Giacobinismo, totalitarismo e liberaldemocrazia: la differenza tra ciò che propone la TV italiana e le “regole del gioco”
di Franco Lo Piparo
In una puntata di “Di Martedì” del 2018, a poche settimane dal voto sul Referendum per la riforma istituzionale proposta da Renzi, Crozza disse: “L’Italia è divisa in due: chi vota Sì e chi la riforma l’ha capita”.
Contemporaneamente e in primo piano risata di approvazione del conduttore Flores e applausi di un pubblico selezionato per applaudire. Tutto senza contraddittorio.
Fu un gran brutto segno della deriva giacobino-democratica che alcuni leader dell’informazione e della formazione di massa rischiavano di fare imboccare al nostro Paese. Forse loro malgrado. Sciascia diceva che a volte la buona fede è un’aggravante.
Sia chiaro, la valutazione sarebbe rimasta invariata se Crozza avesse detto il contrario: “L’Italia è divisa in due: chi vota No e chi la riforma l’ha capita”.
Perché? Liquidare un argomento dando dello scemo a chi la pensa diversamente, oltre che offensivo per le numerose donne e i numerosi uomini intelligenti e di cultura che hanno un’opinione diversa dalla tua. Ed è anche segno di incapacità di contro-argomentare e di cultura politica totalitaria che nel Novecento si è incarnata nel leninismo-stalinismo, nel fascismo e nel nazismo.
Cosa è la deriva giacobino-democratica
Ho detto “deriva giacobino-democratica”. Leninismo e fascismo sono per l’appunto forme di democrazia giacobina. Robespierre, Stalin, Mussolini, Hitler sono gli esempi europei più noti di politici giacobini. Speriamo che il futuro non ne aggiunga altri.
Il contrario della totalitaria democrazia giacobina è la liberaldemocrazia.
Detto in maniera veloce e tenendo d’occhio la questione che sto discutendo, liberaldemocrazia vuol dire: non criminalizzazione del dissenso.
Infatti, dare dello scemo a chi dissente è una forma subdola di criminalizzazione.
Liberaldemocrazia vuol dire anche persuadere i tuoi interlocutori in un contesto pubblico in cui chi la pensa diversamente ti oppone, disponendo degli stessi spazi e degli stessi tempi, i suoi contro-argomenti.
Esempi di comunicazione nei talk show
Volete un esempio eccellente di comunicazione televisiva liberaldemocratica? I dibattiti televisivi tra i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti: il conduttore è un neutrale regolatore del dibattito, i due contendenti argomentano e lottano ad armi pari, c’è assenza totale di pubblico che applaude.
Ciascuno spettatore si fa alla fine la sua opinione e vota secondo la propria convinzione. Come in tutte le vere partite nessun all’inizio della partita sa come il match va a finire. Un esempio italiano di comunicazione liberaldemoratica è stato il dibattito condotto da Mentana tra Renzi e Zagrebelsky, sempre in quel periodo in cui si discutevano le ragioni del Sì e del No per quella riforma istituzionale.
Volete un esempio di comunicazione televisiva democratico-giacobina? Quasi tutti i talk-show italiani, ancora oggi. Il conduttore non è arbitro ma giocatore, anzi è stato ingaggiato per giocare la sua partita. Il pubblico presente nello studio è selezionato per applaudire alcune battute e non altre.
I giocatori non dispongono degli stessi tempi. Il contraddittorio è rigidamente regolato in modo da fare prevalere la squadra in cui gioca l’arbitro. La gente comune viene intervistata per dare l’impressione che si stia dando la parola al “popolo” ma in realtà le interviste sono selezionate in funzione della tesi che l’arbitro-giocatore vuole fare prevalere.
Troppe trasmissioni televisive italiane sono esempi eccellenti di comunicazione democratico-giacobina. Io preferisco la comunicazione liberaldemocratica.