di Vincenzo Pino
Non è tanto la qualità dei ministri, che sarebbe largamente accettabile, per un governo di coalizione. Questo governo, purtroppo, nasce con un tarlo all’origine di ben più pesante portata e gravità.
Appare ormai evidente che sullo stesso si stia scaricando la guerra interna dei Cinque Stelle, per l’egemonia e la leadership del movimento.
Sono emersi, dalla ricostruzioni giornalistiche di oggi, i particolari di questa nottata di passione quando Di Maio ha minacciato di mandare tutto a monte qualora non fosse stato nominato sottosegretario alla Presidenza il deputato Riccardo Fraccaro, suo uomo di fiducia.
E già, non a caso, ministro per la democrazia diretta nel precedente governo.
Tamburi nella notte prima del giuramento
“Salta tutto” e si racconta di una Sms riportata da Monica Guerzoni sul Corriere della Sera, qualora Conte non avesse accettato questa imposizione.
Soluzione subita da Conte che ha provveduto a nominare Di Maio ministro degli Esteri per distoglierlo dal panorama politico del paese. E costringerlo a vagare per il mondo, magari dopo aver fatto un corso di inglese ed aver ripassato un poco di italiano e geografia.
Insomma, Di Maio ha teso a controllare l’attività di Conte non più con lo schema del vicepresidente azionista di maggioranza, come nel precedente governo, ma con la leva del sottosegretario alla Presidenza controllore di Palazzo Chigi.
Si capisce con questi chiari di luna che la litigiosità vissuta tra Lega e cinque stelle negli ultimi mesi di sodalizio del precedente governo tenderà a riprodursi e, stavolta dalla genesi del nuovo governo stesso, per i conflitti che vi sono all’interno dello stesso movimento cinque stelle.
Un governo, si sappia, cui Di Maio non si sente vincolato per il richiamo che su di lui esercita ancora Salvini. Verso cui le affinità elettive di tipo antiparlamentare ed eversive sono prevalenti e vengono richiamate ad ogni piè sospinto.
La coazione demagogica
Il taglio dei parlamentari ex abrupto senza alcuna considerazione verso i problemi di rappresentanza per pezzi del paese e per le forze minori sono parte di questo disegno che il duo non ha abbandonato del tutto. Come da recente sviolinata di Salvini al Senato quando affermava “Noi siamo pronti a votare subito il taglio dei parlamentari”.
La frattura sostanziale tra Conte e Di Maio è riconducibile perciò alla natura di questo governo. Per Conte nasce da una rottura irreversibile con la Lega e profila un alleanza strategica che possa magari riprodursi nelle prossime scadenze alle elezioni regionali ed anche per il seguito.
Alleanza di governo o ritorno al bipolarismo?
Conte tende a ripristinanare la competizione coalizionale di tipo maggioritario “centrosinistra contro centrodestra”. Mentre Di Maio pensa ad un movimento che sia centrale e libero nello schieramento politico. Purtroppo per lui non ha più i numeri per farlo e per questo il disegno sembra irrealizzabile.
Di carattere “post-ideologico”, sostenuto però da un proporzionalismo da prima Repubblica, che possa cambiare “ ad libitum” alleanze e collocazioni (i cosiddetti forni) per realizzare i suoi obiettivi.
Questo scontro rischia di mettere in ombra ed in secondo piano il ruolo del Pd che finora ha potuto contare sull’’interlocuzione privilegiata con Conte, dopo la rimozione dell’assurda pregiudiziale nei suoi confronti.
Se di fronte alla divisione del movimento cinque stelle il Partito democratico riesce a mantenere la sua unità ed a sapere articolare sagacemente la sua iniziativa, questa speciosa nascita del governo potrà essere foriera di una sviluppo positivo e convergente verso il disegno strategico di Conte.
Una partita tutta da giocare e dall’esito incerto. In cui però il Pd è ora almeno in gioco.
Nel testo, locandina di “Tamburi nella notte” di Bertolt Brecht. Tratta da Wikiedia. CC BY-SA 3.0, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=16168159