Un Paese che non riesce ad accogliere 42 naufraghi è un Paese che è arrivato al capolinea. Peggio se è un intero continente. La storia ci giudicherà
di Gabriele Bonafede
Non tutti gli italiani si rendono conto della figura miserabile che sta facendo il governo italiano. E in qualche modo, purtroppo, tutta l’Italia. Perché? Per un motivo molto semplice. Perché è da miserabili non accogliere 42 naufraghi.
Per giunta con la scusa di leggi e decreti. Persino con la scusa di cavilli legali. Una miseria che è materiale, visto che si paragona l’accaduto a problemi di disoccupazione e miseria economica italiana.
Visto che si citano problemi materiali dell’Italia al dover “accogliere” chi scappa dalle guerre via mare: la disoccupazione, la mancanza di soldi, le eccessive ristrettezze economiche e finanziarie.
Ma ancora più evidente ė la miseria morale. Una miseria nella quale è sprofondata l’Italia nel momento in cui è rappresentata da un governo che si mette contro i principi della Costituzione, i principi umanitari, i principi della propria civiltà cristiana pur di rifiutare alcune decine di disperati che hanno rischiato di annegare.
Ciò che fa specie non sono solo gli irripetibili insulti alla comandante della Sea Watch 3, Carola Rackete. E nemmeno le urla scomposte di chi si sente in diritto di sostituirsi alla Costituzione e palesare l’avversione per l’aiuto ai naufraghi. Ciò che fa più specie è essere costretti a questo dibattito di lana caprina per discernere aspetti legali nel portare in salvo 42 naufraghi. Siamo veramente ridotti a questo? Evidentemente sì. Ed è una miseria.
Ciò che fa specie è l’utilizzo delle forze dell’ordine per temporeggiare per giorni e poi cercare di impedire che 42 naufraghi arrivino a riva. Tutto ciò in dispregio della Costituzione, della decenza e del più basico sentimento umanitario.
È, purtroppo, un triste spettacolo di miseria umana sotto gli occhi di tutto il mondo. Perché anche la più povera e stracciata delle nazioni ha almeno la dignità di dare ristoro a chi si trova in mare in cerca di aiuto per non morire. Anche nei secoli passati, anche durante le guerre più atroci, raccogliere e salvare naufraghi è rimasto un punto fermo dell’umanità, per lo meno nella maggioranza dei casi e nel sentire comune.
Fa specie anche l’informazione della TV di Stato. Che sembra non accorgersi della miseria nella quale si è sprofondati, cercando di manipolare le informazioni. Andando a vedere se l’attracco è stato fatto correttamente, se era giusto così o in altro modo. Tutto questo infischiandosene completamente del valore della vita umana, compresa quella dei finanziari messi lì ad obbedire a ordini assolutamente disumani.
Ben presto ci si renderà conto che il processo a Carola Rackete è in realtà un processo al governo italiano, e non solo. Un processo che metterà in evidenza la miseria nella quale sta sprofondando un intero popolo, una volta conosciuto per le qualità umanitarie persino in guerra. Il processo è sulla buona strada per diventare una vera e propria Norimberga per l’Italia, che da Norimberga fu salvata dai partigiani.
Di più, è un processo al cosiddetto sovranismo, di qualsiasi nazione europea, e alla folle idea di mettere da parte i diritti umani “degli altri”. Non capendo che negando i diritti umani agli “altri”, si mettono a rischio i propri diritti umani.
Perché se la vita dei naufraghi che arrivano nelle proprie coste non vale più nulla, non varrà più nulla anche la vita di chi già abita quelle stesse coste.
Ovviamente, Salvini e i leghisti risponderanno a queste considerazioni con tutto l’armamentario tipico dell’odio e della segregazione. Accusando tedeschi, francesi, olandesi e chiunque altro, di non volere immigrati. Ciò aggiungerà ulteriore miseria alla vicenda, in una stucchevole gara a chi è più miserabile.
Se non ci si renderà presto conto di questo, la situazione italiana ed europea rischia di degenerare a un punto di non ritorno. Si finirà per essere giudicati, duramente, dalla storia.
In copertina Photo by Milind Kaduskar on Unsplash
Dipitno dellazattera della Medusa tratto da Wikipedia. Di Théodore Géricault, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=17456087