I due ex-Pd ed ex-ex-Pd tra i primi a scendere in campo contro Renzi e il suo nuovo soggetto politico. Dimenticando la propria storia di scissionisti
di Vincenzo Pino
Tra i primi a scendere in campo a testimoniare contro il tentativo della formazione del nuovo soggetto politico di Renzi, sono stati Rutelli e Bersani.
Il primo dispiega una intervista a Repubblica dall’ammiccante titolo “La scissione di Renzi? Chi vuole solo comandare perde tutto”.
L’intervistato viene presentato come il fondatore del Pd, l’uomo che conosce tutti nell’attuale gruppo dirigente e chiosa sul fatto che la mossa di Renzi possa indebolire il governo Conte. Conclude, infine, con una raccomandazione sulla solitudine al potere che poi fa perdere tutto.
Peccato che di Rutelli non citi il suo percorso completo. A partire dal 2009, quando uscì dal Pd dopo averlo fondato solo due anni prima e diede vita a un gruppo autonomo al Senato con otto senatori di cui sei abbandonarono il Pd per seguirlo.
Così riporta Wikipedia l’episodio “Da sempre critico nei confronti di un PD a suo dire sbilanciato a sinistra, Francesco Rutelli aveva annunciato che se dal congresso fosse uscito vincitore Bersani, allora avrebbe dovuto immaginare “una nuova strada per sé e per i moderati del PD”.
Il 27 ottobre 2009 abbandona ufficialmente il Partito Democratico, avviando il progetto di un nuovo partito moderato e riformista che entri nella Costituente di Centro di Pier Ferdinando Casini“. Si trattava della Margherita, quella con i petali da sfogliare per intuire il futuro…
Dopo l’insuccesso dell’iniziativa negli appuntamenti elettorali regionali degli anni successivi, e in vista delle elezioni del 2013, si riaccosta al Pd ed appoggia la candidatura di Tabacci alle primarie. Conquistando uno stratosferico 1,4% realizzato nell’occasione.
Ma poi litiga con lo stesso Tabacci, E pone fine alla sua esperienza politica. Lui che nel 2001 era stato il leader della coalizione del centro sinistra alle elezioni politiche.
Un bell’esempio, di partito aperto, di conquista del centro e di gestione collegiale. Non c’è che dire.
Rutelli e Bersani. Vite parallele
Per paradosso della storia si sintonizza nelle critiche alla iniziativa di Renzi, sulla stessa lunghezza d’onda di Rutelli, Pier Luigi Bersani. Proprio lui. Quello che ha determinato, secondo la testimonianza citata sopra, la sua fuga dal Pd. I paradossi della storia.
E la storia di Bersani non è meno fulgida di “successi”. Né tantomeno un esempio di gestione collegiale ed unitaria. Abbandona il Pd, dopo aver richiesto il congresso straordinario che era stato convocato.
Con una cerimonia improvvisata incorona Grasso leader di una coalizione uscita da due scissioni e rappezzata nel giro due mesi.
Dopo quattro mesi dalle elezioni del 2018, abbandona il processo costitutivo di LeU in Partito, e lo stesso Grasso, ripristinando la sigla di MdP.
All’opposto di Rutelli, che aveva cercato spazio nel centro moderato con i risultati visti, Bersani si era lanciato in una grande campagna di recupero di voti dei delusi del Pd e di quegli elettori che avevano nel 2013 votato i Cinque Stelle.
Il risultato fallimentare sta nelle cifre elettorali. Ma la pervicacia a Bersani, nell’auspicare un campo largo del centro sinistra quando l’ha ridotto a pezzi, non manca neanche oggi.
Lo conferma l’affermazione per cui era giusto andare con i Cinque Stelle e lui l’aveva sempre detto. Peccato, povero Bersani, che quando lo proponeva lui i Cinque Stelle lo hanno mandato a quel paese. Mentre quando lo ha imposto Renzi l’operazione è riuscita. Che disdetta.
Di queste lezioni da strateghi della politica per criticare la scelta di Renzi non abbiamo proprio bisogn. Ed è singolare che certo giornalismo non trovi testimonial migliori di questi. Purtroppo noi conosciamo la storia che queste rappresentazioni non riescono a nascondere. Ovvero, memoria questa sconosciuta. Persino per i “testimonial”…