di Giovannni Burgio
In questa prima parte di stagione cinematografica 2019-2020, due film hanno catturato la nostra attenzione e si sono impressi nella mente. Tutt’e due hanno rappresentato il medesimo scenario, che è di un’attualità sconvolgente.
Tutti e due hanno riprodotto molto bene il mondo di oggi e la tragica realtà delle nostre società, che molti, specialmente a sinistra, si ostinano a non considerare. Ma, ancor di più, hanno prefigurato quello che ci aspetta nel prossimo futuro, un domani buio e nefasto risultato di facili scorciatoie.
L’americano Joker di Todd Phillips, con lo straordinario Joaquin Phoenix, e il coreano Parasite di Bong Joon-ho riassumono efficacemente tutte le contraddizioni, sperequazioni, diseguaglianze, dell’odierno sistema economico dominante: un mercato ferocemente concorrenziale, una lotta fra poveri sempre più poveri, un prevalere della forza mascherata da legalità, lusso, successo.
Il film Joker: la tragica maschera
Il selvaggio e spietato mondo del lavoro occidentale è tutto nei primi venti minuti di Joker. Un uomo adulto con qualche problema psicologico-comportamentale è costantemente preso di mira da tutti: dai violenti ragazzi del quartiere, dagli astuti e subdoli colleghi di lavoro, e naturalmente dal piccolo ma sempre abietto “padrone”.
Il tempo, le cose, gli strumenti di lavoro, sono tutti protesi a produrre denaro e gravano come macigni sulla testa del lavoratore. Un controllo totale sulla vita della persona, un gioco al massacro difficile da reggere. L’uomo cerca disperatamente di sopravvivere, ma anche, se può, di realizzare parte di se stesso. Ma è una lotta impari, e alla fine soccombe.
E se questa è la condizione comune alla maggioranza della popolazione, ecco che l’interno di un vagone della metropolitana diventa il teatro della ribellione e del riscatto. L’uomo sconfitto e soggiogato, assistendo a gesti maschilisti e violenti di alcuni giovani rampanti, ha un naturale e istintivo gesto di reazione. Questa sua cruenta risposta è la scintilla per una rivolta di classe e di sistema. Una battaglia che vede da un lato i ricchi sempre più arroganti e prepotenti, dall’altro i poveri sempre più silenziosi e asserviti.
E in una città sempre più buia, sporca, abbandonata, è evidente che tutto ciò che rappresenta il potere, la legge, le regole, è visto come oppressivo, soffocante, ingiusto; ed è osteggiato, preso di mira, distrutto e dato alle fiamme; siano anche una macchina posteggiata, un semaforo, o perfino un’ambulanza. Tutti simboli, comunque, di benessere, ordine, e strumento dei più forti.
Il film Parasite: la tranquillità del male
Se la luce di Joker è violenta, aspra, truce, quella di Parasite è al contrario molto tenue, descrittiva, formale. Come se la lotta fra le diverse classi sociali assumesse una modalità quasi pacifica, e quindi accettata dai contendenti. Come se lo sproporzionato benessere di alcuni acconsentisse a elargire piccole quote di opulenza agli sfortunati, ai diseredati, agli altri che devono arrangiarsi per vivere. E nel film sembra che i ricchi, consapevoli dei privilegi posseduti, si lascino prendere in giro da chi ha sviluppato astuzia e furbizia per aggirare il bisogno.
Nel lungometraggio coreano sono le case delle due famiglie protagoniste che parlano dell’enorme abisso fra l’agiatezza dei pochi e la povertà dei più. E l’aspetto estetico assume un’importanza rilevante.
Da un lato, quartieri esclusivi, alti muri protettivi, disegni di architetti famosi; con annessi giardini, vetrate e comfort da sogno. Dall’altro, strette strade in salita e discesa, agglomerati di case su case, fili della luce scoperti, sotterranei dove si vive stipati. E se piove a dirotto, è naturalmente la dimora disagiata sotto il livello stradale che è colpita dalla devastante inondazione.
Ma su quest’apparente tranquillità incombe l’imprevisto, l’incerto. E alla fine del percorso leggero e ironico dell’intero racconto, il film cambia tono e misura. Ancora più giù della miseria quotidiana, si scopre una condizione triste e drammatica.
In un locale interrato nelle viscere della villa lussuosa, sconosciuto perfino agli stessi proprietari, vive un essere scomparso dalla società: un disoccupato, quindi un emarginato, quindi un uomo cancellato dalla comunità. Ed ecco allora la guerra fra poveri diventa dura, spietata: “O sopravvivo io, e tu muori. O prevali tu, ed io perisco”. La discesa agli inferi è compiuta. E l’epilogo non può che essere quello di una tragedia greca.
La finzione diventa realtà
La cosa straordinaria di questi due film, è che nella loro prima parte descrivono realtà difficili e complesse che sembrano essere quelle che hanno provocato le recenti rivolte in America Latina, Algeria, Libano, Irak, e altre parti del mondo. Società dove regna un malessere profondo di grandi masse di popolazione costrette a vivere di precarietà, bisogni primari non soddisfatti, coercizioni imposte dall’alto.
E se ultimamente ci è capitato spesso di vedere al cinema, scenari che accadono nella realtà anni e anni dopo, speriamo che ciò non avvenga con le soluzioni finali che abbiamo visto in Joker e Parasite. Speriamo, cioè, che la folle rabbia degli individui e delle masse vista in queste pellicole sia solo frutto di un’elaborazione fantasiosa e di una sceneggiatura catastrofica e pessimista.
Auspichiamo, quindi, che le ottuse e cieche classi dirigenti mondiali rinuncino alle posizioni di privilegio e di potere e si sporchino le mani con i reali problemi della gente comune.