di Gabriele Bonafede
Prima dell’esplosione dell’epidemia di coronavirus in Italia, in TV si sono sentite le castronerie più incredibili. “È poco più di una semplice influenza”, dicevano. “Che mai sarà”, dicevano. “La maggior parte se ne sta a casa con la febbre e passa”, dicevano. Altri, persino medici professoroni, si lasciavano andare a previsioni di un ottimismo al limite del fantasmagorico “non arriverà in Italia”. Dicevano.
Le bugie hanno le gambe corte. Durante le epidemie le hanno microscopiche. Negli ultimi undici giorni i decessi sono stati circa cinquemila. E si sono aggiunti alle centinaia dei giorni precedenti. Un’esplosione prevista da molti e con avvertimenti dati da molti esperti.
Eppure, hanno continuato a dire cose incredibili.
Ancora ai primi di marzo venivano diffuse in TV opinioni e campagne a favore del turismo e degli spostamenti e persino a favore degli “aperitivi” con gli amici. Immagini di Vip che andavano a sciare, e magari esortazioni a viaggiare. Ciò accadeva quando qualsiasi analisi statistica sui trend in atto, anche fatta in casa, dimostrava una crescita esponenziale dell’epidemia in assenza di drastici provvedimenti. Ciò accadeva quando i decessi erano già dell’ordine delle centinaia e i casi si moltiplicavano verso le decine di migliaia di unità. Giorno per giorno. Ora per ora.
Tra fine gennaio e per tutto febbraio cosa si è fatto? Quando era necessario predisporre un piano d’emergenza, acquisendo stock di materiale vitale e molto altro, in Italia ci si divertiva con Sanremo in TV e altre amenità. Si continuava a giocare a calcio spostando decine di migliaia di tifosi da un lato all’altro della Penisola. E persino fuori dei confini nazionali, come in Spagna. Chi si proponeva di lanciare l’allarme veniva subito tacciato di catastrofista e magari minacciato di procurato allarme.
In TV dicevano che la letalità era “bassa”. Come se fosse bassa una letalità di 10-20 volte superiore all’influenza. “Colpisce solo gli anziani”, dicevano. Non si accorgevano che, in assenza di complesse e costose terapie ospedaliere, la letalità del coronavirus può andare vicino al 10% dei casi accertati, e non solo anziani. Non dicevano, o lo dicevano solo in pochi, che assicurare a tutti un’assistenza in ospedale è praticamente impossibile con determinati numeri. Numeri che erano già palesemente in via d’essere raggiunti. E molto presto. Bastava dare un’occhiata a una semplice analisi di trend ai primi di marzo.
Ancora oggi, si continua a dire che in Italia si muore “con” il “coronavirus” e non “per il coronavirus”. Il che è una cosa ridicola prima ancora di essere lugubre e grottesca. La realtà è che “con” il coronavirus sono decedute così tante persone che c’è voluto un lugubre corteo di mezzi militari per farli uscire dall’ospedale di Bergamo e portarli a cremare senza esequie.
Ci sono oltre cinquemila morti già al 22 marzo. Iniziano ad esserci segnali incoraggianti con un “decremento dell’incremento” dell’infezione. I provvedimenti, seppur palesemente tardivi, iniziano a dare chiaro effetto nel contenimento dell’epidemia.
Ma non illudiamoci troppo sul futuro. Per salvare quante più vite umane, vanno attuate le disposizioni di isolamento e molto di più, ad esempio nella gestione dei trasporti. Vanno eseguiti molti più tamponi e tracciamenti, come insegna l’esperienza della Corea del Sud. Va predisposto e attuato un piano d’emergenza nazionale del quale ancora non c’è traccia e che, per buona pace dei cosiddetti talk show in TV, avrebbe dovuto essere predisposto entro gennaio. Anziché mettere la testa sotto la sabbia e fare finta di niente.
Ed è lecito, in tutto questo, chiedersi: dove siano finiti tutti quelli che minimizzavano in TV? O che minimizzavano nei giornali? Oppure si lasciavano andare in scriteriati video personali diffusi a go-go? Anche da giornalisti accreditati, per giunta.
La risposta è incredibilmente tragica. Sono ancora tutti lì. In TV, sui giornali, sul web, a pontificare. A fare i soloni. Laddove dovrebbero avere la decenza di fare un passo, e possibilmente due passi, indietro. Dovrebbero evitare di rilasciare ancora interviste e dichiarazioni.
Invece, il circo mediatico della TV è ancora tutto lì. A dire troppo spesso cose ormai prive di qualsiasi credibilità.
Anzi, alzano il tiro. Se la prendono ad esempio con i Paesi vicini che forse, secondo loro, non hanno abbastanza morti. Aizzano contro paesi vicini che, con qualche consiglio, potrebbero aiutarci.
Ma non hanno da preoccuparsi. Purtroppo, le cataste di morti rischiano di arrivare molto presto in tutta Europa. I pazienti, infatti, si aggravano soprattutto nella seconda settimana, prima di finire in decesso. La sete di sangue non-italiano di taluni personaggi televisivi sarà appagata, ci possono contare.
Per Amor di Vita, se non di Patria, farebbero bene a dichiarare almeno un convincente mea culpa pubblico. Farebbero bene al Paese, all’Italia e oltre, a riguadagnare una credibilità assolutamente persa. Perché il momento è molto difficile ed è più che drammatico. E oggi serve soprattutto credibilità.
Certi personaggi televisivi farebbero bene a lasciare spazio a chi avvertiva del pericolo. Lasciare spazio a chi era tacciato di catastrofista e che invece era realista. E possibilmente, farebbero bene ad aiutare materialmente i volontari dell’emergenza. Andrebbe fatto, da molti, quanto prima.