di Salvatore Parlagreco
Con la nascita del nuovo governo la lingua italiana si è arricchita di un nuovo neologismo, la poltronaggine, cioè l’attitudine a ricoprire incarichi ministeriali nelle istituzioni della Repubblica. Da qui la formazione di una “governo delle poltrone” grazie ad “un patto delle poltrone”.
A scoprire la poltronaggine è stato il capo del partito chiamato “Salvini premier”, per via della aspirazione, schiettamente confessata dal leader, di sedere sulla poltrona più importante del Paese.
C’è perciò chi, a ben diritto, crede che il virus della poltronaggine non sia affatto una attitudine nuova, di annata, ma sia, come il vino buono e stravecchio, una gloriosa consuetudine.
Va riconosciuto, ad onor del vero, che il leader della Lega Nord abbia preferito restare all’impiedi durante il suo mandato. Ma sulla poltrona che gli è stata assegnata, in sua assenza, nessuno aveva la possibilità di sedere perché era sua e di nessun altro.
Il patto delle poltrone
Questo non basta a negare il patto delle poltrone e smentire il governo delle poltrone, denunciato da Salvini con forza e tenacia. Va considerata l’ipotesi che la sua poltrona sia qualcos’altro. Pur essendo dotata di una struttura simile per sedersi, imbottita e fornita di schienale e braccioli, potrebbe avere mantenuto le caratteristiche di una semplice sedia, concepita in modo da non abbandonarsi all’ozio e all’indolenza (come capita con le poltrone).
Scartata l’ipotesi che si tratti di un divano, un sofà, un sedile, è lecito sospettare che l’oggetto utilizzato con molta parsimonia da parte dell’ex Ministro dell’Interno, formato da una spalliera e un piano orizzontale sorretto da quattro piedi, sia stata una seggiola, uno sgabello, uno scanno di legno inutilizzabile per sdraiarsi e poltrire.
Oppure una panca, una tavoletta, una panchina, un panchetto, un banco. Da escludere che la seggiola fosse comoda, più probabile che si si avvicinasse a un panchetto, così scomodo da suscitare nell’occupante la necessità di disfarsene, abbandonarlo e occupare una sedia più confortevole. Magari a Palazzo Chigi, sede della Presidenza del Consiglio.
La rivoluzione delle panchette
Ma il diavolo fa le pentole e non i coperchi, sicché l’ex Ministro non ha fatto in tempo a sollevare il culo dalla sconfortevole seggiola, che questa è stata occupata da un altro, che non c’entrava niente.
La guerra delle poltrone è in corso, comunque. Con una anomalia: l’ex Ministro dell’Interno non fa mistero della sua aspirazione a impadronirsi delle seggiole dei Palazzi delle istituzioni.
Troverà poltrone semmai.
Sarà perciò una rivoluzione. Con il ritorno di Salvini al governo, i Ministeri saranno dotati di panchette, così scomode da dissuadere chiunque dal farsi in quattro per impadronirsene.
Quel diavolo di Salvini la sa proprio lunga.