di Daniele Billitteri
Il presidente del Tribunale per i Minori di Bologna ha disposto accertamenti su cento casi in cui un minore è stato sottratto alla responsabilità dei genitori per il sospetto che in quel clima familiare venissero commessi degli abusi.
L’indagine è stata disposta in relazione all’ormai famoso caso di Bibbiano, presentato agli italiani come il “sistema Bibbiano”, per riferirsi ai servizi sociali.
Che, si disse a destra e a manca, “sottraevano bambini alle famiglie allo scopo di ricavarne un guadagno”. Oppure “ladri di bambini”…
La vicenda di Bibbiano riguardava nove bambini. E di questi, otto sono stati restituiti alle famiglie prima dell’inchiesta.
La Legge e la vicenda Bibbiano
La Legge prevede infatti l’affido provvisorio cautelativo in attesa degli approfondimenti necessari. Tutte decisioni dell’Autorità giudiziaria cui i servizi sociali fanno riferimento mai agendo di propria esclusiva iniziativa.
Questi approfondimenti hanno portato alla restituzione di 8 bambini su 9. E non, ripetiamo, sull’onda emotiva dell’inchiesta giudiziaria ma prima.
Dei cento casi all’attenzione del Tribunale per i minori (non dunque di un’associazione privata, ma di una istituzione dello Stato) è risultato che 85 bambini sono stati restituiti ai genitori, che contro i 15 affidi disposti alla fine, 8 famiglie non hanno presentato ricorso al Tribunale e che i rimanenti sette ricorsi sono stati respinti dalla Corte d’Appello per i reati contro i minori.
Insomma, di tutto si può parlare tranne che di un “sistema Bibbiano” che, anzi, a questo punto ci dobbiamo augurare che esista perché, da quello che si vede, è un sistema che funziona bene e in osservanza delle leggi.
Le stesse considerazioni, in buona sostanza, sono state fatte, in un documento dall’ Associazione Italiana Magistrati per i Minorenni e la Famiglia, fortemente critico per come la faccenda è stata gestita dalle forze politiche e dai media.
Il ruolo dell’informazione
Ora, non mi meraviglia che una parte della politica abbia cavalcato la vicenda senza preoccuparsi di approfondirla. Forse abbiamo la politica che ci meritiamo e le magnifiche sorti e progressive del Paese sono affidate a chi la spara più grossa.
E a chi semplifica le cose per raggiungere più velocemente possibile la pancia dell’elettorato. Infatti non c’è un popolo cui spiegare ma un elettorato da portarsi dietro. Triste ma certo non sorprendente ai tempi d’oggi.
Quello che mi sorprende, essendo io giornalista da cinquant’anni, è che i mezzi di informazione nella quasi totalità abbiano rinunciato ai più importanti obblighi che il cronista deve avere nei confronti della verità: la pratica dell’approfondimento e il rispetto per i numeri onesti.
Ed è ancora più triste che questo sia stato fatto non per asineria, non per superficialità, non per disattenzione. Quello che è successo dimostra che larga parte dell’informazione è prona al glamour, al sensazionalismo e alla politica che vi fa ormai quasi esclusivo ricorso.
È il “giornalismo dei titoli” col paradosso che spesso un titolo contraddice perfino l’articolo che sovrasta. Questo vuol dire che in testa a chi lo fa c’è già una tesi e poco importa se essa è in contrasto con l’analisi. Come dire: è così perché lo dico io. Meno male che sono in pensione.