisti e i problemi mondiali, che vedo meglio ora che avanza la presbiopia. Spero di essere stato chiaro, perché io ho buona cultura ma di professione ho fatto il docente, e della comunicazione modestamente ho fatto un’arte.
Le avrei scritto questa lettera anche se lei fosse stato comunista o socialista, o democristiano, mi creda, e penso che mi crederà davvero, perché, come vede, dagli aggettivi che uso, io forse appartengo a un altro spazio, a un altro tempo.
Francesco Bellanti
Lettera al Presidente della Regione Siciliana inviata realmente e pubblicata quale post pure su:
In copertina, statua di Filippo V re di Spagna (posta sul Teatro marmoreo), nella piazza del Parlamento, antistante Palazzo dei Normanni, Palermo, sede dell’assemblea Regionale Siciliana.
Post scritto con grande acume e dignità non solo siciliana, complimenti!
Condivido, da siciliano, da professore-quasi-in pensione, da scrittore-ancora-attivo, quanto scrive argutamente e, sostanzialmente, in modo rispettoso, il prof. Franco Bellanti, che non conosco personalmente e, anzi, spero di conoscere a partire da qui. Ho inteso perfettamente le allusioni alle “concessioni folkloristiche” e all’ostentazione di certe presenze “con il carretto siciliano” o “all’Opera dei Pupi”. Sottoscrivendo in toto le sue critiche e provando la sua stessa amarezza per scelte “morali”, ma io direi anche politico-amministrative, tanto infelici, come quelle a cui stiamo reagendo in moltissimi, mi permetto di metterlo in guardia da possibili strumentalizzazioni di passaggi del suo intervento: il carretto siciliano e l’Opera dei Pupi meritano un amore e una passione profondi, ben al di là dei giochini di potere e delle esibizioni opportunistiche. E lo dico con piena consapevolezza, onorandomi di essere amico della famosa Compagnia Marionettistica dei Fratelli Napoli di Catania, e vantandomi di collaborare, ogni tanto, con loro. Io sento tutta la suggestione, la potenza, il valore dell’artigianato, dell’arte, dei contenuti narrativi, dell’interpretazione attoriale, della trasmissione e proiezione culturale che l’Opera dei Pupi continuerà a veicolare e suscitare ancora a lungo. Un’arte certo non relegabile nell’angolino delle compiante, superate, nostalgiche tradizioni, ma attualissima e aperta verso il futuro. Tutto ciò sono certo che il prof. Bellanti lo sappia e lo condivida. Ma penso anche alla doppiezza di addestratissime lingue biforcute, che grideranno allo scandalo, e, per distogliere l’attenzione da sé, punteranno il dito contro di lui, accusandolo, paradossalmente, di svalutare l’identità siciliana. Se ci pensate, “Vitti ‘na crozza” e “Ciuri ciuri” siamo stati noi stessi a ridurle a motivetti folkloristici, buoni per tutto. Se le riascoltiamo con attenzione, ci raccontano di lavoro, di dolore, di passioni, di ingiustizie e di relazioni da riscattare. Concludo, ringraziando il prof. Bellanti e schierandomi senza riserve al suo fianco e accanto a tutti i Siciliani, che, senza pregiudizi e campanilismi, non si rassegnano a svendere e barattare la nostra meravigliosa terra. “‘U rispettu è musuratu, cu’ ni porta, nn’avi purtatu”…
Ringrazio il prof Antonino Bellia per l’intervento intelligente. L’Opera dei Pupi, il carretto e il resto sono citati in senso ironico e non irrispettoso, perché io amo anche queste tradizioni ed espressioni artistiche che spesso vengono strumentalizzati.