di Gabriele Bonafede
Una vittoria annunciata quella della legge sul taglio d dei parlamentari. Ma forse non con questi numeri: una maggioranza “bulgara” si diceva una volta. Ed è proprio questo che lascia perplessi.
Fa specie il grande sostegno che la riduzione dei parlamentari miete anche da quelle forze che avevano vinto il referendum contro la riforma istituzionale.
Perché, che lo ammetti o no, il taglio semplice dei parlamentari è una riforma istituzionale, e in particolare una riforma zoppa.
Pochi si rendono conto, nell’elettorato, di avere semplicemente sostenuto la riduzione del “peso” del proprio voto. Con il taglio dei parlamentari ogni voto espresso varrà di meno, molto di meno.
Alla Camera dei deputati si passerà a un deputato per 151.210 abitanti, invece di uno per 96.006 abitanti. Al Senato ci sarà un senatore per 302.420 abitanti, quando era uno ogni 188.424 abitanti. Il valore del voto di ogni elettore, in rappresentanza degli abitanti, è dunque ridotto e di molto. Contenti gli elettori. E gabbati.
La Legge Fraccaro certo non migliora il quadro della democrazia e il “potere del popolo”. Anzi, toglie peso al popolo nel sistema istituzionale italiano, che adesso peserà molto meno rispetto agli altri poteri, quello esecutivo e quello giudiziario.
Eppure, la proposta autolesionista piace agli elettori. D’altronde, i Cinque Stelle hanno ricevuto il 32% dei voti alle ultime elezioni politiche, anche grazie all’intenzione di ridurre il numero dei parlamentari. C’è voluta l’alleanza con il Pd per realizzare questo disegno.
Ma c’è voluta anche una buona dose di populismo. Populismo di quello puro, visto che il risparmio finanziario (non economico) che si realizza con questo taglio è risibile rispetto al bilancio dello Stato, ancora più risibile al cospetto del PIL italiano.
Uniche forze del Parlamento contrarie al taglio sono state +Europa (3 deputati) e Noi con l’Italia (4 deputati guidati da Maurizio Lupi). Due piccole formazioni politiche, quasi eroiche, insieme ad alcuni del gruppo misto e qualche distinguo interno alle forze di maggioranza e opposizione, tutte accodate al “populismo bicamerale puro”.
Eh sì. Populismo bicamerale puro. Perché il vero nodo del buon funzionamento del Parlamento italiano non è nel numero dei rappresentanti del popolo nel legiferare, ma il cosiddetto bicameralismo perfetto. Cioè l’equipollenza di Camera e Senato nell’approvare le leggi.
Il provvedimento, insomma, ha l’aria d’essere figlio del populismo. Sembra una di quelle proposte adatte solo a raccogliere voti e sbandierare risultati, magari con feste di piazza più o meno addobbate a carnevalata. Ma senza alcun risultato benefico per il Paese e per la democrazia, quella rappresentativa s’intende. Anzi, semmai c’è un danno, rispetto al quale le poche centinaia di milioni di “risparmio” annuo sono noccioline.
In copertina (particolare) e nel testo foto “cover” tratta dalla pagina ufficiale Facebook della Camera dei Deputati.