Secondo lo studio dell’Università di Leuven (Belgio), l’Italia perderebbe 139mila posti di lavoro e 18,5 miliardi di Euro con la Brexit No-Deal
di Gabriele Bonafede
Il conto della Brexit sarà salato per il Regno Unito. Lo dimostrano tutti gli studi. E il Regno Unito commercia per svariate decine di miliardi con l’Italia. Presumibilmente, anche senza alcuno studio, si capisce subito che l’Italia pagherà sotto forma di export ridotto perché più caro, di import ridotto per consumatori e imprese perché più caro. Ma anche in termini di posti di lavoro persi.
Gli italiani sembrano non interessarsi al problema. In moltissimi considerano la Brexit un problema esclusivamente britannico o “inglese”, confondendo l’Inghilterra con il Regno Unito.
Al massimo lo ritengono un problema della Germania, o della Francia, oppure dell’Europa: con estrema vaghezza. E comunque qualcosa di “lontano”, geograficamente e nel tempo.
La realtà non è così. Per quanto riguarda il tempo, purtroppo, stando così le cose, la Brexit è imminente. Avverrà in meno di un mese, a vedere le notizie che provengono da Londra.
La proposta dell’ultimo minuto del premier britannico Boris Johnson appare come una cosa senza costrutto. Già rifiutata, di fatto, dal Parlamento Europeo e dagli interessati europei più vicini e coinvolti, cioè gli irlandesi e il loro governo, sembra fatta a bella posta per arrivare alla Brexit No-Deal, senza nessun accordo.
Dal punto di vista economico, e geografico, la “lontananza” dai problemi innescati dalla Brexit non è come credono gli italiani. La realtà è molto più vicina.
In uno studio commissionato dal governo belga all’Università di Leuven, e pubblicato la scorsa estate, i numeri sono semplicemente drammatici. Anche per l’Italia. Il report (in inglese) dell’Università di Leuven è scaricabile qui.
Lo studio analizza l’impatto della Brexit nei due scenari principali, quelli ormai più probabili. Ossia la Brexit No-Deal (o hard-Brexit) e la Brexit con un accordo di commercio (o soft-Brexit, ovvero con un Free Trade Agreement).
Ovviamente si parla solo di economia e non di tantissimi altri aspetti come la libertà di muoversi nel continente europeo per i britannici e quella degli europei di entrare e uscire dal Regno Unito.
Utilizzando la metodologia delle tavole input-output di Leontiev, lo studio ha il pregio di essere molto più dettagliato. Di fornire cioè stime di impatto a livello nazionale e settoriale. Ovviamente è focalizzato sul Belgio, ma ci sono stime di impatto sull’economia di tutti i Paesi dell’Unione Europea.
Non stupisce che il prezzo da pagare per la Brexit, soprattutto No-Deal sarà molto più consistente per il Regno Unito e per l’Irlanda, ma anche per i Paesi con una forte commercio con le isole britannche, in primis Belgio e Paesi Bassi.
Nel Regno Unito si profila una vera e propria catastrofe. Nello scenario oggi più probabile, cioè quello del No-Deal, l’economia britannica si contrarrebbe del 4% e ci sarebbero più di mezzo milione di nuovi disoccupati. Questa situazione spaventosa è comunque una stima che potrebbe persino essere ottimista.
Perché non tiene conto di altri problemi che avrebbe il Regno Unito, a partire da disordini sociali e passando per il sistema finanziario.
Non tiene conto nemmeno degli eventuali aggiustamenti riguardanti gli assetti dei cambi monetari che, se da un lato potrebbero mitigare le cose, dall’altro le potrebbero aggravare con effetti spaventosi sull’inflazione nel Regno Unito.
Non tiene conto degli impatti drammatici che avrebbe sull’assetto politico e sociale laddove gli equilibri di un Regno formato da quattro “entità” (Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord) sono già in difficoltà, a partire dall’Irlanda del Nord e la Scozia.
L’impatto sull’Italia
Benché “lontana” geograficamente, anche l’Italia subisce un impatto negativo dalla Brexit, specialmente nel caso del No-Deal. La stima dell’Università di Leuven è di una contrazione del PIL di oltre 18 miliardi di euro, corrispondente a circa l’1,2%. I posti di lavoro persi a causa della Brexit No-Deal sono stimati a 139mila unità.
L’impatto è dunque fortemente negativo e, di fatto, stima una recessione anche per l’Italia, sia pure meno pronunciata di quella di altri Paesi. In un altro studio, pubblicato dal FT, si evince che a pagare di più il conto salato della Brexit saranno le regioni centro settentrionali.
E questo era abbastanza ovvio. Perché tutto il peso negativo della Brexit riguarda il sistema produttivo e dell’esportazione, e dunque soprattutto la pianura padana. Proprio quella che ha votato Lega, un partito che non nasconde di essere a favore della Brexit.
Per il Mezzogiorno si stima un impatto negativo, anche in termini relativi, meno pesante di quello che avverrà per il Settentrione d’Italia.
Quanto pagherà ogni italiano? In media, secondo altri dati pubblicati dal FT si stima che ogni italiano, a causa della Brext No-Deal, avrà un reddito ridotto di 50 Euro all’anno. Al settentrione il “conto” sarà tra i 50 e i 100 Euro mentre nel Mezzogiorno sarà di meno di 50 Euro secondo questo calcolo, che non è lo stesso della Università di Leuven. Se infatti dividiamo il costo stimato dall’Università di Leuven per il numero di italiani, la cifra diventa di circa 300 euro annui per ogni italiano.
Molto peggio andrà per i sudditi della graziosa regina Elisabetta, già nel calcolo dell’università belga. Lì ogni britannico perderà tra i 500 e i 2800 euro all’anno, a secondo della zona in cui vive.
Tuttavia, gli studi finora pubblicati sono in qualche maniera “statici”. Non tengono conto, o ne tengono conto in misura limitata, dei probabili effetti deleteri nelle dinamiche che possono evolversi dopo uno shock negativo di questa portata. Infatti il rischio che si inneschi un circolo vizioso è molto alto, anche in considerazione della dissennata politica dei dazi sul commercio estero portata avanti al momento dagli Usa a guida Trump.
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