“Vincere la paura è l’inizio della saggezza”
Bertrand Russell
di Franco Maria Romano
L’invecchiamento biologico comporta la perdita di strutture e funzioni dell’organismo e ciò si accompagna ad un aumentato rischio di mortalità. Differenziare un invecchiamento fisiologico da un invecchiamento gravato da malattia non è sempre facile. I parametri biologici e le prestazioni funzionali dell’anziano normali si discostano ovviamente da quelli del giovane e per questo spesso si tende a ritenere anormale ciò che invece è solo diverso.
Meno giovani e sempre più anziani, è un dato di fatto. Lo dicono con cruda evidenza i numeri delle statistiche demografiche ed è l’esito di un processo che ha conosciuto una straordinaria accelerazione negli ultimi decenni, legato a più fattori che vanno dalla forte diminuzione della mortalità infantile, all’aumento considerevole della longevità ed ad una drastica caduta della natalità.
Per trasformare in vera ricchezza sociale questa nuova e diversa abbondanza demografica la società deve immaginare, trovare nuovi sistemi organizzativi.
Siamo entrati nell’era dell’abbondanza di nonni, solo che adesso mancano i nipoti. Il nucleo familiare, almeno qui da noi, si dirada, si restringe: i figli tendono a costruire il loro futuro, divenendo cittadini del mondo con nipoti lontani che tu, vecchio, non potrai né vedere né partecipare al loro vivere quotidiano, venendo a mancare quel processo di arricchimento di relazione tra nonni e nipoti, il cosiddetto “valore aggiunto”.
L’invecchiamento dovrebbe essere depositario di saggezza e serenità ma l’idea corrente è quella di vedere esclusivamente nell’invecchiamento una inevitabile degradazione funzionale, il più delle volte giudicata “terribile”, indipendentemente dalla sua specifica realtà.
E’ Simone de Beauvoir che dice che la vecchiaia è un fenomeno biologico che comporta anche delle conseguenze psicologiche. Viene a modificarsi il rapporto con il tempo e quindi col mondo e con la propria storia.
Non si può ignorare che oggi, nella grande maggioranza dei casi, una crescente sensazione di “perdita” va impossessandosi della persona anziana: perdita di forze, di potere, di destrezza e di benessere e, soprattutto, perdita di progettualità.
Perdite dolorose ma superabili utilizzando ogni moderna capacità di prevenzione, di diagnosi, di terapia, di solidarietà sociale, di sostegno e di stimolo psicologico, per godere di una migliore qualità di vita mentre si invecchia.
Ancora Simone de Beauvoir annota che “il vecchio è insieme un sotto-uomo e un super-uomo, perché anche invalido ed inutile, egli è però ancora l’intercessore, il mago, il sacerdote al di qua e al di là della condizione umana e spesso l’uno e l’altro insieme”.
In “Il tempo ritrovato”, Marcel Proust è straordinariamente efficace quando descrive la scoperta della comparsa dei segni del tempo sugli altri e, allo stesso tempo, solo come corollario, su se stessi: “Sulle prime non riuscii a capire perché stentassi a riconoscere il padrone di casa, gli invitati, e perché ognuno sembrasse essersi mascherato con una acconciatura, generalmente incipriata e che lo trasformava completamente.”
“Il principe era camuffato con una barba bianca e pareva strascicare i piedi, ch’esse appesantivano, delle suole di piombo… Mi diceva un nome , e restavo stupefatto, costatando che quel nome indicava ad un tempo la bionda danzatrice di valzer, che io avevo conosciuto in un lontano passato e la grossa signora dai capelli bianchi, che ora mi passava pesantemente accanto… Ognuno di noi non vedeva la propria immagine, la propria età, ma come in uno specchio contrapposto, vedeva quella degli altri”.
Oggi appare evidente come bisogna dare calore umano all’invecchiamento. Il recupero di certi valori e di certe capacità di comprensione. Forse troppo facilmente dimenticati, potrebbe essere un prezioso sostegno alla persona, man mano che essa perde di significatività economica e sociale.
E’ necessario un profondo cambiamento culturale, capace di influenzare sia i singoli sia l’orientamento politico-organizzativo della società. L’invecchiamento è inevitabile, può causare sofferenza ma, senza sottovalutare l’importanza della scienza e della medicina, dobbiamo essere liberi di narrare storie più ricche e più profonde sul nostro essere uomini e sul ruolo degli anziani nella nostra comunità.
In copertina, foto di Anna Fici.
Ottimo articolo. Il mio commento che segue è suggerito da questa frase al centro dell’articolo: “Per trasformare in vera ricchezza sociale questa nuova e diversa abbondanza demografica la società deve immaginare, trovare nuovi sistemi organizzativi”.
Per eliminare i contagi da Coronavirus, il Governo ha impartito a tutti i lavoratori (quelli che non producono servizi essenziali) l’ordine di restare a casa e si è fatto ricorso al telelavoro per le attività per le quali è possibile lavorare telematicamente da casa. Perchè allora non pensare a forme di telelavoro per gli anziani pensionati? Loro, che di tempo a casa ne hanno tanto, potrebbero svolgere grazie al web tutta una serie di lavori adatti alle loro competenze ed abilità: lavori a valenza sociale (professori che diano telelezioni a studenti bisognosi, medici che seguano ammalati e consiglino chi li assiste, …), attività intellettuali (esperti di lingue che effettuino traduzioni o mediazione linguistica, docenti pensionati che producano materiali didattici per teledidattica, …) attività amministrative (impiegati pubblici e privati pensionati che continuino a svolgere a distanza parte delle attività che svolgevano precedentemente, …), attività produttive (per i pensionati tutti che dotati di abilità manuali amino produrre, montare, riparare, …).
Per far ciò basterebbe un portale ove sia possibile fare incontrare un mondo di offerta da parte dei cittadini pensionati ed un mondo di domanda da parte di aziende, amministrazioni e cittadini comuni di ogni genere ed età).
Chi pensa che ciò sia possibile e che valga la pena di impegnarsi perchè si attui, mi scriva e potremmo anche provarci …
Umberto Lo Faso, lofaso@fastwebnet.it