di Vincenzo Pino
Interloquisce ora con Grillo e lo incoraggia a non stancarsi in questa sua battaglia a sostenere il tentativo di governo giallo rosso, Nicola Zingaretti.
Ha sostituito il vecchio schema del confronto esclusivo tra forze politiche e si è dato una veste più istituzionale, stabilendo un raccordo diretto con Conte, dopo aver fissato per una settimana una pregiudiziale nei suoi confronti.
Forse questa esperienza è servita a Nicola a volgere lo sguardo oltre l’insegna della “ditta” ed a capire che non è solo l’equilibrio interno al Pd o qualche punto percentuale in più nei sondaggi, a determinare il suo orizzonte politico.
Nella vicenda della crisi, dopo una prima tentazione ad andare ad elezioni anticipate in sintonia con Salvini per riprendersi il controllo del gruppo parlamentare, è andato in direzione opposta. Lavorando così per una intesa che lo metteva in sintonia non solo con Renzi, ma anche coi padri nobili della sinistra, a cominciare da un certo Prodi, passando poi per Veltroni e D’Alema.
In questo suo tentativo, paradossalmente, si è ritrovato, una volta definita la linea politica, Renzi. Anche se il Pd ha dovuto subire la defezione della migliore carta giocata per le Europee, quella di Calenda.
Il passaggio cruciale, un nuovo momento
Ed ora si è a un passaggio cruciale per la definizione degli assetti di governo.
Mentre per il Movimento Cinque Stelle emerge una obiettiva difficoltà a causa del dualismo conclamato tra Conte e Di Maio, con quest’ultimo che vorrebbe condizionare in permanenza il cammino di questo governo, cui si sta opponendo proprio Grillo, per il Pd la strada sembra più facile. Anche se non è ancora definita interamente.
Infatti sia Zingaretti che Renzi si sono tirati fuori dalla partecipazione diretta a ruoli di governo. Definendo per ora, e con questa scelta, il profilo di un partito che non occupa le istituzioni ma ne garantisce l’autonomia.
E questo apre la strada alla formazione di un governo che veda al suo interno personalità di prestigio e di valore in grado di durare per tutta la legislatura. Senza essere sottoposto alla permanente e pulsante pressione delle forze politiche. Dunque, secondo i desiderata non solo di Conte ma anche dello stesso Mattarella, giudice ultimo delle proposte ministeriali. Come afferma Renzi oggi sul Sole 24 Ore. Chiosando: “Il Governo andrà avanti fino al 2023 se ne faranno parte persone di qualità, se sarà una squadretta non durerà”.
Infatti, l’ostacolo a questo disegno potrebbe essere, anche se per ora non si avverte, la pretesa delle componenti interne della “ditta” a garantirsi rappresentanza all’interno del prossimo governo. Lo dice con chiarezza anche Federico Geremicca sulla Stampa di oggi. La sfida più difficile per Zingaretti
E per Zingaretti potrebbe essere l’occasione di un importante rinnovamento del Pd che si libererebbe dall’ingombro delle correnti interne per rilanciare quel “nuovo Pd” di cui si è fatto alfiere in più occasioni negli ultimi mesi.
Un Pd che non esaurisca la sua funzione nel governo delle istituzioni ma che riprenda il dettato costituzionale di Partito che attraverso la partecipazione concorre agli indirizzi della cosa pubblica.
Zingaretti, Berlinguer e la questione morale
E’ il richiamo al Berlinguer del 1980. E non vi sarebbe occasione migliore per rinverdirne il messaggio. Visto che per il momento anche Renzi sembra sintonizzato su questa lunghezza d’onda e non sponsorizza nomine. E non intende interferire su questi delicati passaggi.
Stupiscici Nicola è il tuo momento. E daresti al Paese una dignitosa rappresentazione del Pd. Non abbarbicarti al manuale Cencelli delle nomine solo per soddisfare gli appetiti interni della “ditta” e dimostra di essere un uomo delle istituzioni oltre che il leader di un partito.
“I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali”. Dall’intervista di Enrico Berlinguer ad Eugenio Scalfari 1980 sulla c.d. questione morale.