Un film sulla nostra storia da vedere
di Giovanni Burgio
Il pregio del film di Sam Mendes “1917” sta tutto nella sua “storicità”. Nel far vedere, cioè, come si facevano le guerre prima dell’arrivo dei carri armati, prima dell’avvento delle moderne telecomunicazioni, prima del volo degli aeroplani.
Prima, soprattutto, che gli uomini a poco a poco si ritirassero dai campi di battaglia per far posto a “obiettivi mirati”, “bombe intelligenti”, “droni invisibili”.
La prima guerra mondiale, infatti, è l’ultima delle guerre sette-ottocentesche che ha ancora come protagonisti-vittime gli uomini in carne ed ossa; i loro corpi feriti, maciullati, mutilati; le masse inermi di popolazione mandate allo sbaraglio; generali e ufficiali che impartiscono ordini assurdi e ubbidiscono ciecamente.
1917 e la guerra di trincea
“La guerra di trincea”, la baionetta montata sul fucile, il duro corpo a corpo con il nemico, l’assalto suicida di migliaia e migliaia di uomini nelle linee nemiche, sarà dopo d’allora un modo di fare la guerra descritto solo nei libri di storia.
Ecco, la prima, e tanto citata, scena-piano sequenza del film descrive tutto questo. Un’immersione lunga e totale nelle giornate statiche e noiose che milioni di soldati hanno fatto per quattro lunghi anni. Cibo, armi, equipaggiamenti, architetture militari; umori e status delle persone, sono esplorati minuziosamente e analizzati attentamente. Accanto ai due giovani protagonisti del film, ci si sente dentro la trincea e si vivono quelle tremende condizioni di vita.
Ma aldilà di questo notevole e prezioso viaggio nel campo di battaglia, il film è poco altro e ha alcuni elementi negativi.
Alcune perplessità
Innanzitutto, all’improvviso, rallenta clamorosamente. Poi, “imita” un po’ troppo altri film. Alcuni scenari e teatri di posa sono quelli già visti in “Full Metal Jacket” e “Salvate il soldato Ryan”. E si respira una vaga aria eco-filosofica che ricorda tanto quella della “La sottile linea rossa”, con la differenza, però, che Terrence Malick “teorizzava” questo suo pensiero in maniera più convinta e compiuta.
Inoltre, si notano dissonanze e distonie. La costante crudeltà dei combattimenti e le continue durezze delle scene fanno a pugni, prima con i lunghi minuti “umanissimi” vissuti nel sotterraneo con l’unica donna del film e un bambino, poi con l’immersione nel trasparente e fresco fiume, e poi ancora con la melodica e dolce canzone intonata da un soldato.
Infine, biasimo e sconcerto bisogna esprimere sul regista per la sua visione dei soldati tedeschi. Sembra infatti, che già da allora siano avviati verso l’inesorabile destino di un buio militarismo, di comportamenti spietati, di atrocità senza fine. Un giudizio chiaramente di parte e poco serio. La cosa peggiore del film.
“1917” è da vedere
Il film comunque va visto, perché rimane un affresco vero, genuino, efficace, su quel che hanno significato nei secoli passati lo scontro fra Stati, le ambizioni smisurate dei monarchi, le tirannidi scellerate di alcuni uomini. Una pellicola da consigliare ai giovani e da proiettare nelle scuole come documento storico.