di Vincenzo Pino
Col solito piglio sorridente ieri sera a Otto e mezzo Nicola Zingaretti ha esposto gli elementi programmatici che giustificano la presenza del Pd nell’attuale governo.
Tra questi, quello essenziale di aver fermato l’ascesa di Salvini ed aver bloccato l’aumento dell’Iva. Per il resto, Zingaretti ha rivendicato la necessità di ridurre il cuneo fiscale e di sostenere le famiglie con figli nella prossima manovra di bilancio.
Con quali risorse, non è dato sapere però, perché quando gli è stata posta la domanda, ha parlato d’altro. Come se non stesse al governo.
Il personaggio è questo, un discreto dispensatore di slogan accompagnati da sorrisi ammiccanti, ma che sfugge a qualsiasi confronto di merito.
Elezioni regionali per Zingaretti primo nodo
Come ha fatto sull’alleanza con i cinque stelle. Una ipotesi strategica tutta ancora da realizzare e che non passerà molto facilmente nei prossimi appuntamenti elettorali.
In regione Campania ad esempio dove De Luca è in largo vantaggio nei sondaggi e non rinuncerà facilmente a ricandidarsi.
E neanche in Emilia-Romagna l’alleanza Pd e Cinque stelle, sembra essere così travolgente.
In primo luogo perché in quella regione i penta stellati risultano particolarmente deboli dopo le vicende di Parma e recentemente quelle di Reggio Emilia che hanno visto dimettere da consigliere comunale il candidato sindaco dei cinque stelle del maggio scorso. E nei sondaggi vanno a picco settimana dopo settimana.
E sempre in Emilia-Romagna il popolo Pd sembra non vada in brodo di giuggiole per un’alleanza con i cinque stelle per il modo in cui è stato massacrato da Di Maio nell’affaire Bibbiano.
Vicenda che alla luce della sentenza del Tribunale dei minori di Bologna ha assunto una connotazione molto diversa da quella di un Pd complice di elettroshock e di scippi di bambini.
E c’è da chiedersi in quest’occasione se un’alleanza con i cinque stelle aumenti le possibilità di vittoria. Forse resta la Calabria ipotesi per la quale il presidente della commissione antimafia penta stellato, Morra, non sembra particolarmente entusiasta.
Sarà decisivo perciò il risultato umbro a condizionare lo sviluppo di questa strategia.
Il nuovo Partito di Zingaretti araba fenice
Un Partito perciò statico, indefinito, appeso al prossimo evento.
L’ambizioso programma di rinnovamento delle primarie che doveva definirsi attraverso la più volte sbandierata “Conferenza delle idee” è finita nel dimenticatoio, come pure il radicamento nel territorio, come ancora il rafforzamento nei social, attraverso una “app” di cui nessuno sa nulla. Mentre precipita la partecipazione del Pd in questo ambito.
Come pure la raccolta di firme che doveva fare in estate contro Salvini nelle spiagge. Insomma tutta l’iniziativa politica si é ridotta al solito week end, da tesseramento. Ma nessuno dei commentari con cui si confronta in Tv gli chiede conto e ragione di tutto questo.
Il solito colpo di coda del preteso vincente
Ma un po’ ripetitivo perché finisce sempre le sue apparizioni nei talk show vantando il suo successo alle elezioni regionali in Lazio grazie all’alleanza con LeU, mentre Renzi avrebbe perso alle elezioni nazionali.
Vorremmo ricordare al buon Nicola che si tratta di elezioni differenti: una di tipo maggioritario ed una di tipo proporzionale. Ma scendendo nei particolari, in Lazio, la coalizione a suo sostegno, compresa LeU, è passata dal 40,6% del 2013, al 32,9% del marzo 2018.
Senza subire peraltro le conseguenze della scissione. E Il risultato finale, fa meno 7,7%. Mentre la coalizione per le politiche è passata dal 29,5% al 22,8. E questo fa meno 6,7%.
Quindi l’arretramento nella regione Lazio con Zingaretti candidato e LeU a sostegno è stata più pesante di quella subita a livello nazionale.
E con percentuali simili a quelle realizzate dalla sinistra in Lazio, nel 2019 il centro sinistra ha perso in Abruzzo (31,3%), Sardegna (32,9%), e in Basilicata (33,1%).
Quindi non è stata LeU a far vincere le elezioni in Lazio, quanto la spaccatura del centro destra e la candidatura di Pirozzi. Infatti, la somma di questi due spezzoni avrebbe fatto il 36%.
Comunque la nemesi si è presa la sua rivincita. La Lorenzin dopo essere stata esclusa dalle liste in Lazio a sostegno di Zingaretti per motivi di purezza ideologica, perché proveniente dal partito di Alfano, ora rientra nel Pd, provenienza Casini.
Accolta entusiasticamente, ed è tutto dire.