Sorpresa e delusione sulla stampa “amica”. La direzione del Pd si è conclusa in maniera opposta a quella che diversi commentatori avevano vaticinato
di Vincenzo Pino
C’era stata una sollecitazione forte da parte dell’Espresso, di Sandro Tito e Giannini su Repubblica nei giorni passati, a rompere definitivamente con l’eredità renziana, proiettando il Pd verso una ridotta di sinistra cui giungerebbero in soccorso i cinque stelle per costituire un’alternativa allo strapotere di Salvini.
E la delusione è fortissima da parte di costoro se si leggono gli attacchi a Zingaretti di De Angelis e di Huffington Post per l’esito della direzione del Pd.
Non sembrava vero a tali commentatori l’assist fornito dalle intercettazioni illegali a Lotti per richiamare la questione morale di berlingueriana memoria e liquidare il preteso inquinamento esercitato sul Pd dal senatore di Rignano e dal preteso giglio magico.
Tutto l’armamentario giustizialista era stato rimesso in moto dalle colonne della “stampa amica” per ottenere questo obiettivo, confortato a loro dire, dal successo del “nuovo Pd” alle Europee ed alle amministrative.
La lettura del voto alle Europee, alle amministrative e a Cagliari
Come se perdere centocinquantamila voti rispetto alle politiche del 2018 fosse stato un successo, come se aver perso quaranta amministrazioni su 152 rispetto al 2014 fosse segnale di vittoria.
A confermare questa problematicità sono intervenute le elezioni a Cagliari, dove il centro destra ha vinto al primo turno (si spera nel ri-conteggio delle schede per accedere ad un eventuale ballottaggio).
A Cagliari dove il candidato di centro destra ha potuto contare su undici liste a sostegno mentre il centro sinistra si è fermato a sette perdendo l’apporto del Partito Sardo d’Azione. Altro che allargamento del campo come sbandierato.
Insomma a Cagliari dove si voleva sperimentare il modello di governo delle sinistre contro la destra salviniana si è toppato.
E tutto ciò, appunto, in assenza del candidato dei cinque stelle e sperando in un eventuale supporto del loro elettorato alla sinistra. Operazione fallita.
E tutto ciò deve avere indotto a più miti riflessioni Zingaretti.
E’ vero che in prospettiva si potrà ripristinare nel paese la tradizionale contrapposizione tra centro destra e centro sinistra col centro sinistra secondo schieramento politico ma la distanza oggi è tale da non offrire alternative alla sconfitta.
Ritorno di Zingaretti alla vocazione maggioritaria ed alla centralità
Si ritorna perciò alla prefigurazione di un Pd aperto in grado di ricercare consensi in ogni direzione tra moderati, ambientalisti, liberal democratici, grillini delusi e sinistra ma soprattutto tra gli astenuti del Pd e deve rapidamente connotare una sua linea politica in grado di costruire una piattaforma programmatica ed un progetto.
Tutto il contrario del ritorno alla antica purezza ideologica della sinistra che ha dimostrato in quest’ultimo decennio il fallimento della sua pretesa di rappresentare istanze significative della società italiana.
Da Bertinotti, ad Ingroia, per finire a Bersani qualsiasi tentativo di ritornare ai vecchi fasti operaisti e/o giustizialisti ha mostrato la corda.
Si riapre perciò la partita per cercare di recuperare la centralità del Pd. È una scommessa difficile per le vicende che ne hanno contrassegnato quest’ultima fase politica, ma non esiste alternativa a questa scelta.
Non sarà il ritorno al passato, l’abiura delle passate esperienze di governo, a poter restituire centralità al Pd ed al centro sinistra.
Zingaretti ma ancor di più Gentiloni, il cui spazio si ridurrebbe enormemente nel caso di un Pd ridotto nell’ambito della sinistra, sembrano averlo capito.
E le aperture di Guerini sembra possano restituire serenità alla fase che si apre. Durerà?
Sui lavori della direzione Pd vedi anche Democratica