di Gabriele Bonafede
Poco dopo le 21 ora italiana del 30 ottobre è partito un tweet epocale. Scritto dallo stesso fondatore di Twitter, Jack Dorsey: “Abbiamo deciso uno stop alla pubblicità politica su Twitter, globalmente. Crediamo che la diffusione del messaggio politico andrebbe guadagnata, non pagata. Perché? Ecco alcuni motivi…”
E qui inizia il cosiddetto thread, cioè una serie di twitter per esprimere un discorso più lungo di quanto non possa essere un singolo tweet.
Dorsey, conosciuto da tutti come “Jack” dal suo stesso profilo Twitter, spiega le ragioni dello stop con una serie di otto tweet successivi.
Twitter: la diffusione del messaggio politico va guadagnata, non comprata
“Un messaggio politico guadagna una diffusione quando le persone decidono autonomamente di seguire un account o ritwittarne i contenuti. Pagare per la diffusione rimuove queste decisioni, forzando messaggi politici altamente ottimizzati e targettizzati sulle persone. Pensiamo che le decisioni non vadano compromesse dal denaro.”
“Mentre la pubblicità su internet è incredibilmente potente e molto efficace per gli operatori commerciali, questo potere porta notevoli rischi in politica, dove può essere utilizzato per influenzare voti che modificano la vita di milioni di persone.”
“La pubblicità su internet porta sfide completamente nuove sul dibattito civile”, continua Dorsey, ricordando come questo dibattito viene modificato da ottimizzazioni automatiche, apprendimento dei bot nei messaggi, micro-targeting, informazioni fuorvianti, enormi e incontrollati fake, etc.
“Tutto ciò a crescente velocità e sofisticazione, oltre che a una scala insostenibile”.
“Queste sfide – continua – influenzeranno tutta la comunicazione su internet, non solo la pubblicità politica. È meglio che ci concentriamo alla radice del problema, senza il peso aggiuntivo e la complessità che porta il denaro. Cercare di risolvere i due problemi rischia di risolverli male ambedue e nuoce alla nostra credibilità.”
Una questione di coerenza e credibilità
“Per esempio. Non è credibile che diciamo: ‘Stiamo lavorando duro per evitare che si aggirino i nostri sistemi per diffondere informazione falsa o fuorviante, ma se qualcuno ci paga per individuare e forzare le persone a vedere e seguire la loro pubblicità politica… beh, allora possono dire quello che vogliono…”.
Qui, segue un sorrisino che, evidentemente, è di scherno a Facebook. Che ha recentemente dichiarato di voler continuare a diffondere pubblicità politica persino di chi dice cose palesemente false.
Dorsey, informa anche che non ci sarà uno stop solo ai candidati, ma anche alla pubblicità sui temi (issue ads) politici. Poi ammette che twitter rappresenta solo una parte di un “ecosistema della pubblicità politica” molto più grande.
Ma aggiunge che “siamo testimoni di movimenti politici e sociali che hanno raggiunto una diffusione gigantesca senza pubblicità politica. Credo che questo potrà solo crescere”.
Infine, aggiuge “abbiamo bisogno di una regolamentazione politica capace di guardare avanti (molto difficile). La trasparenza della pubblicità sta progredendo, ma non abbastanza. Internet fornisce capacità interamente nuove” e in sostanza, ritiene che i legislatori abbiano al momento bisogno di pensare con discernimento per assicurare un campo di confronto equo.
Cosa vuol dire per l’Italia
Lo stop alla pubblicità su twitter è “globale”. Ciò vuol dire, a giudicare dall’annuncio, che dovrebbe essere applicato a tutti i Paesi del mondo, Italia compresa.
In Italia tutto ciò dovrebbe significare che su twitter, per lo meno per un certo tempo, non ci sarà più pubblicità politica. Compresa quella di certi partiti che, come ha dimostrato Report, utilizzano grandi quantità di robot informatici, i bot, per spargere narrazioni distorte, fake news, odio mirato, messaggi subliminali di diffusione per ingiustificata paura e ansia a scopo politico.
Insomma, per dirla tutta, Lega e FdI, le destre estreme, ma anche i cinque stelle e tutti quanti i partiti, non potranno più fare certa propaganda politica nemmeno su determinati “temi” targettizzati su adolescenti o persone poco informate su come evitare le trappole delle fake news.
E nemmeno sarà possibile pubblicizzare contenuti con tematiche a dir poco tendenziose, come quelle basate su atteggiamenti razzisti o pseudo-razzisti, su temi di immigrazione ad esempio. Oppure di chiara matrice fascista o peggio.
Il che, a pensarci bene, potrebbe cambiare del tutto il panorama politico-elettorale dell’Italia.
Twitter, Facebook, Brexit e le prime reazioni
Le prime elezioni per le quali l’assenza di pubblicità politica su Twitter avrà un impatto saranno quelle del Regno Unito, convocate per il 12 dicembre. Elezioni drammatiche, che decideranno in pieno caos-Brexit del futuro di un’intera nazione.
L’annuncio di twitter è stato accolto con grande soddisfazione dalla giornalista britannica Carole Cadwaddler, nota per le sue inchieste che hanno dimostrato come Facebook abbia influenzato e distorto, con giganteschi fake pubblicizzati, alcune decisioni importanti quali la Brexit e l’elezione di Trump.
“This whole thread is absolutely brilliant. Destroys Facebook’s arguments. And demonstrates actual moral leadership. Who even knew that was possible in Silicon Valley?”
(Questo thread è decisamente brillante. Distrugge tutti gli argomenti di Facebook. E dimostra una veffettiva leadership morale. Chi avrebbe mai detto che fosse possibile nella Silicon Valley?)
Facebook seguirà Twitter in una postura più neutrale rispetto all’arena politica globale? Sembra in effetti difficile, secondo il detto latino, particolarmente seguito dalle parti di Facebook, “pecunia non olet” (il denaro non puzza…).
Ovviamente, l’annuncio di Jack Dorsey su Twitter è diventato ben presto virale.
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