di Vincenzo Pino
Con un tweet del 5 settembre Carlo Calenda annuncia il progetto di trasformazione della sua componente “Siamo Europa” in movimento politico (in copertina la foto scelta dal parlamentare europeo per il suo tweet).
Di tutto questo nessuno ha parlato nei giornali. Il che testimonia già la marginalità dell’operazione nel panorama politico italiano, fatto che dovrebbe indurlo ad un supplemento di riflessione.
Non si può dire, perciò, che tutto questo indebolisca la sua “solitaria pervicacia” nella opposizione alla formazione del governo Pd-M5S, da lui visto come il peggiore dei mali possibili per il Paese.
Avrebbe preferito le elezioni anticipate e lo scontro con Salvini per sconfiggerlo nella chiarezza e non attraverso “manovre di palazzo” come lui definisce l’accordo raggiunto.
Politica e Costituzione
Nulla da eccepire sulla scarsa compatibilità e la minima affidabilità di un accordo con il M5S. Nulla da eccepire sul terribile, e recente, passato di collaborazione dei grillini con la Lega di Salvini. Ma va innanzitutto ricordato a Calenda che la formazione di maggioranze per governare è una modalità di funzionamento normale del nostro sistema costituzionale. Mentre le elezioni anticipate ne costituiscono l’eccezione, specie a poco più di un anno dall’ultima consultazione.
In secondo luogo vorremmo sapere attraverso quale miracolo ci sarebbe stata la possibilità di sconfiggere Salvini da parte del centrosinistra e Più Europa quando, a luglio, il gap col centrodestra oscillava nei sondaggi attorno ai venti punti. Con una legge parzialmente maggioritaria, per di più, avrebbe significato assicurare la maggioranza assoluta ad un centrodestra a trazione salviniana. Il quale chiedeva “pieni poteri”.
Da questa impostazione, io credo, che Calenda faccia trasparire una visione schematica dell’agire politico. Una visione che forse guarda troppo alle proprie convinzioni ideologiche piuttosto che ai processi reali che si verificano. Processi che non è detto abbia colto. Soprattutto alla luce dei sondaggi ad accordo Pd-M5S avvenuto, che penalizzano Salvini e premiano i due nuovi partner di governo.
Calenda e la variabile Europa
Calenda non ha colto minimamente che la principale motivazione della rottura tra Lega e Cinque Stelle è stata proprio l’Europa. Visto che i due sodali del precedente governo si sono ritrovati su sponde opposte nella votazione sulla Presidenza della Commissione.
E per lui, europeista convinto, avrebbe dovuto rappresentare motivo di vittoria la diversa collocazione dei penta stellati. I quali avevano iniziato la legislatura oscillanti tra Euro sì/no e collocati nel gruppo Europeo di Farage, quello della Brexit.
Come pure la nomina di Gentiloni alla Commissione Europea, quello a cui aveva indirizzato la lettera di protesta, per denunciare la pretesa deriva “antieuropeista” del governo appena formato. Che invece come primo atto ha designato lo stesso a Bruxelles.
Diciamo la verità. In questa vicenda Calenda non ne ha indovinata una. Ma siccome è uomo di carattere vuole continuare su questa strada. E non si accorge di altre cose. Innanzitutto che lo spazio politico che lui vorrebbe occupare è saldamente presidiato da +Europa che esprime, esattamente, le sue stesse critiche alla formazione di questo governo.
Che poi lo spazio per una formazione liberal democratica in Italia è assai ristretto se si guardano i risultati delle passate Europee che hanno disilluso in Italia quelli che volevano agganciarsi al successo dei liberal democratici inglesi, tedeschi o francesi alla Macron.
Renzi l’inossidabile
Vale la pena ricordare che in Italia questo spazio è saldamente coperto anche, e forse soprattutto, dalla componente renziana del Partito Democratico. E che non saranno le fuggevoli sirene straniere a cambiarne gli equilibri. Forse Calenda con questa mossa tende appunto ad ereditare questa fetta di elettorato.
Cosa che non è riuscito a fare all’interno del Pd quando gli è stato concesso uno spazio politico importante da Zingaretti proprio per coprire questo versante.
Con la malnascosta illusione dei due citati e di Gentiloni di isolare Renzi dal suo seguito di riferimento. Operazione che si è rivelata del tutto fallimentare anche e soprattutto alla luce degli ultimi avvenimenti che hanno determinato l’inconsistenza politica di Calenda e la centralità di Renzi.
Lui che aveva raccolto 25mila firme on line, depositate nella precedente Direzione del Pd, operazione volta ad impedire qualsiasi accordo coi Cinque Stelle. Ma non è stato tenuto in nessuna considerazione e questo è il motivo della rottura.
La prospettiva del partito di Calenda
Ora, se Calenda intende proseguire su questa strada, dovrebbe fare i conti per bene. Un partito così fatto potrà valere lo 0,2/0,3% e non sarà certo decisivo per i destini del Paese.
Come evidenziato, fuori dal Pd Calenda non ha seguito mentre è benvoluto ed accolto all’interno dello stesso, come testimoniato dalle sue presenze alle recenti feste dell’Unità. Per cui sarebbe meglio farsi passare il broncio e riprendere una strada all’interno del Pd.
Renzi è stato di insegnamento. Perché ha dato una grossa mano in campagna elettorale proprio a Calenda. Peccato che Calenda si iscriva al già nutrito partito dei “beneficiati rancorosi”. Il che fa solo spezzettare la già ridotta area liberal-democratica e il fronte pro-Europa in Italia.