di Vincenzo Pino
A Bologna lo slogan salviniano non è più “prima gli italiani” o gli emiliani e romagnoli, all’occorrenza. La vera attenzione per il futuro di emiliani e romagnoli, e anche degli italiani, se la è aggiudicata abbondantemente Stefano Bonaccini.
Presidente uscente della giunta regionale ha messo al centro della sua campagna elettorale la propria competenza e i grandi risultati raggiunti dal suo governo. Ricandidandosi con notevoli possibilità di vittoria.
Ora lo slogan salviniano è diventato “Emilia Romagna cadrà il secondo muro di Berlino“. Come se l’Emilia-Romagna e Bologna fossero una specie di Berlino Est, oppressa da un regime di filo-russo. Laddove di filo-russo, oggi, ci sono proprio Salvini, la Lega, FdI e compagnia marciante.
Eppure, Salvini, considera Bologna l’ultima ridotta “comunista” da espugnare. Obiettivo per il quale si è presentato col piglio del “liberatore” per annettere quel territorio alla sua travolgente avanzata e pretendere così il potere romano. Annettendola in realtà al potere di Putin, del quale Savini è un sostenitore (e sostenuto) fin troppo evidente.
Bologna non si lega
Doveva perciò essere strapieno il Pala Dozza in salsa salvinista, come un barile di sardine sotto sale. Ma non é stato così. Le foto mostrano impietosamente i vuoti dei 5700 posti a sedere. Forse non arrivavano a 4000. Riempita fino all’inverosimile, come sardine, era invece la piazza con la contro-manifestazione a Salvini: oltre 15mila persone (foto in copertina).
Ma lui, imperterrito, ha imputato questa defaillance ai centri sociali che avrebbero bloccato i pullman che sarebbero dovuti confluire al Pala Dozza. Scusa doppiamente ridicola.
Innanzitutto perché non vera. In secondo luogo perché, se vuoi che il popolo si liberi, non è che ci porti le truppe cammellate di occupazione con i pullman.
L’episodio ricorda un po’ quello del recente comizio dove per dimostrare il sistema di sottrazione dei bambini a Bibbiano, ne prese in prestito ed in braccio una di Pontida. Per dimostrare il teorema anti-Pd, ormai smontato
Al Salvini era andato tutto bene finora nella sua irresistibile risalita dopo la marronata del Papeete. Un’accoppiata social-piazza che era sembrata inarrestabile in Umbria.
Ma stavolta, come una nemesi della storia, la piazza l’ha riempita un’iniziativa promossa sui social da quattro ragazzi bolognesi. Che hanno portato quindicimila persone a Piazza Maggiore a Bologna esibendo gioiosamente sardine cartonate.
E che cantavano “Bella Ciao”. Perché loro la liberazione sanno benissimo cos’è e non gliela devi venire a spiegare tu con gli argomenti di Bannon o di Putin, o dei suprematisti bianchi alla Trump in odore di nazifascismo.
Bologna scaccia allegramente la bestia
Una brutta sconfitta per la “bestia”, l’incursione bolognese. E a Salvini non resta che la ritirata invernale. Magari assieme alla Borgonzoni a intonare per dispetto le note di Venditti nel passaggio “Arriveremo a Roma, malgrado voi”, riferito appunto agli emiliani e ai romagnoli, e alle sardine da loro esibite.
Canzone che si presta alla bisogna, visto che era contenuta nella raccolta “Nato sotto il segno dei pesci”. Appunto le sardine che hanno segnato il fallimento dell’apertura della campagna elettorale leghista in Emilia-Romagna.
E che ha dimostrato in questa occasione di volersi liberare sul serio, ma di Salvini e della Borgonzoni, quella che al Senato esibiva la maglietta ”Parliamo di Bibbiano”.
Insomma, i leghisti vorrebbero “liberare” l’Emilia-Romagna dicendo che confinerebbe col Trentino Alto Adige e scambiando Bologna con Berlino. La geografia e la storia, queste sconosciute.