di Maria Teresa de Sanctis
Di frequente si parla tanto, si scrive tanto, e per quante parole si usano non sempre queste tante parole significano qualcosa. Allora talvolta se ne potrebbe anche fare a meno ovvero limitarne l’uso al minimo indispensabile.
Questo è quel che di solito fa il regista Elia Suleiman nei suoi lavori, nei quali i dialoghi sono pochissimi. E il suo ultimo lungometraggio “Il Paradiso Probabilmente” (titolo internazionale “It must be Heaven”), conferma questa sua consuetudine.
“Il Paradiso Probabilmente” risulta essere un interessante aneddoto sul mondo e le sue stranezze.
Stranezze che rappresentano una terribile quotidianità alla quale incredibilmente ci si abitua quasi senza rendersene conto. Eppure sembra essere il bisogno di una normalità più appagante di quel che la propria terra gli può offrire a spingere il nostro verso un viaggio a Parigi prima e a New York poi.
Ed in questo girovagare lo sguardo attento e osservatore del regista si poserà su situazioni tanto reali quanto paradossali. Come paradossale sembra essere la sequenza delle scene iniziali del film, scene queste ambientate nella terra natia del regista, in Israele.
Elia Suleiman infatti è nato a Nazareth nel Distretto Nord di Israele nel 1960 da una famiglia palestinese di religione cristiana greco-ortodossa, è quindi un palestinese di nazionalità israeliana.
Perfetti tempi comici da film muto, inquadrature centrali dalle quali lo spettatore viene quasi risucchiato, assumendo lo stesso sguardo del protagonista. Personaggio dall’aria stralunata e caricaturale, interpretato dal regista stesso, anche questa altra consuetudine di Suleiman nelle sue opere. Eppure le gag ci fanno sì sorridere ma nulla più.
La risata si raggela perché quelle situazioni al limite dell’assurdo, eppure appartenenti alla realtà, denunciano chiaramente la condizione ormai infelice di un mondo che sembra allontanarsi sempre più da quello che un tempo poteva essere un’idea di vita serena.
E allora poco cambia che sia una Parigi fantasma, con poliziotti in giro su monocicli elettrici che inseguono venditori di mazzi di rose o una New York piena di mamme e bambini armati di tutto punto nella loro più consueta quotidianità. Oppure la stessa Palestina ostacolata nell’affermazione del suo esistere.
Ovunque ci sono astrusità con le quali fare i conti e ovunque la quotidianità può assumere i toni della bizzarria. Insomma, un invito, fatto con arguzia, ironia e acume come è costume del regista, a guardare al di là di quel che la realtà può sembrare. In qualunque parte del mondo ed evitando i pregiudizi. Al Festival di Cannes del 2019 il film ha ricevuto il premio FIPRESCI (Fédération Internationale de la Presse Cinématographique) e una menzione speciale dalla giuria.
Ecco il trailer ufficiale in italiano: